Data: 10/10/2023 06:00:00 - Autore: Alessandra Ferrara

Adozione e dissenso figlio maggiorenne: il caso

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Tizia e Caia, l'adottante e l'adottata, si recarono dalla scrivente avvocata, per instaurare un procedimento ex art. 291 cc. Le due donne raccontarono di considerarsi madre e figlia da più di 40 anni. Caia, fin dall'età di 7 anni era stata affidata dal Tribunale per i Minorenni di Cagliari, con decreto depositato in giudizio, alla signora Tizia, che invero era sua zia, a causa del decesso della di lei madre e stante l'impossibilità per il papà, per ragioni di salute, di occuparsene. Infatti questi successivamente morì.

Nel frattempo Tizia aveva adottato un bambino, Mevio, poi divenuto maggiorenne e consideratosi, come affermarono anche le ricorrenti, durante la loro vita, "fratello" di Caia, sebbene negli ultimi tempi i rapporti fra i due fratelli si incrinarono, per divergenze caratteriali.

Tizia raccontò alla sottoscritta avvocata che sentiva Caia e Mevio come i suoi figli senza nessuna distinzione. Li aveva cresciuti, istruiti ed allevati con gli stessi metodi e modelli educativi, seppur personalizzati in rapporto al loro carattere e alle loro attitudini e, esprimeva, nei loro confronti, un profondo affetto e legame indissolubile.

La scrivente presentava ricorso nell'interesse di Tizia e Caia, ai sensi e per gli effetti dell'art. 291 e ss. Notificava successivamente a Mevio, ottenuto il provvedimento di comparizione personale del Tribunale civile di Cagliari.

Mevio si costituiva in giudizio, eccependo il suo dissenso alla adozione, contestando le ragioni del ricorso ed affermando che la madre Tizia, aveva una iniziale vasculopatia e certamente la sua capacità di intendere e di volere era dubbia, dal chè anche la domanda di adozione, a suo dire, era infondata.

Alla prima udienza, si presentavano le parti avanti al Presidente del Tribunale di Cagliari e Tizia e Caia, manifestavano e ribadivano la volontà della adozione confermando pienamente il ricorso depositato dal loro difensore. Mevio ribadiva il suo dissenso. Il Collegio, mosso dal dubbio a cagione della sollevata eccezione di una possibile/probabile incapacità di intendere e di volere della signora Tizia, nominava CTU al fine di fugare ogni perplessità in proposito.

Il CTU, che veniva nominato dopo diversi mesi dalla proposizione del ricorso e dalla volontà espressa in modo lucido e fermo avanti al Presidente da parte delle due ricorrenti, consegnava le sue risultanze peritali ed affermava che il quadro clinico fosse caratterizzato da un moderato deficit delle funzioni cognitive e da un precario equilibrio psicopatologico, ma che la volontà sul piano umano dell'adottanda, esaminata in quel momento, fosse quella della richiesta adozione.

Il CTU poi, sollecitato a chiarimenti circa le capacità della signora al momento del rilascio della procura alla sottoscritta avvocata e rispetto alla volontà espressa avanti al Presidente in prima udienza, specificò a chiare lettere che non emergevano dati clinici che permettessero di certificare che, in quel periodo, la capacità di intendere e di volere della perizianda fosse stata influenzata dall'evoluzione delle patologie dalle quali la medesima era affetta.

Veniva comunque nel mentre aperta l'amministrazione di sostegno per Tizia e la sottoscritta rinunciava al mandato, stante le condizioni della signora poi evolutesi; l'amministratore di sostegno incaricato, nominava altro difensore che si costituiva in giudizio e aderiva, in perfetta prosecuzione rispetto alle difese della scrivente avvocata, alla domanda di adozione presentata.

La questione di legittimità costituzionale

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Dopo qualche tempo, in pendenza di procedimento, Tizia morì e ciò fu dichiarato in udienza con conseguente interruzione del processo. La sottoscritta nell'interesse di Caia riassunse il medesimo e chiese che il Collegio tenesse la causa a decisione.

La sentenza dispose il rigetto del ricorso e non dispose l'adozione su due fondamentali presupposti:

1) Il dissenso del figlio Mevio all'adozione, in ossequio alla Corte Costituzionale che con sentenza del 20.07.2004 n. 245 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 291 c.c. nella parte in cui non consente che l'adozione di maggiorenni non possa essere pronunziata in presenza di figli naturali riconosciuti dall'adottante minorenni o se maggiorenni, non consenzienti. Sentenza da leggere nella prospettiva della parificazione dei figli naturali a quelli legittimati, riconosciuti e adottati.

