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Data: 23/10/2023 09:00:00 - Autore: Simone Solito![]() Lo sport, da sempre, è fondamento della cultura italiana, qualcosa di insito in ognuno di noi: negli oratori, nei centri estivi, nelle scuole, negli eventi di piazza o nelle sagre di paese non c'è occasione in cui non venga praticato. Ne siamo circondati e, spesso non rendendocene conto, è colonna vertebrale della collettività. Ecco un'analisi di questo "sport" che - di recente - è entrato nella nostra carta fondamentale, per tramutarsi in un diritto di rango costituzionale. E' l'art. 1 della legge costituzionale n. 1 del 26 settembre 2023 [1] ad introdurre, nell'ultimo comma dell'art. 33 della Costituzione, quanto segue: "La Repubblica riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell'attività sportiva in tutte le sue forme".La Repubblica non istituisce, né configura, bensì "riconosce". Un verbo utilizzato in più occasioni in altri articoli della carta, sin dalla prima stesura del 1948, che comporta la presa di coscienza su una realtà pre-esistente meritoria di tutela e promozione. Una realtà anteriore e superiore a quella che l'ordinamento giuridico potrebbe disciplinare, una realtà definibile, oltre che pre-esistente, anche come pre-giuridica. Il "valore" esprime una sorta di beneficio, un quid pluris, un bagaglio di utilità misurabili attraverso gli effetti su chi lo pratica che, su tre direttrici, sono educative, sociali e di promozione del benessere psicofisico:
In ultima analisi, ci si deve soffermare sul significato della "attività sportiva in tutte le sue forme". Si ravvede la volontà del legislatore di tutelare lo sport in una chiave interpretativa ampia, la più ampia possibile, proprio perché nessuna forma di attività sportiva – in considerazione dei complessivi benefici per la società – possa essere limitata, affinché possa godere del massimo appoggio istituzionale per la sua pratica [3]. E' su questo punto, però, che occorre prestare la massima attenzione, il focus principale del limite di tutela che – essendo volutamente ampia – comporta il rischio di non qualificare correttamente cosa è sport da cosa è, ad esempio, una iniziativa ludico-sociale. Non tutte le attività sportive, infatti, possono essere considerate tali. Non è sufficiente un generico dispendio energetico dell'attività motoria e neppure i caratteri di competitività o di ciclicità nello svolgimento della stessa. Per identificare una attività come sport occorre fare riferimento alla tabella del Comitato Olimpico Nazionale Italiano [4] - aggiornata d'intesa con il Dipartimento per lo Sport della Presidenza del Consiglio dei Ministri - dove sono inserite tutte le sue "forme" ammesse. Integrano questa tabella le specifiche norme approvate dalle federazioni e dagli organi preposti alla vigilanza e alla organizzazione delle varie discipline: non può applicarsi il diritto allo sport al di fuori di questi atti regolamentari. In altri termini, si suppone che la tutela costituzionale non possa sicuramente coinvolgere attività sportive che siano penalmente contra legem come le gare clandestine tra automobili [5], ma nemmeno quegli eventi che – seppur non illegali – presentino caratteri ludico-sportivi che però discordano dalle attività che godono del riconoscimento del CONI. In questa ultima ipotesi, sono molteplici i casi di manifestazioni "sportive" che – pur vantando il patrocinio di comuni ed enti locali - di "sportivo" in senso stretto non hanno nulla [6]. La tutela costituzionale dello sport ne riconosce il valore, senza determinarne un diritto. Per certi versi, il suo inserimento nella carta fondamentale non era una necessità né era avvertita dall'opinione pubblica quale una priorità politica. Perché inserirlo nell'articolo 33? Sicuramente per concretizzare un percorso iniziato nel 2009 con la XVI Legislatura, sicuramente per compiere un passo in avanti: quello di dimostrare la volontà di intraprendere – questo è l'auspicio – il cammino verso l'attuazione di quel diritto allo sport non ancora definito ma che sia, prima o poi, garantito a tutti e a tutti i livelli. La tutela dei cosiddetti "lavoratori dello sport", i problemi sull'accessibilità universale alla pratica sportiva, le forme di sostegno alle associazioni, lo sviluppo urbano di pari passo alla creazione di spazi sportivi e la sostenibilità delle relative attività sono argomenti su cui la classe dirigente sportiva e politica dovrà interrogarsi. Ad oggi, il diritto costituzionale allo sport non è rilevante se non per la sua grande forza programmatica che dovrà coinvolgere i più importanti attori delle istituzioni, con lo scopo di accendere il dibattito sportivo nei più autorevoli tavoli nazionali, in modo che diventi una presenza costante nelle politiche pubbliche da intraprendere [7].
Convogliare le risorse finanziarie nel giusto modo, soprattutto alla luce del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza – che nella Missione n. 5 sulla "Inclusione e Coesione" prevede investimenti per 1 miliardo di euro per la realizzazione di interventi di potenziamento delle infrastrutture sportive [8] - potrebbe essere solo l'inizio di un ambizioso percorso che, oltre a mettere in movimento le persone, può rimettere in movimento un intero paese, affinché l'Italia torni a correre.
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