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Data: 15/07/2024 06:00:00 - Autore: Antonio Accadia
Epatite C da emotrasfusione in sala parto[Torna su]
La vicenda ha visto protagonista una donna che, a seguito di una trasfusione di sangue infetto ricevuta in un Ospedale di Arezzo durante il parto nel 1970, ha contratto l'infezione HCV. Dopo decenni di sofferenze e battaglie legali, la donna ha finalmente ottenuto il riconoscimento del proprio diritto al risarcimento del danno. Il danno biologico rappresenta una lesione all'integrità psicofisica della persona, che incide sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del soggetto. Tale concetto non si riferisce solo ai danni fisici, ma anche a quelli psichici. Analizziamo una recente sentenza del Tribunale di Firenze, che affronta il caso di un danno biologico causato da un'emotrasfusione e che rappresenta un importante precedente giurisprudenziale in materia di responsabilità civile per danni da emotrasfusione infetta.
Esposizione dei fatti e procedimenti legali:[Torna su]
Risarcimento danni lungolatenti[Torna su]
Nella recente sentenza del tribunale Ordinario di Firenze 2 Sez. civile dell'11 Giugno 2024 (sotto allegata), viene riportata la sentenza della Corte di cassazione n. 5119/2023 riguardante la giurisprudenza in materia di danni lungolatenti, ossia quei danni che si manifestano a distanza di tempo dal fatto illecito: Danno biologicoSentenza Cassazione Civile n. 5119/2023 Danno da emotrasfusione infetta: risarcimento danno biologico riconosciuto solo a partire dalla manifestazione dei sintomi della malattia, non dalla data della contrazione dell'infezione. La Suprema Corte, con la sentenza in esame, ha chiarito che il danno biologico da emotrasfusione infetta deve essere provato mediante la manifestazione dei sintomi, che rappresentano il danno conseguenza e quindi sorge solo nel momento in cui gli stessi si manifestano e non dal momento della contrazione dell'infezione (art. 1233 c.c.). Il danno biologico non consiste nella mera lesione dell'integrità psicofisica, ma nelle conseguenze pregiudizievoli per la persona. In difetto di conseguenze, non può esserci un danno risarcibile, in quanto si configurerebbe un danno in re ipsa, dove non si ha la certezza del nesso causale tra un evento e gli effetti dannosi. "Finchè l'agente patogeno innescato dal fatto illecito non si manifesta, non si realizza alcun danno risarcibile. Solo il danno conseguenza costituisce il parametro per la determinazione del danno ingiusto". Nel caso specifico è risultato provato un modesto danno biologico permanente del 5%, ma un significativo danno esistenziale e relazionale e si presume anche sussistente il danno morale. Danno moraleIl danno morale, pur non essendo dimostrabile con la stessa evidenza del danno fisico, è stato riconosciuto sulla base del notorio e dell'id quod plerumque accidit, un concetto importante nel diritto, per valutare fatti e comportamenti basandosi su ciò che comunemente succede nella maggior parte dei casi. La consapevolezza di avere una malattia infettiva come l'Epatite C e le conseguenti limitazioni (della vita sociali, della sfera sessuale e lavorativa, le prolungate terapie da intraprendere etc.) che rappresentano, presumibilmente, una fonte di sofferenza interiore, costituiscono una prova di un rilevante danno esistenziale, relazionale e morale, giustificando un risarcimento. Corte di cassazione sez. 3 Ordinanza n. 2725/2024La suprema Corte di Cassazione con l'Ordinanza n. 2725/2024, in merito al danno da emotrasfusione, conferma quanto riportato sopra: "In tema di danni lungolatenti da emotrasfusione, il momento della contrazione della malattia è di per sé irrilevante a fini risarcitori; quanto ai successivi momenti, la manifestazione di sintomi incidenti sull'integrità fisica può radicare il diritto al risarcimento del danno biologico, mentre l'acquisita consapevolezza della specifica e grave patologia diagnosticata, eventualmente anche precedente all'apparizione dei sintomi, può far sorgere il diritto al risarcimento del danno morale da sofferenza". Il Tribunale ha quindi ritenuto sussistente il danno morale considerando le prove documentali, testimonianze e CTU e lo stravolgimento delle abitudini di vita della donna per giungere a questa determinazione. Criteri liquidatori del danno da responsabilità contrattuale[Torna su]
Nella sentenza viene poi specificato che è necessario determinare la legge applicabile in caso di danno da responsabilità contrattuale, considerando che le disposizioni relative alle lesioni di lieve entità derivanti da sinistri stradali e da responsabilità sanitaria non sono direttamente applicabili al caso in questione. Poiché il fatto illecito è avvenuto in data 29.12.2000, le leggi successive come il codice delle assicurazioni e la legge Gelli Bianco del 2005 e del 2017 non si applicano retroattivamente. Pertanto, ai fini della liquidazione del danno non patrimoniale, occorre fare riferimento alle tabelle dei tribunali di Milano o Roma, che non distinguono tra lesioni macro e micro-permanenti. Questo approccio considera la data in cui il danno si è manifestato come il momento rilevante, conformemente al principio di retroattività, secondo il quale le leggi non hanno effetto retroattivo, a meno che non sia previsto espressamente dal legislatore. Questo significa che le norme giuridiche di solito si applicano solo agli atti e ai fatti che si verificano dopo l'entrata in vigore della legge stessa, senza influenzare gli eventi che si sono verificati in precedenza. In altre parole, le leggi nuove generalmente non possono essere retroattive, a meno che non vi sia una disposizione specifica che le renda tali.
All'attrice è stata liquidata la somma di 50.000 euro, di cui 6.575 euro per il danno biologico e il resto per il danno esistenziale, relazionale e morale. Il criterio di liquidazione dei diversi danni subiti dall'attrice si basa su valutazioni specifiche relative al danno biologico, esistenziale, relazionale e morale.
Considerazioni finali[Torna su]
Con la sentenza emessa dal Giudice dott.ssa Susanna Zanda del Tribunale di Firenze l'11 giugno 2024, il Ministero della Salute è stato condannato a risarcire i danni da emotrasfusione all'attrice per 50.000 euro e a rimborsare le spese processuali e delle consulenze tecniche. La sentenza sottolinea l'importanza di valutare i danni non solo dal punto di vista biologico, ma anche da quello esistenziale e morale, tenendo conto delle prove raccolte e della sofferenza intrapsichica derivante dalla malattia contratta. La decisione si basa su principi consolidati dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, che riconosce il diritto al risarcimento del danno anche in presenza di conseguenze non patrimoniali gravi, come nel caso della contrazione di malattie infettive con ripercussioni significative sulla vita della persona, consolidandone i seguenti principi giurisprudenziali:
Questi principi sono stati ampiamente recepiti dal tribunale di Firenze aprendo la strada a ulteriori casi simili.
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