Data: 28/10/2023 07:00:00 - Autore: Redazione

Lo statuto universale del crimine di tortura, delineato dalle dichiarazioni sovranazionali e dai trattati, �� connaturato alla radicale incidenza di tale crimine sulla dignit� della persona umana�. Pertanto, il dovere dello Stato di accertare giudizialmente la commissione di questo delitto si presenta come �il volto processuale del dovere di salvaguardia della dignit�. E' quanto affermato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 192/2023 (sotto allegata), nell'ambito del noto processo Regeni, che ha dichiarato l'illegittimit� costituzionale dell'art. 420-bis, comma 3, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che il giudice procede in assenza per i delitti commessi mediante gli atti di tortura definiti dall'art. 1, comma 1, della Convenzione di New York contro la tortura, quando, a causa della mancata assistenza dello Stato di appartenenza dell'imputato, � impossibile avere la prova che quest'ultimo, pur consapevole del procedimento, sia stato messo a conoscenza della pendenza del processo, fatto salvo il diritto dell'imputato stesso a un nuovo processo in presenza per il riesame del merito della causa.

La Consulta ha osservato che la paralisi sine die del processo per i delitti di tortura commessi da agenti pubblici, quale deriverebbe dall'impossibilit� di notificare personalmente all'imputato gli atti di avvio del processo medesimo a causa della mancata cooperazione dello Stato di appartenenza, �non � accettabile, per diritto costituzionale interno, europeo e internazionale�.
Essa infatti �si risolve nella creazione di un'immunit� de facto�, che offende i diritti inviolabili della vittima (art. 2 Cost.), il principio di ragionevolezza (art. 3 Cost.) e gli standard di tutela dei diritti umani, recepiti e promossi dalla Convenzione di New York (art. 117, primo comma, Cost.).
La necessit� costituzionale di evitare la stasi del processo pu� essere d'altronde soddisfatta senza alcuna riduzione delle facolt� partecipative dell'imputato, ma imprimendo ad esse una diversa scansione temporale, che si riassume nel diritto dell'imputato a ottenere in ogni fase e grado la riapertura del processo.

Rimettendo al giudice comune l'attuazione di questo diritto nella concretezza del singolo caso, la Corte ha sottolineato che esso, proprio perch� conserva all'imputato ogni facolt� processuale, garantisce che la procedibilit� in assenza per i delitti di tortura statale sia �rispettosa del principio del giusto processo�.

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