Data: 25/07/2024 07:00:00 - Autore: Redazione

La Corte costituzionale, con la sentenza n. 133/2024 (sotto allegata) ha respinto le censure di illegittimità costituzionale promosse da tre Regioni (Piemonte, Veneto e Campania) nei confronti dell'art. 17, comma 1, del decreto-legge n. 104 del 2023, convertito nella legge n. 136 del 2023. Tale disposizione è intervenuta a modificare ulteriormente i criteri di riparto fra le Regioni delle risorse del "Fondo per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, anche ferroviario" (Fondo TPL), che erano stati introdotti dal decreto-legge n. 176 del 2022, convertito nella legge n. 6 del 2023, per superare il sistema incentrato sulla valorizzazione della spesa in precedenza sostenuta dalle singole Regioni per l'erogazione dei servizi in questione (cosiddetta "spesa storica").

A tal fine, nel decreto-legge n. 176 del 2022 si era disposto che le risorse stanziate dallo Stato sarebbero state assegnate alle Regioni, per una quota pari al 50 per cento, sulla base dei "costi standard" e, per la restante quota, sulla base dei "livelli adeguati dei servizi di trasporto pubblico locale e regionale" (LAS), che avrebbero dovuto essere definiti con decreto interministeriale, previa intesa con Regioni ed enti locali in sede di Conferenza unificata.

La mancata adozione di tale decreto interministeriale aveva reso urgente l'assunzione di un criterio correttivo del precedente sistema e, a tale scopo, la norma impugnata ha previsto: a) una applicazione immediata, ma solo parziale, del criterio del "costo standard", computato però considerando il complesso dei servizi di trasporto pubblico locale erogati sul territorio di ciascuna Regione (costo standard totale); b) un regime transitorio volto a garantire, data la mancata adozione dei LAS, un'assegnazione di risorse non inferiore a quella risultante dalla ripartizione del fondo per l'anno 2020 (c.d. "clausola di garanzia").

Le Regioni ricorrenti censurano le intervenute modifiche dei criteri di riparto in quanto le discriminerebbero nel finanziamento del servizio TPL, privilegiando quelle regioni che maggiormente sovvenzionano con risorse proprie i servizi di trasporto pubblico locale, con l'effetto di impedire alle prime, menomate nella loro autonomia finanziaria, l'erogazione di tutte le prestazioni da esse deliberate, in un ambito affidato alla competenza legislativa residuale regionale.

Sarebbero perciò violati gli artt. 117, 118 e 119, nonché, per i conseguenti gravi disagi per l'utenza e per l'impossibilità di offrire adeguata copertura alla spesa a suo tempo deliberata, gli artt. 97 e 81 della Costituzione.
La Consulta ha ritenuto non fondate tutte le censure. L'evoluzione della normativa – ancora non "a regime" in attesa della definizione dei LAS – e la successione dei criteri di riparto del Fondo rende non evidente la lesione prospettata dalle Regioni ricorrenti che, infatti, non hanno fornito documentazione di alcun genere comprovante l'impossibilità dello svolgimento delle funzioni per effetto della disposizione statale impugnata.
Tuttavia, la Corte ha espresso l'auspicio che, quanto al finanziamento dei servizi di trasporto pubblico locale, si porti al più presto a conclusione il complesso iter di transizione ai costi e fabbisogni standard, prefigurato già dalla legge n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale.

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