Data: 19/08/2007 - Autore: www.laprevidenza.it
Una condizione lavorativa stressante può costituire fonte di responsabilità per il datore di lavoro, ma spetta al lavoratore, che vuole far valere la responsabilità di cui all'art. 2087 c.c., l'obbligo di provare la nocività delle condizioni di lavoro e il nesso causale fra tali condizioni ed il danno subito, al datore di lavoro a sua volta spetterà l'onere di dimostrare di aver adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno. A queste conclusioni è giunta la Suprema Corte di Cassazione, sezione lavoro, nella sentenza 7 giugno 2007, n. 13309. La vicenda ha visto interessato un dipendente di banca, che in occasione di una trasferta di lavoro aveva subito un incidente stradale , la cui causa era imputata dallo stesso allo stress derivante dalle stesse condizioni di trasferta, dagli orari di lavoro, in aggiunta di talune particolari condizioni familiari, note al datore di lavoro, e per le quali aveva chiesto uno spostamento di sede. L'interessato, al fine di ottenere la condanna del datore di lavoro a titolo di risarcimento dei danni subiti per l'incidente stradale subito, proponeva ricorso, il quale subiva un lungo iter, in quanto dopo il rigetto sia in primo che in secondo grado di giudizio, il giudice di legittimità, cassava la sentenza impugnata, che veniva rinviata alla competente Corte di Appello, che dopo un'ulteriore pronuncia di rigetto tornava ancora alla Corte di Cassazione. La questione maggiormente contesa ha riguardato il riparto dell'onere della prova tra lavoratore e datore di lavoro in merito alla responsabilità di cui all'art. 2087 cc. La Corte, al riguardo, ha affermato che la sussistenza del nesso di casualità tra la condizione di stress sofferta dal lavoratore, obbligato o autorizzato all'uso di autoveicolo nell'espletamento delle proprie mansioni, in situazione di trasferta e l'incidente stradale è un elemento valutabile solo dopo l'ammissione e l'esito della prova e la eventuale controprova richiesta di tutte le circostanze del caso. Il Collegio, confermando la decisione della Corte d'Appello, ha ribadito, inoltre, che spetta al lavoratore, che vuole far valere la responsabilità di cui all'art. 2087 c.c., l'obbligo di provare la nocività delle condizioni di lavoro e il nesso causale fra tali condizioni ed il danno subito, mentre spetta al datore di lavoro, dopo che il lavoratore ha provato dette circostanze, l'onere di dimostrare di aver adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno. Al riguardo, la Corte richiamando altra giurisprudenza conforme (Cass., 1 settembre 1997, n. 8267) è dell'avviso che anche una condizione lavorativa stressante possa costituire fonte di responsabilità per il datore di lavoro, e anche se sussiste un semplice concorso di colpa nella condotta del lavoratore, questi non è sufficiente per interrompere il nesso causale, in quanto tale nesso può essere interrotto solo da una condotta dolosa del lavoratore ovvero per la presenza di un rischio elettivo generato da un'attività non avente rapporto con lo svolgimento del lavoro o esorbitante dai limiti di esso. (Gesuele Bellini) Corte di cassazione, sezione lavoro, 7 giugno 2007, n. 13309. - Gesuele Bellini
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