Data: 03/10/2023 12:00:00 - Autore: Giuseppe Mantia

La sentenza della Consulta sul vaccino HPV

La Corte Costituzionale con sentenza n. 181 del 26 settembre 2023 in forza del principio di non discriminazione e in conformit� ai criteri individuati dalla giurisprudenza della Consulta (sentenze n. 118 del 2020, n. 268 del 2017, n. 107 del 2012, n. 423 del 2000 e n. 27 del 1998), afferma che la prolungata e diffusa campagna di informazione e di raccomandazione da parte delle autorit� sanitarie pubbliche circa l'opportunit� di sottoporsi alla vaccinazione contro il virus HPV � �a presidio della salute di ciascun singolo, dei soggetti a rischio, dei pi� fragili, e in definitiva della collettivit� intera�.

Conseguentemente l'art. 1, comma 1, della legge n. 210 del 1992, nel non prevedere il diritto all'indennizzo per il vaccino anti-HPV, si pone in contrasto con i plurimi parametri costituzionali evocati nell'ordinanza di rimessione da parte della Corte di Appello di Roma.

Lede, infatti, l'art. 2 Cost., poich� v�ola il principio di solidariet� che impone alla collettivit� di essere, per l'appunto, "solidale" con il singolo che subisce un danno per essersi attenuto alla condotta raccomandata dalle pubbliche autorit� a tutela dell'interesse collettivo (sentenze n. 118 del 2020, n. 268 del 2017 e n. 107 del 2012).

V�ola l'art. 3 Cost., in quanto irragionevolmente pregiudica chi spontaneamente si attiene alla condotta richiesta dagli organi preposti alla difesa del diritto alla salute della collettivit�, rispetto a coloro il cui comportamento � adesivo a un obbligo giuridico presidiato da rimedi deterrenti (in senso analogo, sentenze n. 268 del 2017 e n. 27 del 1998). In particolare, una differenziazione che negasse il diritto all'indennizzo nel primo caso si risolverebbe in una patente irrazionalit� della legge, poich� riserverebbe �a coloro che sono stati indotti a tenere un comportamento di utilit� generale per ragioni di solidariet� sociale un trattamento deteriore rispetto a quello che vale a favore di quanti hanno agito in forza della minaccia di una sanzione� (sentenza n. 27 del 1998).

Contravviene all'art. 32 Cost., poich� priva di ogni tutela il diritto alla salute di chi si � sottoposto al vaccino (anche) nell'interesse della collettivit� (sentenze n. 15 del 2023, n. 5 del 2018, n. 258 del 1994 e n. 307 del 1990).

Per questi motivi, la Consulta dichiara l'illegittimit� costituzionale dell'art. 1, comma 1, della legge 25 febbraio 1992, n. 210 (Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati), nella parte in cui non prevede il diritto a un indennizzo, alle condizioni e nei modi stabiliti dalla medesima legge, a favore di chiunque abbia riportato lesioni o infermit�, da cui sia derivata una menomazione permanente della integrit� psico-fisica, a causa della vaccinazione contro il contagio da papillomavirus umano (HPV).

La Consulta afferma �l'esistenza di un interesse pubblico alla promozione della salute collettiva tramite il trattamento sanitario� (sentenza n. 423 del 2000; in senso analogo, sentenze n. 118 del 2020 e n. 268 del 2017). Affinch� si instauri una corrispondenza fra il comportamento individuale e l'obiettivo della tutela della salute collettiva � necessario e sufficiente che l'autorit� pubblica promuova campagne di informazione e di sollecitazione dirette a raccomandare la somministrazione del vaccino non solo a tutela della salute individuale, ma con la precipua funzione di assicurare la pi� ampia immunizzazione possibile a difesa della salute collettiva e che la condotta del singolo si attenga alla profilassi suggerita dall'autorit� pubblica nell'interesse generale (sentenze n. 118 del 2020, n. 268 del 2017 e n. 107 del 2012).

Tramite la campagna vaccinale l'autorit� pubblica fa appello alla autodeterminazione dei singoli (o alla responsabilit� genitoriale, ove si tratti di vaccinazioni raccomandate ai minori), ingenerando �negli individui un affidamento nei confronti di quanto consigliato dalle autorit� sanitarie� (sentenza n. 118 del 2020).

Di conseguenza, in ambito medico, raccomandare e prescrivere finiscono per essere percepite quali azioni �egualmente doverose in vista di un determinato obiettivo" (sentenza n. 5 del 2018; nello stesso senso, sentenza n. 137 del 2019), cio� la tutela della salute (anche) collettiva� (ancora, sentenza n. 118 del 2020). �[L]a ragione determinante del diritto all'indennizzo� risiede, pertanto, nel perseguimento con la propria condotta dell'interesse collettivo alla salute e non nella �obbligatoriet� in quanto tale del trattamento, la quale � semplicemente strumento per il perseguimento di tale interesse� (sentenza n. 226 del 2000; in senso analogo, sentenze n. 118 del 2020 e n. 107 del 2012). La scelta tecnica dell'obbligatoriet� o della raccomandazione, del resto, oltre a essere frutto di concezioni parzialmente diverse del rapporto tra singoli e autorit� pubblica, pu� dipendere da condizioni sanitarie differenti nella popolazione di riferimento, spesso correlate a diversi livelli di rischio: tutti profili che non possono condizionare la previsione o l'assenza del diritto all'indennizzo. Ferma, dunque, restando la diversit� fra le �due tecniche�, di cui l'autorit� pubblica pu� ritenere di avvalersi (sentenze n. 118 del 2020, n. 423 e n. 226 del 2000), nondimeno tra obbligo e raccomandazione non si apprezza una diversit� qualitativa (sentenza n. 268 del 2017).

Vi � da chiedersi "Noli turbare circulos meos"? E se in Italia vi � o non vi � differenza con l'attuale situazione in Polonia come rileva la Corte Europea dei diritti dell'Uomo.


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