Data: 15/10/2024 06:00:00 - Autore: Claudia Moretti

Indennità di accompagnamento minori

In un momento in cui la salute mentale dei giovani è al centro del dibattito pubblico, è fondamentale chiarire che l'indennità di accompagnamento può e deve essere concessa anche per gravi disabilità psichiatriche nei minori, finché persiste la necessità di assistenza.

Come è noto, per ottenere l'indennità di accompagnamento, non è sufficiente il semplice riconoscimento dell'invalidità civile, anche in presenza di gravi condizioni di non autosufficienza. In base alla legge n. 18 del 1980, art. 1, è necessario che la non autosufficienza si manifesti in uno di questi due modi:

1) incapacità di svolgere autonomamente le normali attività quotidiane, oppure

2) impossibilità di camminare senza l'assistenza continua di un accompagnatore.

Tuttavia, osserviamo spesso che, specialmente per quanto riguarda il primo requisito, i minori affetti da disturbi neuropsichiatrici vengono esclusi dal beneficio. Questo accade anche in presenza di gravi patologie come i disturbi del comportamento alimentare, schizofrenia, disturbo bipolare con episodi misti, o tossicodipendenze. Spesso queste diagnosi si presentano contemporaneamente nello stesso soggetto.

Probabilmente, questa esclusione deriva dal fatto che, quando un minore riesce a frequentare un centro diurno o una scuola, già riceve un'indennità di frequenza per la sua invalidità, che non è cumulabile con l'indennità di accompagnamento. Oppure, perché le malattie psichiatriche nei giovani sono soggette a incertezze diagnostiche dovute alla loro età, con evoluzioni imprevedibili e la speranza di miglioramenti nel tempo.

Nonostante ciò, nei casi più gravi, molti giovani non riescono a frequentare la scuola per lunghi periodi, o la frequentano in modo discontinuo a causa di ripetuti ricoveri in reparti di neuropsichiatria. In queste situazioni, i genitori devono essere presenti costantemente, giorno e notte, per assistere il figlio.

Spesso, i giovani con patologie psichiatriche non possono essere lasciati soli a causa dell'elevato rischio di suicidio associato alla loro malattia (il suicidio è la principale causa di morte tra gli adolescenti). Questa situazione grava non solo sul minore, ma anche sulla famiglia, con pesanti ripercussioni economiche per il genitore che assume il ruolo di Care Giver.

Ma cosa significa esattamente "incapacità di compiere le attività della vita quotidiana"" Può essere considerata tale, ad esempio, l'impossibilità di andare in bagno senza la supervisione costante di un genitore" Oppure la necessità di assumere farmaci a orari precisi, che scandiscono gran parte della giornata" O ancora, la necessità di essere sorvegliati durante i pasti, nel caso di disturbi del comportamento alimentare" O l'accompagnamento al parco per evitare contatti con spacciatori, se il minore è tossicodipendente"

La cadenza quotidiana dell'atto e l'assistenza "passiva"

Secondo la Cassazione civile (sez. lav. - 08/11/2011, n. 23160) "…deve osservarsi che, in ordine ai presupposti per l'attribuzione dell'indennità di accompagnamento, la nozione di incapacità di compiere autonomamente le comuni attività del vivere quotidiano con carattere continuo comprende anche le ipotesi in cui la necessità di far ricorso all'aiuto di terzi si manifesta nel corso della giornata ogni volta che sia necessario al soggetto compiere una determinata attività della vita quotidiana per la quale non può fare a meno dell'aiuto di terzi, per cui si alternano momenti di attesa, qualificabili come di assistenza passiva, a momenti di assistenza attiva. La situazione di non autosufficienza, che è alla base del riconoscimento del diritto in esame, è caratterizzata, pertanto, dalla permanenza dell'aiuto fornito dall'accompagnatore per la deambulazione, o dalla quotidianità degli atti che il soggetto non è in grado di svolgere autonomamente: in tale ultimo caso, è la cadenza quotidiana che l'atto assume per la propria natura a determinare la permanenza del bisogno, che costituisce la ragione stessa del diritto. Ne consegue che, nell'ambito degli atti che il soggetto non è in grado di compiere autonomamente, anche una pluralità di atti, se privi di cadenza quotidiana, non determina la non autosufficienza prevista dalla norma per la concessione del beneficio di cui si tratta, mentre anche un solo atto, che abbia cadenza quotidiana, determina detta non autosufficienza."

Basta anche un solo atto, anche non fisico (ma di comprensione del significato)

Inoltre, basta anche un solo l'incapacità di un solo atto quotidiano a rendere erogabile il beneficio, e deve intendersi non solo l'incapacità fisica ma anche quella di comprendere il significato dell'azione: "la capacità dei malato di compiere gli elementari atti giornalieri va intesa non solo in senso fisico, ossia come mera idoneità ad eseguirli materialmente, ma anche come capacità di intenderne il significato, la portata e l'importanza, anche ai fini della salvaguardia della propria condizione psicofisica, dovendosi parametrare la stessa non sul numero degli elementari atti giornalieri, ma, soprattutto, sulle loro ricadute in termini di incidenza sulla salute dei malato e sulla sua dignità come persona, sicché anche l'incapacità di compiere un solo genere di atti può, per la rilevanza di questi ultimi e l'imprevedibilità del loro accadimento, attestare la necessità di una effettiva assistenza giornaliera." (Cassazione civile sez. lav., 19/08/2022, n. 24980).

Infine, va fatto il paragone con l'individuo sano della stessa età, anche minorenne.

Il criterio dell'incapacità va parametrato e paragonato rispetto alle normali abilità di soggetti sani della stessa età. E va senz'altro ricompreso il soggetto minorenne.

"Si estende anche ai minori di diciotto anni, ai sensi dell'art. 1 l. n. 18/1980, la corresponsione dell'indennità di accompagnamento prevista per i soggetti necessitanti di assistenza continuativa, in quanto aventi menomazioni funzionali fisiche e psichiche tali che comportino una totale e permanente inattitudine a svolgere le attività tipiche di una persona sana. Poiché la legge non fissa un limite minimo di età, vanno ammessi al beneficio in parola anche i bambini in tenera età, i quali possono trovarsi in uno stato tale da comportare, per le condizioni patologiche del soggetto, la necessità di un'assistenza diversa, per forme e tempi di esplicazione, da quella occorrente ad un bambino sano" (Corte appello Bari sez. lav., 16/06/2004).


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