2) L'intervenuta incapacità di intendere e di volere di Caia quale condizione imprescindibile alla procedura ex art. 291 e ss, in special modo anche ex art. 311 cc sulla manifestazione del consenso.

Al provvedimento così emesso, Caia proponeva impugnazione nanti la Corte d'Appello di Cagliari, affidando lo stesso a tre motivi:

1) Illegittimita? costituzionale dell'art. 291 c.c. nella parte in cui non consente che il mancato assenso/consenso all'adozione da parte del figlio dell'adottante possa essere sindacato giudizialmente, in violazione pertanto dell'art. 3 e 10 Cost., quest'ultimo in relazione all'art. 8 CEDU, art. 30 Cost.

2) Violazione dell'art. 113 cc, 116 cpc ed erronea ed omessa valutazione delle risultanze processuali che hanno determinato il Giudice a ritenere che Tizia fosse incapace di intendere e di volere;

3) Violazione dell'art. 92 cpc nella parte in cui il Giudicante non ha disposto la compensazione delle spese.

La scrivente sollevava pertanto la questione di legittimità costituzionale o, in subordine, chiedeva alla Corte di adottare una decisione costituzionalmente orientata al passo con i tempi e alla luce di tutta la giurisprudenza formatasi sul punto, onde superare la interpretata, dal Tribunale di Cagliari, rigidità della sentenza n. 245 Cost. sopra richiamata.

La decisione della Corte d'appello di Cagliari

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La Corte d'Appello di Cagliari, presieduta dalla Drssa Maria Antonella Sechi, con sentenza del 05.05.23 (Estensore Dr. Antonio Angioi), pubblicata il 09.05.23, la n. 3/23 (sotto allegata), accoglieva l'appello con una motivazione attenta alla lettura del dettato normativo, perfettamente conforme all'evoluzione dell'istituto della adozione di maggiorenne, in assoluta sintonia con l'orientamento della Corte costituzionale sul punto, degli ultimi 20 anni.

La Corte, analizza, prima facie, la sopravvenuta incapacità di intendere e di volere dell'adottante, in combinato disposto con le norme sulla manifestazione del consenso alla adozione, analizza l'incapacità e il sopraggiunto decesso dell'adottante, non senza trascurare gli aspetti del caso concreto, verificatesi anche nel corso del processo (es. la adesione alla adozione dell'amministratore di sostegno). La Corte dà conto delle risposte ai chiarimenti richiesti al CTU, circa la capacità dell'adottante al momento del rilascio della procura al difensore nonché della sua ferma dichiarazione di voler adottare Caia al momento della prima udienza di comparizione avanti al Presidente; la Corte dà conto altresì della inequivocabile assenza di una revoca del consenso.

Con una mirabile argomentazione, Il Collegio si sofferma anche sul rapporto che legava l'adottante e l'adottata nel corso della loro vita, deducendone il forte legame madre-figlia, analizza anche le produzioni documentali che attestavano, in decreto, quasi 40 anni prima, l'affido della piccola Caia alla zia Tizia.

Superato quindi il problema della incapacità di intendere e di volere in senso positivo, la Corte analizza il secondo elemento che per il Tribunale di prime cure era stato evidentemente determinante il rigetto dell'adozione di maggiorenne.

Con una altrettanto mirabile ed analitica disamina dell'articolo in parola, supportato dalla evoluzione giurisprudenziale sia nazionale che europea, la Corte d'Appello di Cagliari effettua una interpretazione costituzionalmente orientata alla corretta applicazione dell'art. 291 cc e 297 cc. inquadrando le due sentenze della Corte costituzionale che dichiaravano l'illegittimità dell'art. 291 cc sopra indicato, non contrastanti con il principio secondo cui, qualora il dissenso dell'altro figlio maggiorenne sia immotivato, ben può il Giudice operare una valutazione discrezionale, supportata dai precisi e specifici dati emersi nel giudizio e da lui ritenuti coerenti e compatibili con la ferma volontà della adozione.

La sentenza, non impugnata, è passata in giudicato e costituisce, superando l'apparente rigidità della sentenza n. 245 del 2004 della Corte Costituzionale, in materia di dissenso del figlio maggiorenne alla adozione di un figlio da parte del suo genitore ex art. 291 cc, una svolta, che però è perfettamente in linea con l'evoluzione giurisprudenziale che valorizza la legittima e razionale attività del giudicante rispetto ad un potere discrezionale basato sul suo prudente apprezzamento e fondato e supportato, in ogni caso, da elementi e dati specifici del caso concreto (116 cpc).

Avv. Alessandra Ferrara

Patrocinante in Cassazione

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