Data: 02/04/2024 06:00:00 - Autore: Redazione


� costituzionalmente illegittima la previsione dell'automatica rimozione dalla magistratura in caso di condanna del magistrato a una pena detentiva non sospesa. Lo ha deciso la Corte costituzionale con la sentenza n. 51/2024 (sotto allegata), con la quale � stata accolta una questione sollevata dalle Sezioni unite della Corte di cassazione.

Nel caso oggetto del procedimento principale, un magistrato era stato condannato, con sentenza passata in giudicato, alla pena non sospesa della reclusione di due anni e quattro mesi per avere apposto � con il consenso della presidente del collegio di cui era componente � la firma apocrifa della presidente stessa in tre provvedimenti giurisdizionali. In applicazione della norma ora dichiarata incostituzionale, il Consiglio superiore della magistratura aveva quindi applicato al magistrato la sanzione disciplinare della rimozione, e l'interessato aveva promosso ricorso per cassazione contro il provvedimento.

La Corte costituzionale ha rammentato che, secondo la propria costante giurisprudenza, la condanna penale di un funzionario pubblico o di un professionista non pu�, da sola, determinare la sua automatica espulsione dal servizio o dall'albo professionale. Sanzioni disciplinari fisse, come la rimozione, sono anzi indiziate di illegittimit� costituzionale; e in ogni caso deve essere salvaguardata la centralit� della valutazione dell'organo disciplinare nell'irrogazione della sanzione che gli compete. La norma oggi dichiarata incostituzionale, invece, ricollegava la sola sanzione della rimozione alla condanna per qualsiasi reato, purch� la pena inflitta dal giudice penale superasse una certa soglia quantitativa, finendo cos� per spogliare il CSM di ogni margine di apprezzamento sulla sanzione da applicare nel caso concreto.

Nel caso che ha dato luogo al giudizio, in effetti, il giudice penale aveva irrogato una severa pena detentiva non sospesa senza poter considerare gli effetti che tale pena avrebbe necessariamente prodotto nel successivo giudizio disciplinare. In conseguenza poi dell'automatismo creato dalla norma, neppure nel giudizio disciplinare era stato possibile vagliare "la proporzionalit� di una tale sanzione rispetto al reato da questi commesso, dal peculiare angolo visuale della eventuale inidoneit� del magistrato a continuare a svolgere le proprie funzioni". E ci� pur "a fronte dell'entit� delle ripercussioni che l'espulsione definitiva dall'ordine giudiziario � suscettibile di produrre sui diritti fondamentali, e sull'esistenza stessa, della persona interessata"

D'altra parte, ha proseguito la Corte, "non pu� in assoluto escludersi che un fatto di reato per il quale il giudice penale abbia inflitto una pena detentiva non sospesa possa essere ritenuto, sia pure in casi verosimilmente rari, meritevole di sanzioni disciplinari meno drastiche della rimozione. E ci� (�) anche in considerazione del fatto che la mancata concessione della sospensione condizionale non deriva necessariamente da una prognosi circa la possibile commissione di nuovi reati da parte del condannato (�); ma pu� semplicemente discendere � come nel caso oggetto del giudizio a quo � dal superamento del limite di due anni di reclusione, entro il quale il beneficio pu� essere concesso. Ipotesi, quest'ultima, nella quale il condannato per cui non sussista pericolo di reiterazione del reato pu�, in molti casi, essere ammesso ad espiare la propria pena in regime di affidamento in prova al servizio sociale", continuando cos� a svolgere la propria ordinaria attivit� lavorativa.

Infine, la Corte ha precisato che � per effetto di questa sentenza � il CSM potr� ora determinare discrezionalmente la sanzione da applicare al magistrato, potendo naturalmente optare ancora per la rimozione, "laddove ritenga che il delitto per cui � stata pronunciata condanna sia effettivamente indicativo della radicale inidoneit� del magistrato incolpato a continuare a svolgere le funzioni medesime".

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