La vicenda decisa dalla Suprema Corte (Cass. n. 39526/2023 sotto allegata) riguarda le ustioni di secondo e terzo grado provocate da una parrucchiera al cuoio capelluto di una cliente e soprattutto se tale condotta rientra nella colpa professionale.
Nel merito, la Corte di appello di Napoli confermava la condanna di primo grado a carico della donna per il delitto di lesioni colpose gravi in danno della cliente.
All'imputata, esercente l'attività di parrucchiera, era contestato di avere cagionato alla persona offesa ustioni di secondo e terzo grado al cuoio capelluto, per imperizia e negligenza, avendo lasciato in posa sul cuoio capelluto prodotti per la decolorazione dei capelli oltre il tempo necessario.
I giudici di merito, nelle due sentenze conformi, individuavano in capo alla parrucchiera profili di colpa generica, accertando che la reazione sulla cute del prodotto decolorante era stata accelerata e potenziata dal calore del casco asciugacapelli.
L'imputata adiva il Palazzaccio lamentando tra l'altro che la sentenza d'appello doveva essere annullata per avere erroneamente ritenuto la competenza a decidere del Tribunale e non del Giudice di pace. In tema di lesioni colpose riconducibili a colpa professionale, sostiene infatti, la giurisprudenza di legittimità ha stabilito che, ai sensi dell'art. 4, comma 1, lett. a) D.Lgs. n. 274/2000 la competenza del giudice di pace è esclusa solo per coloro i quali esercitino una delle professioni intellettuali disciplinate dall'art. 2229 codice civile. Il parrucchiere non può essere qualificato come esercente una professione intellettuale, pertanto la competenza a giudicare nel merito in primo grado spettava al Giudice di pace e non al Tribunale.
Per la S.C. il motivo è fondato.
La sentenza impugnata e quella di primo grado devono essere annullate senza rinvio, essendo competente a conoscere il reato contestato il Giudice di pace e non il Tribunale, come prospettato dalla difesa nella eccezione riguardante la competenza per materia, proposta in primo grado e coltivata fino al giudizio di legittimità. Rientra, infatti, nella competenza per materia del Giudice di pace il delitto di lesioni colpose anche gravi non riconducibili a violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, delle norme relative all'igiene del lavoro o alla colpa professionale (cfr. Cass. n. 32261/2021; n. 22712/2004). Nel caso di specie, le pur gravi lesioni cagionate alla persona offesa non sono riconducibili all'area degli infortuni sul lavoro o a quella dell'igiene del lavoro, evidentemente difettando in capo alla imputata la qualità datoriale nel rapporto instauratosi con la persona offesa, sua cliente. Parimenti, deve escludersi, secondo gli Ermellini, che la condotta contestata sia riconducibile nell'ambito della colpa professionale, limitata a colui che eserciti una delle professioni "intellettuali" previste e disciplinate dagli artt. 2229 e seguenti c.c., in cui la prestazione presenta un connotato intellettuale preminente rispetto a quello materiale, come gli esercenti le professioni sanitarie.
Invero, secondo costante insegnamento della S.C., per "colpa professionale" deve intendersi soltanto quella di chi eserciti una professione "intellettuale", prevista dalla norma del codice civile da ultimo citata, con esclusione di chiunque eserciti in modo professionale una certa attività. Nè rileva ai fini della qualificazione di esercente un'attività intellettuale, il fatto che gli acconciatori, in seguito alla emanazione della L. n. 174 del 17/8/2005, debbano seguire appositi corsi di formazione onde potere esercitare l'attività in forma autonoma. Tale previsione, infatti, non incide sulla natura della loro prestazione.