Data: 27/03/2024 06:00:00 - Autore: Silvia Pascucci


Nel caso in esame un medico era stato condannato per il reato di omissioni in atti d'ufficio in quanto, nella sua qualità di medico di guardia, si era rifiutato di eseguire una visita domiciliare presso il paziente che ne aveva richiesto l'intervento nonostante le riferite gravi condizioni di salute.

Avverso la sentenza d'appello, il medico aveva proposto ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione.

Rispetto alle contestazioni formulate dal ricorrente, il Giudice di legittimità, con sentenza n. 11085/2024 (sotto allegata), ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata.

Rispetto in particolare alla questione dell'integrazione o meno del reato di rifiuto d'atto d'ufficio, la Corte ha ricordato che l'art. 13 del DPR n. 41/91 impone al medico di guardia di rimanere a disposizione per garantire gli interventi domiciliari a livello territoriale.

Sulla scorta di tale norma, il Giudice di legittimità ha dunque evidenziato che la necessità e l'urgenza di effettuare la visita domiciliare, pur spettando alla valutazione del medico, è tuttavia sindacabile dal giudice di merito. La valutazione del sanitario deve pertanto essere compiuta sulla base di dati di ragionevolezza, desumibili dallo specifico contesto e dai protocolli sanitari applicabili.

Quanto sopra riferito, ha spiegato la Corte, è anche condiviso dal consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui "integra il delitto di rifiuto di atti di ufficio la condotta del sanitario in servizio di guardia medica che, pur richiesto, decida di non eseguire l'intervento domiciliare urgente per accertarsi delle effettive condizioni di salute del paziente, nonostante gli venga prospettata una sintomatologia grave".

In altri termini, ha precisato la Corte "il delitto è integrato ogniqualvolta il medico di turno (…), a fronte di una riferita sintomatologia (…) e alla richiesta di soccorso, che presenti inequivoci connotati di gravità e di allarme, neghi un atto non ritardabile".

Nel caso di specie, ha rilevato la Corte, il Giudice di seconde cure, dopo aver correttamente escluso che la condotta del sanitario avesse potuto causalmente determinare il decesso del paziente, ha, con giudizio congruo e secondo parametri ragionevoli, rilevato che l'ostinato rifiuto del medico di eseguire la visita domiciliare presso il proprio paziente dovesse essere qualificato in termini di rifiuto d'atti d'ufficio.

Sulla scorta di tali argomentazioni e per quanto qui rileva la Corte ha pertanto ritenuto non fondato il motivo di ricorso proposto dal medico in relazione all'integrazione del suddetto reato.


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