Data: 14/11/2023 06:00:00 - Autore: Silvia Pascucci

L'assenza della forma scritta

La vicenda prende avvio dalla decisione adottata dal Tribunale di Salerno all'esito di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo promosso da una cliente avverso la pretesa di pagamento avanzata dalla propria avvocata. In particolare, l'opponente aveva rilevato, tra le varie contestazioni, l'assenza di un accordo (scritto) che legittimasse la richiesta di pagamento formulata dalla professionista.

Il Tribunale di Salerno accoglieva l'opposizione avanzata dalla cliente e per l'effetto revocava il decreto ingiuntivo dalla stessa impugnato, rilevando che fosse pacifica la circostanza secondo cui la cliente avesse corrisposto alla propria avvocata le somme pattuite a titolo di compenso professionale, dal momento che la legale "aveva rilasciato regolare fattura recante la causale "compenso totale" (per la somma di 600,00 euro), senza che la stessa professionista fosse riuscita a fornire prova contraria circa l'imputabilità della corresponsione di tale importo solo ad un acconto".

Avvocato e cliente sul compenso: forma scritta ad substantiam

Avverso la suddetta decisione, l'avvocata proponeva ricorso dinanzi la Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 29432 del 24 ottobre 2023 (sotto allegata), ha confermato gli esiti cui era giunto il Giudice di prime cure e ha cassato con rinvio la sentenza impugnata.

La professionista, per quanto qui interessa, contestava in particolare la ritenuta inesistenza dell'accordo intercorso con la cliente in merito al compenso professionale alla stessa spettante.

Sul punto la Corte ha subito rilevato come fosse pacifico il fatto che "tra la professionista ricorrente e la sua cliente (…) non fosse stato concluso alcun contratto in forma scritta per la determinazione del compenso professionale" ciò nonostante, il Tribunale "ha ritenuto che il semplice rilascio della fattura ad opera (dell'avvocato) per la somma di Euro 600,00 oltre accessori di legge (ancorché nella stessa fosse stata inserita la dicitura "compenso totale"), incontestatamente corrisposta dalla (cliente), costituisse idonea prova del soddisfacimento della pretesa della professionista, così prescindendo dall'indispensabilità della produzione di apposito contratto stipulato nella forma scritta comprovante la conclusione di un accordo tra le parti sulla quantificazione, nel precisato importo, della misura effettiva e totale spettante alla ricorrente per il compenso forense".

In questo senso, la Suprema Corte ha precisato che "il requisito della forma scritta prescritto a pena di nullità dall'art. 2233 c.c., comma 3, per l'accordo tra professionista e cliente sulla determinazione consensuale dei compensi in deroga a quelli previsti per legge, non può essere sostituito con mezzi probatori diversi e la prova per presunzioni semplici, al pari della testimonianza, sono ammissibili nei soli casi di perdita incolpevole del documento ex artt. 2724 e 2725 c.c., presupponendosene, perciò, sempre la sua preesistenza".

Sulla base di quanto sopra riferito e del quadro normativo di riferimento, delineato in particolare dalla novella legge n. 247 del 2012, la Corte ha ribadito il principio di diritto alla stregua del quale "ai sensi dell'art. 2233, comma 3 c.c., l'accordo di determinazione del compenso professionale tra avvocato e cliente deve rivestire la forma scritta "ad substantiam" a pena di nullità, senza che rilevi la disciplina introdotta dalla L. n. 247 del 2012, art. 13, comma 2, (…), che, nell'innovare il solo profilo del momento della stipula del negozio individuato, di regola, nella data del conferimento dell'incarico, ha lasciato invariato (..) quello sul requisito di forma, con la conseguenza che, da un lato, l'accordo, quando non trasfuso in un unico documento sottoscritto da entrambe le parti, si intende formato quando la proposta, redatta in forma solenne, sia seguita dall'accettazione nella medesima forma e, dall'altro, che la scrittura non può essere sostituita con mezzi probatori diversi e la prova per presunzioni semplici, al pari della testimonianza, sono ammissibili nei soli casi di perdita incolpevole del documento ex artt. 2724 e 2725 c.c. (cfr. Cass. n. 717/2023 e Cass. n. 16383/2023)."


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