Data: 21/04/2024 06:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate

Espressione del partito fascista o di ideologie discriminatorie"

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Il saluto fascista e l'integrazione di due possibili fattispecie di reati è l'oggetto della pronuncia delle sezioni unite della Corte di cassazione n. 16153 del 2024 (sotto allegata).

Il saluto romano infatti è stato oggetto di controversia giurisprudenziale.

Un primo orientamento riteneva che il saluto fascista integrasse il reato previsto dall'articolo 2 del decreto legge n. 122/1993, ai sensi del quale: "Chiunque, in pubbliche riunioni, compia manifestazioni esteriori od ostenti emblemi o simboli propri o usuali delle organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi di cui all'articolo 3 della legge 13 ottobre 1975 n. 654, è punito con la pena della reclusione fino a tre anni e con la multa da lire duecentomila a lire cinquecentomila. Questo perché la condotta si traduce in una manifestazione esteriore che integra una rappresentazione tipica delle organizzazioni o dei gruppi diretti a favorire la diffusione di idee basate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico.

Per un altro orientamento giurisprudenziale invece il saluto romano è un gesto che evoca il disciolto partito fascista con conseguente violazione dell'articolo 5 della legge n. 645/1952, che così dispone: "Chiunque, partecipando a pubbliche riunioni, compie manifestazioni usuali del disciolto partito fascista ovvero di organizzazioni naziste è punito con la pena della reclusione sino a tre anni e con la multa da duecentomila a cinquecentomila lire." Trattasi di reato di pericolo concreto per cui la condotta deve essere idonea a determinare il pericolo di ricostituzione di organizzazione fasciste.

Chiamata del presente e saluto romano: quale reato

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Le Sezioni Unite quindi hanno dovuto principalmente la seguente questione di diritto:

  • la condotta tenuta nel corso di una pubblica manifestazione e consistente nella risposta alla 'chiamata del presente' e nel 'saluto romano', rituali evocativi del disciolto partito fascista, configurano la fattispecie incriminatrice di cui all'art. 2 del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122 o quella prevista dall'art. 5 della legge 20 giugno 1952, n. 645"

La Cassazione, dopo aver illustrato il quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento, chiarisce le questioni giuridiche nei seguenti termini.

La condotta del saluto romano e della chiamata del presente, riconducibili al rituale del partito fascista, quando viene praticato nell'ambito di riunioni pubbliche configurano il reato contemplato dall'articolo 5 della legge 645 del 1952. La naturale identificazione del saluto romano con il disciolto partito fascista è sufficiente a configurare il reato. Il giudice dovrà accertare la presenza di elementi di fatto (contesto ambientale, valenza simbolica del luogo, immediata ricollegabilità del contesto al periodo storico e alla simbologia, numero dei partecipanti alla manifestazione, ripetizione dei gesti) capaci di dare concretezza al pericolo di "emulazione" insito nel reato, senza che rilevi, per escludere il reato, la mera valenza commemorativa della riunione.

Il saluto romano e la chiamata del presente possono integrare anche il reato contemplato dall'art. 2 del decreto legge n. 122/1993, in quanto tali condotte sono in grado di evocare anche ideologie discriminatorie e razziali. In questo caso il giudice è tenuto a individuare i gruppi che tengano usualmente manifestazioni che incitano all'odio razziale, che non devono essere necessariamente organizzati, potendo trattarsi anche di organizzazioni estemporanee.

Reato di pericolo concreto e presunto

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Conclusioni che la Cassazione a sezioni unite ha sancito nel seguente principio di diritto: "La condotta, tenuta nel corso di una pubblica riunione, consistente nella risposta alla 'chiamata del presente' e nel cosiddetto 'saluto romano' integra li delitto previsto dall'art. 5 legge 20 giugno 1952, n. 645, ove, avuto riguardo alle circostanze del caso, sia idonea ad attingere il concreto pericolo di riorganizzazione del disciolto partito fascista, vietata dalla XI disp. trans. fin. Cost; tale condotta può integrare anche il delitto, di pericolo presunto, previsto dall'art. 2, comma 1, d.l. n. 12 del 26 aprile 1993, convertito dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, ove, tenuto conto del significativo contesto fattuale complessivo, la stessa sia espressiva di manifestazione propria o usuale delle organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi di cui all'art. 604-bis, secondo comma, cod. pen. (già art. 3 legge 13 ottobre 1975, n. 654)".


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