Data: 11/11/2023 06:00:00 - Autore: Silvia Pascucci

Ostacolo visibile e riconoscibile

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 30394/2023 (sotto allegata) ha respinto, confermando la decisione del Giudice di secondo grado, la richiesta risarcitoria avanzata nei confronti del Comune di Sassari da un cittadino che era caduto su un marciapiede, affermando che il comportamento colposo dello stesso ha di fatto interrotto il nesso causale tra la cosa (la strada) su cui il Comune sardo esercita la propria custodia e l'evento dannoso (la caduta).

La vicenda prende avvio dalla caduta di un utente avvenuta su un tratto stradale del Comune di Sassari. Il danneggiato asseriva di essere inciampato a causa di un dissesto del marciapiede che non era né visibile, né segnalato. Sul luogo della caduta, inoltre, erano posizionati due tombini e mancavano delle mattonelle, rendendo la percorribilità insidiosa per qualsiasi utente.

A causa della caduta il cittadino subiva dei danni (danno biologico al 4 per cento e da inabilità temporanea totale per 30 giorni e parziale per 60 giorni al 75 per cento e per ulteriori 60 giorni al 50 per cento; danno morale e spese mediche come documentati in atti), per il risarcimento dei quali conveniva in giudizio il Comune sardo.

Il Comune di Sassari, contestava la domanda del richiedente, osservando che una condotta prudente dell'utente avrebbe evitato l'evento lesivo ed escludendo che le condizioni dei luoghi configurassero un'insidia. Ne conseguiva la mancanza del nesso causale tra la cosa (la strada) e le lesioni; veniva peraltro contestato il concorso del fatto colposo del danneggiato, ai sensi dell'articolo 1227, comma 1, c.c.

La suddetta richiesta risarcitoria non veniva accolta, dapprima dal Giudice di prime cure e successivamente dalla Corte d'Appello di Sassari che, con sentenza n. 97/2021, respingeva l'impugnazione proposta dal danneggiato e confermava integralmente la sentenza di primo grado, poiché l'ostacolo era visibile ed evitabile e quindi la condotta del danneggiato era stata imprudente.

Responsabilità da cose in custodia: interruzione del nesso causale

Avverso la decisione della Corte d'Appello, l'utente proponeva ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione, contestando gli esiti cui erano giunti i Giudici di merito.

Sul punto la Suprema Corte ha, in primo luogo, ricordato l'insegnamento offerto dalla Corte stessa con ordinanza n. 2482/2018, secondo cui "in tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull'evento dannoso, in applicazione - anche ufficiosa - dell'art. 1227, comma 1, c.c., richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall'art. 2 Cost.", pertanto quanto più la situazione dannosa può essere prevista ed evitata dal danneggiato, utilizzando la diligenza e la cautela richieste dalle circostanze del caso, tanto più il comportamento imprudente del medesimo potrà ritenersi idoneo, da un punto di vista causale, alla produzione del danno e ciò "fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso".

Quanto sopra riferito, prosegue il Giudice di legittimità, è confermato anche dal fatto che la responsabilità ex art. 2051 c.c. ha natura oggettiva e si fonda unicamente sulla dimostrazione del nesso causale tra la cosa in custodia e il danno (senza che in questo senso venga in rilievo una presunzione di colpa in capo al custode).

Tale responsabilità può "essere esclusa o dalla prova del caso fortuito (….), senza intermediazione di alcun elemento soggettivo, oppure dalla dimostrazione della rilevanza causale, esclusiva o concorrente, alla produzione del danno delle condotte del danneggiato o di un terzo (…), caratterizzate dalla colpa ex art. 1227 c.c. e, indefettibilmente, dalla oggettiva imprevedibilità rispetto all'evento pregiudizievole".

Dopo aver ripercorso il prevalente orientamento giurisprudenziale formatosi sul punto, il Giudice di legittimità ha concluso ritenendo che la Corte territoriale aveva correttamente applicato i suddetti principi, laddove, pur ritenendo provato il nesso causale tra la caduta del cittadino ed il dissesto stradale, aveva rilevato che detto rapporto di causalità era stato interrotto dalla condotta colposa del danneggiato.


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