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Data: 15/11/2023 07:00:00 - Autore: Andrea Cagliero
La questione di legittimità costituzionale[Torna su] Con ordinanza del 16-12-22, il G.U.P. del Tribunale ordinario di Napoli ha sollevato q.l.c. dell'art. 69 c. 4 c.p., nella misura in cui, in regime di bilanciamento, vieta di riconoscere il giudizio di prevalenza dell'attenuante prevista dall'art. 74 c. 7 D.P.R. 309/90. Nel caso trattato dal Giudice rimettente, alcuni soggetti, imputati per il delitto di associazione per delinquere finalizzata allo spaccio di stupefacenti, ancorché nelle condizioni di vedersi applicata l'aggravante della recidiva specifica infraquinquennale, sarebbero stati meritevoli del riconoscimento dell'attenuante ad effetto speciale di cui all'art. 74 c. 7 DPR 309/90, che prevede una diminuzione di pena dalla metà a due terzi per chi si sia efficacemente adoperato per assicurare le prove del reato o per sottrarre all'associazione risorse decisive per la commissione dei delitti. Il Giudice a quo rileva che l'impossibilità di riconoscere la prevalenza dell'attenuante in parola sulla recidiva ex art.69 c.4 c.p., impedirebbe di dare il giusto valore ai contributi dichiarativi degli imputati collaboranti, così incidendo sulla congruità della pena, la cui quantificazione si discosterebbe di poco da quella irrogata ai coimputati non dissociatisi dal sodalizio, ai quali sono state riconosciute solo le circostanze attenuanti generiche in regime di equivalenza. Da qui, discenderebbe l'incostituzionalità dell'art. 69 c. 4 c.p. in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione. Nell'ordinanza, il G.U.P. rammenta che, tra l'altro, sulla falsariga del predetto ragionamento, un giudizio di incostituzionalità (sent. n.74 del 2016) era già intervenuto in relazione all'attenuante di cui all'art. 73 c. 7 DPR 309/90, che riconosce la diminuzione della pena dalla metà a due terzi a chi si adoperi per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori. La sentenza della Corte Costituzionale[Torna su] Il Giudice delle leggi (sentenza n. 201/2023 sotto allegata) si è espresso favorevolmente rispetto alla questione posta. La Consulta parte proprio dalla sentenza n. 74 del 2016, citata dal rimettente: "si è in quell'occasione osservato che l'attenuante di cui all'art. 73, comma 7, t.u. stupefacenti è espressione di una scelta di politica criminale di tipo premiale, volta a incentivare, mediante una sensibile diminuzione di pena, il ravvedimento post-delittuoso del reo, rispondendo, sia all'esigenza di tutela del bene giuridico, sia a quella di prevenzione e repressione dei reati in materia di stupefacenti. E si è aggiunto che il divieto assoluto di operare tale diminuzione di pena in presenza di recidiva reiterata del reo " impedisce alla disposizione premiale di produrre pienamente i suoi effetti e così ne frustra in modo manifestamente irragionevole la ratio, perché fa venire meno quell'incentivo sul quale lo stesso legislatore aveva fatto affidamento per stimolare l'attività collaborativa. Ciò anche considerando che la scelta di collaborare - pur non comportando necessariamente la resipiscenza del reo e potendo essere il frutto di mero calcolo - implica comunque il distacco dell'autore del reato dall'ambiente criminale nel quale la sua attività in materia di stupefacenti era inserita e trovava alimento, e lo espone non di rado a pericolose ritorsioni, determinando così una situazione di fatto tale da indurre in molti casi un cambiamento di vita"". La Corte asserisce, dunque, che non vi sono motivi per non applicare medesimo ragionamento anche al caso di specie, anzi, a fortiori, dal momento che il contributo dei collaboratori di giustizia intranei ai sodalizi criminosi è di grande importanza ai fini della scoperta dell'organigramma dell'associazione e delle sue attività delittuose. A nulla rileva l'obiezione dell'Avvocatura dello Stato (che ha chiesto dichiararsi infondata la q.l.c.), basata sulla gravità dei fatti contestati. A parere della Corte, proprio la gravità del delitto, che prevede una cornice edittale importante a prescindere dal comportamento processuale, dovrebbe costituire la ragione in più per assicurarsi la collaborazione degli associati, incentivandoli a distaccarsi dal sodalizio. Illegittimità costituzionale dell'art. 69, 4° comma, c.p.[Torna su] La Corte Costituzionale, dunque, dichiara l' illegittimità costituzionale dell'art. 69, quarto comma, del codice penale, nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all'art. 74, comma 7, del D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), sulla recidiva di cui all'art. 99 comma 4 c.p. |
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