Data: 03/07/2024 06:00:00 - Autore: Redazione

"Il subentro nella difesa presuppone sia la preventiva cessazione del precedente mandato per qualsiasi causa (revoca, rinuncia), sia la comunicazione del subentro stesso al collega sostituito adoperandosi affinché siano soddisfatte le legittime richieste per le prestazioni svolte ex art. 45 cdf, nel rispetto del rapporto di colleganza nonché dell'interesse generale dell'Avvocatura nel suo insieme al mantenimento di un comportamento improntato ai doveri di lealtà e di correttezza". È quanto affermato dal Consiglio Nazionale Forense nella sentenza n. 27/2024 pubblicata sul sito del Codice deontologico (sotto allegata) rigettando il ricorso di un legale avverso la decisione del COA con cui gli era stata irrogata la sanzione dell'avvertimento per aver accettato il conferimento di un nuovo mandato senza accertarsi della preventiva revoca al collega e senza darne comunicazione.

Il CNF conferma la decisione del COA e la relativa sanzione, affermando che "costituisce un comportamento deontologicamente rilevante l'assunzione del mandato in sostituzione di altro collega senza darne allo stesso preventiva comunicazione, restando del tutto irrilevante il fatto che la parte assistita abbia assicurato di aver provveduto alla revoca (tra le altre C.N.F. 5 sentenza del 13 dicembre 2014 n. 199)". Obbligo di comunicazione al collega sostituito che, rammenta il Consiglio, "incombe sempre e comunque sul nuovo difensore, rispondendo la norma deontologica all'esigenza di soddisfare certamente l'interesse del collega sostituito, ma prima ancora l'interesse generale dell'Avvocatura nel suo insieme al mantenimento da parte di tutti gli avvocati di un comportamento improntato al principio di lealtà, sancito dall'art. 6 del C.D.F. vigente all'epoca dei fatti cui l'art. 33 del medesimo Codice è correlato (C.N.F. sentenza del 14 ottobre 2008 n. 110)".

Per cui ritenendo, "ogni altro argomento superfluo, stante la palese violazione del canone deontologico contestata, senza che sia stato fornito dal ricorrente alcun elemento utile al fine di escludere la volontarietà della condotta", il CNF rigetta nel merito il ricorso e conferma, "poiché adeguata, la sanzione comminata con la decisione impugnata".


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