Data: 30/03/2024 06:00:00 - Autore: Silvia Pascucci

La revoca dell'assegnazione della casa familiare

Nel caso che ci occupa, nell'ambito di un giudizio di revoca dell'assegnazione della casa familiare richiesta dall'ex marito proprietario dell'abitazione, l'ex moglie si era dichiarata disposta a rilasciare la casa coniugale, richiedendo al contempo l'aumento dell'assegno divorzile alla stessa spettante. Tale ultima richiesta era stata accolta, da ultimo, dalla Corte d'appello distrettuale, avverso la cui decisione l'ex marito aveva proposto ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione.

Sopravvenuta modifica delle condizioni economiche

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 7961/2024 (sotto allegata), ha rigettato il ricorso e condannato il ricorrente alla refusione delle spese di lite.

Il Giudice di legittimità, dopo aver ripercorso i fatti di causa ed esposto i motivi di ricorso, ha dato atto della giurisprudenza di legittimità formatasi in relazione agli accertamenti delle sopravvenienze economiche che possono interessare gli ex coniugi e che sono idonee a mutare il pregresso assetto patrimoniale realizzato con il precedente provvedimento attributivo dell'assegno.

Nella specie, ha evidenziato la Corte, il Giudice di merito ha accertato la persistenza del significativo divario economico tra i coniugi. Il Giudice di seconde cure, dopo aver compiuto la suddetta valutazione, aveva dunque ritenuto, per quanto qui rileva, che non dovendo l'ex marito far più fronte al pagamento dell'assegno periodico di mantenimento in favore del figlio, divenuto economicamente indipendente, lo stesso era tenuto a corrispondere una maggiore somma in favore dell'ex moglie, considerando altresì che "lo stesso è oggi rientrato nella disponibilità della casa coniugale dalla quale ben potrà conseguire un ulteriore entrata".

In altri termini, la Corte territoriale aveva rilevato l'esistenza di sopravvenienze rilevanti che avevano determinato un miglioramento delle condizioni economiche dell'ex marito, il quale già si trovava in condizioni economiche notevolmente migliori rispetto a quelle dell'ex moglie.

Posto quanto sopra e con specifico riferimento alla revoca dell'assegnazione dell'abitazione familiare, la Corte ha rilevato come tale revoca costituisca in effetti una "sopravvenienza sfavorevole per l'ex coniuge che ne sia assegnatario, la quale è suscettibile di essere valutata, ai fini dei presupposti per la revisione delle condizioni di revisione delle condizioni di divorzio ai sensi dell'art. 9, comma 1, l. n. 898 del 1970, tanto più quando si accompagna all'acquisto della disponibilità materiale della stessa da parte dell'ex coniuge che ne sia proprietario esclusivo".

Invero, ha proseguito la Corte sul punto, così come non può negarsi che l'assegnazione aveva determinato, al momento in cui fu compiuta, dei riflessi economici nei confronti di entrambi gli ex coniugi, allo stesso tempo deve rilevarsi come la revoca dell'assegnazione della casa familiare "costituisce una modifica peggiorativa delle condizioni economiche del genitore che ne fruisce insieme ai figli e una sopravvenienza migliorativa per l'altro che ne sia proprietario esclusivo".

Tale lettura, ha ricordato la Corte, è stata tra l'altro costantemente condivisa dalla giurisprudenza di legittimità formatasi in tema di quantificazione dell'assegno di mantenimento in favore dei figli e del coniuge economicamente più debole.

Ne consegue dunque che le sopravvenienze, tra cui rientra la revoca dell'assegnazione della casa familiare, possono divenire giustificati motivi di revisione o revoca dell'assegno divorzile.

Sulla scorta di tali argomentazioni la Suprema Corte ha dunque rigettato il ricorso proposto dall'ex marito.


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