Data: 29/11/2023 06:00:00 - Autore: Silvia Pascucci

Il caso: assegno di mantenimento in caso di affidamento condiviso

La vicenda in esame prende avvio dalla decisione emessa dal Tribunale di Pisa, poi confermata dalla Corte distrettuale, con cui veniva statuita la separazione dei coniugi e la regolamentazione dei rapporti tra gli stessi e i figli minori.

In particolare, veniva stabilito che i genitori avrebbero esercitato sulla prole un affidamento condiviso, con collocamento prevalente dei figli presso la madre, alla quale veniva assegnata la casa coniugale ed era inoltre posto a carico del padre un contributo per il mantenimento dei figli che doveva essere versato mensilmente all'ex moglie.

La doglianza dell'ex marito poggiava sull'assunto che, considerato l'affidamento condiviso, la parità di tempo che i genitori trascorrevano con i figli, la sostanziale equivalenza delle condizioni economiche- patrimoniali degli ex coniugi, nonché l'assegnazione della casa familiare all'ex moglie, la previsione di un contributo mensile per il mantenimento dei figli fosse contrario alle norme di legge che disciplinano la materia, quale in particolare l'art. 337-ter, comma 4 c.c.

Il collocamento prevalente nella determinazione del mantenimento

La Corte di Cassazione, pronunciatasi con ordinanza n. 31720/2023 (sotto allegata) sul ricorso presentato dall'ex marito, pur dichiarando il mezzo inammissibile, in quanto sostanzialmente volto ad un riesame dei fatti non consentito, ha comunque avuto modo di evidenziare la correttezza dei risultati cui erano giunti i Giudici di merito.

La Suprema Corte inizia il proprio esame affermando che "la frequentazione, del tutto paritaria, tra genitore e figlio che si accompagna al regime di affido condiviso, nella tutela dell'interesse morale e materiale del secondo, ha natura tendenziale ben potendo il giudice di merito individuare, nell'interesse del minore (…) un assetto che se ne discosti". Ciò premesso, continua la Corte "nel caso in cui i tempi di permanenza del minore presso ciascun genitore non siano coincidenti, il loro assetto concorre ad influire sulla decisione di prevedere che il genitore con minori tempi di frequentazione versi all'altro un assegno per concorrere al mantenimento dei figli".

A tal proposito, spiega il Giudice di legittimità, proprio l'art. 337- ter, comma 4, su cui poggia la doglianza del ricorrente, stabilisce che ciascun genitore debba provvedere al mantenimento del figlio in misura proporzionale al proprio reddito e che il giudice, per dare concreta attuazione a tale principio, debba tener conto, nella determinazione dell'assegno di mantenimento a carico dei genitori, oltre che di una serie di altri elementi, anche (per quanto qui interessa) dei tempi di permanenza della prole presso ciascun genitore.

In relazione a tale ultimo aspetto, che rappresenta il punto cruciale della contestazione mossa dal padre, la Corte ripercorre le parole della Corte di merito la quale ha escluso la sussistenza della "prospettata misura paritaria dei tempi di permanenza presso i genitori, atteso che, stando alla regolamentazione in atto, i figli stanno e pernottano presso la madre la maggior parte del tempo (18 gg circa al mese e periodi più lunghi in estate)"; questa "prevalente collocazione comporta per lei il sostenere oneri e costi aggiuntivi quanto meno per accompagnare i due figli (a scuola, alle varie attività extrascolastiche)".

Nei termini anzidetti, spiega la Cassazione, trova giustificazione la determinazione di un contributo di mantenimento a carico del padre.

Come anticipato, la Suprema Corte conclude il proprio esame con un giudizio d'inammissibilità del ricorso, poiché il mezzo proposto dall'ex coniuge, fondandosi su circostanze diverse rispetto a quelle accertate nella sentenza impugnata, pone all'attenzione del Giudice di legittimità la violazione di una norma sostanziale che si traduce in una (non ammissibile) richiesta di rivalutazione dei fatti.


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