Questo quanto ricordato dal Consiglio Nazionale Forense, nella sentenza n. 165/2023 (sotto allegata), rigettando il ricorso di un legale incolpato della violazione dei principi deontologici generali e sanzionato con la censura dal Consiglio distrettuale di disciplina forense di Brescia.
"In materia di responsabilità disciplinare degli avvocati, le norme del Codice deontologico che elencano i comportamenti che il professionista deve tenere nei rapporti con i colleghi, la parte assistita, la controparte, i magistrati e i terzi, costituiscono mere esplicitazioni esemplificative dei doveri di lealtà, correttezza, probità, dignità e decoro, previsti in via generale dalla legge professionale e dallo stesso Codice, sicché la loro inosservanza - ha chiarito il CNF - si traduce inevitabilmente nella violazione di tali doveri, la quale non richiede un autonomo accertamento, a meno che non sia contestata in relazione a comportamenti diversi da quelli specificamente riconducibili alle predette disposizioni".