Data: 28/08/2024 06:00:00 - Autore: Redazione

Ai fini della verifica di una eventuale violazione del bis in idem, si deve procedere ad una ricognizione dell'identità naturalistica dei tre elementi che caratterizzano la fattispecie: condotta, nesso causale ed evento. Così la prima sezione penale della Cassazione nella sentenza n. 32383/2024 (sotto allegata).

Nella vicenda, il Tribunale di Avellino affermava la penale responsabilità dell'imputato in riferimento alla contravvenzione di cui all'art. 4 legge n. 110 del 1975 (per li porto senza giustificato motivo di un coltello), al contempo assolvendolo dai reati di danneggiamento e tentata violenza privata.

L'uomo adiva il Palazzaccio evidenziando che "vi sarebbe identità del fatto storico tra la contestazione di porto del coltello e quella - operata nel diverso procedimento - di minaccia". Ciò perché nella contestazione del processo di minaccia si compie riferimento al 'taglio' di una parte del pneumatico di una vettura, nel contesto dell'azione, avvenuto con un coltello che l'uomo prese all'interno della propria vettura. La difesa richiama il contenuto della sentenza n. 200/2016 della Corte Costituzionale "allo scopo di evidenziare che ciò che rileva è l'idem factum, al di là della qualificazione giuridica".

Per la S.C. il ricorso è infondato. Anzitutto premettono i giudici, "nell'affrontare la verifica della identità o meno del 'fatto da giudicare' con quello 'gia giudicato' ciò che rileva - proprio alla luce dei contenuti della decisione Corte Cost. n. 200/2016 - non è la diversità dei beni giuridici tutelati quanto, in ipotesi, l'identità o diversità del «fatto» inteso in senso naturalistico, per come preso in esame nelle diverse norme oggetto di applicazione (condotta, evento, nesso causale, dunque idem factum). In tal senso, il giudice delle leggi, anche confrontandosi con gli orientamenti espressi dalla Corte Edu, ha chiarito che [.] le sempre opinabili classificazioni sugli interessi tutelati dalle norme incriminatrici, sui beni giuridici offesi, sulla natura giuridica dell'evento, sulle implicazioni penalistiche del fatto e su quant'altro concerne i diversi reati, oggetto dei successivi giudizi, non si confanno alla garanzia costituzionale e convenzionale del ne bis in idem e sono estranee al nostro ordinamento [...]; l'evento, in particolare, non potrà avere rilevanza in termini giuridici ma assumerà significato soltanto quale modificazione della realtà materiale conseguente all'azione o all'omissione dell'agente".

Tale opzione interpretativa, ricognitiva del testo dell'art. 649 cod.proc.pen., del resto, osservano ancora dalla S.C., ha portato anche la corte di legittimità a precisare "in modo del tutto condivisibile - che l'identità del fatto di cui all'art. 649 cod.proc.pen. deve essere valutata in relazione al concreto oggetto del giudicato e della nuova contestazione, senza confrontare gli elementi delle fattispecie astratte di reato (v. Sez. Vn. 47683 del 4.10.2016, vr 268052). Occorre pertanto procedere, li dove si verta in un caso prospettato come di 'sospetta violazione' del bis in idem, ad una ricognizione della identità naturalistica dei tre elementi che, per costante interpretazione, caratterizzano la fattispecie: condotta, nesso causale ed evento".

Nel caso di specie, invece, "la difesa ipotizza una sorta di «consumazione per consunzione» dell'azione penale relativa al porto del coltello, in ragione del fatto che nella contestazione delle condotte di minaccia si compie riferimento anche all'utilizzo di un coltello a scopo di danneggiamento (nel contesto dell'azione di minaccia). Tuttavia va rilevato che la contravvenzione di cui all'art. 4 legge n. 110 del 1975 riguarda un reato di mera condotta (il porto senza giustificato motivo al di fuori della propria abitazione), reato che effettivamente si consuma in un momento antecedente rispetto all'incontro tra - l'imputato e la persona offesa - e che non è mai stato contestato nel primo procedimento".

Da ciò deriva, conclude la S.C., "la diversità fattuale tra le due contestazioni, con infondatezza del proposto ricorso".


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