Data: 11/06/2024 06:00:00 - Autore: Andrea Pedicone

Il controllo della prestazione

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Il datore di lavoro ha il diritto di verificare l'esatto adempimento degli obblighi gravanti sul lavoratore, vale a dire l'esatta esecuzione delle mansioni a lui attribuite, il rispetto delle regole e delle prescrizioni, ed altro, purch� i nominativi dei soggetti incaricati di tali controlli, e le loro specifiche attivit�, siano anticipatamente comunicate ai lavoratori, cos� vietando ogni forma di controllo occulto sulla qualit�/quantit� della prestazione lavorativa (cfr. Statuto dei lavoratori). Tale diritto del lavoratore, ed obbligo del datore di lavoro, si estende anche agli strumenti di lavoro quali computer, telefoni, veicoli, ecc., giacch� le odierne tecnologie consentono di monitorare il lavoratore e la sua prestazione anche tramite tali mezzi (cfr. Garante Privacy, Registro dei provvedimenti 296/2012). Il datore ha pertanto l'obbligo di comunicare preventivamente, possibilmente attraverso un disciplinare tecnico interno, la possibilit� che egli verifichi il corretto utilizzo del computer aziendale, del telefono di servizio, dell'auto in uso al dipendente, ecc. (cfr. Linee guida del Garante per posta elettronica e internet � doc web Garante Privacy 1387978).

Il controllo occulto

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Questa attivit� � consentita esclusivamente quando la sua finalit� � di accertare la coincidenza della prestazione lavorativa con comportamenti illeciti, estranei quindi alle mansioni lavorative e, pertanto, con il solo intento di tutelare il patrimonio aziendale. Il datore di lavoro deve in ogni caso assicurare un corretto bilanciamento delle esigenze di protezione di interessi e beni aziendali, correlate alla libert� di iniziativa economica, rispetto alle imprescindibili tutele della dignit� e della riservatezza del lavoratore.

L'elemento essenziale

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Il legislatore ha quindi previsto che il controllo occulto � possibile solo in presenza del fondato sospetto circa la commissione di un illecito, e sempre che riguardi i dati acquisiti successivamente all'insorgere del sospetto. � pertanto necessario un giustificato dubbio del datore di lavoro, il quale avr� l'onere di allegare prima, e di provare poi, le specifiche circostanze che l'hanno indotto ad attivare le verifiche (cfr. Cassazione 18168/2023). Tale forma di attivit� � quindi motivata, valida, ed utilizzabile solo successivamente all'individuazione di indizi che la giustifichino, poich� � considerata lecita esclusivamente la raccolta di informazioni effettuata dopo il nascere dei sospetti. Il datore non � pertanto autorizzato ad eseguire controlli in modalit� esplorativa, e pu� raccogliere informazioni solo in seguito all'insorgere di un indizio, sicch� sono utilizzabili unicamente le notizie successive al legittimo controllo (Tribunale Roma, sezione lavoro, provvedimento del 14 febbraio 2024 relativo al giudizio R.G. 7571/2023).

L'inutilizzabilit� delle prove

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I dati personali raccolti e trattati, ovvero le informazioni e prove reperite in violazione della norma, sono inutilizzabili ai sensi dell'articolo 11, comma 2, d. lgs. 196/2003, cos� come sostituito dall'articolo 2-decies del d. lgs. 101/2018. La loro inutilizzabilit� potr� quindi avere conseguenze sull'esito del provvedimento sanzionatorio inflitto al lavoratore. Infatti, "sul piano processuale tale norma preclude non solo alle parti di avvalersi dei predetti dati come mezzo di prova, ma pure al giudice di fondare il proprio convincimento su fatti dimostrati dal dato acquisito in modo non rispettoso delle regole dettate dal legislatore e dai codici deontologici" (cfr. Cassazione 28378/2023). Trova pertanto applicazione l'articolo 11 d. lgs. n. 196/2003 nella sua formulazione originaria ed assoluta, giacch� deve ritenersi che il legislatore abbia inteso imporne un'accezione rilevante sia in sede processuale sia in sede extraprocessuale. Scrivono infatti i giudici che "la tesi, pur sostenuta da parte della dottrina, secondo cui la disciplina del trattamento dei dati sarebbe irrilevante nell'ambito del processo civile, che resterebbe soggetto alle regole sue proprie, non pu� essere condivisa. La sua conseguenza, infatti, sarebbe l'utilizzabilit� di quei dati sia dalle parti per adempiere i propri oneri probatori, sia dal giudice per la sua decisione. Ma in tal modo si finirebbe per porre l'ordinamento in contraddizione con s� stesso, poich� da un lato qualificherebbe quel trattamento dei dati come illecito, dall'altro permetterebbe la produzione di quei dati in un giudizio civile, ossia una diffusione altrimenti vietata, ed inoltre consentirebbe alla parte di trarre in tal modo vantaggio da un'attivit� illecita (con pericolosi effetti incentivanti di tale illecito), ci� che � contrario ai principi generali, fra i quali quello del "giusto processo" ex art. 111 Cost.". Pertanto, l'articolo 11 d. lgs. n. 196 cit., nella sua formulazione originaria, va inteso nel senso assoluto di cui si � detto (cfr. Cassazione 28378/2023).

Conclusioni

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Il datore di lavoro pu� quindi controllare la quantit� e la qualit� della prestazione lavorativa, purch� i soggetti a ci� deputati siano noti ai dipendenti. Pu� altres� verificare, anche in modo occulto, che il lavoratore non commetta illeciti in danno del patrimonio aziendale. In tal caso, sono utilizzabili esclusivamente le prove acquisite successivamente all'insorgere di un fondato sospetto od indizio che abbia giustificato l'avvio dell'attivit� occulta.


Andrea Pedicone

Consulente investigativo ed in materia di protezione dei dati personali

Auditor/Lead Auditor Qualificato UNI CEI EN ISO/IEC 27001:2017


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