Data: 28/10/2024 06:00:00 - Autore: Redazione


La violazione dell'obbligo formativo è scriminata dallo stato di necessità. Quest'ultimo, conseguente a grave malattia, propria o di un proprio familiare, esclude rilevanza disciplinare alla violazione dell'obbligo di formazione continua, di cui pertanto costituisce scriminante pur in mancanza di una previa richiesta o concessione di esonero ex art. 15 Reg. CNF n. 6/2014. E' quanto ha ricordato il Consiglio Nazionale Forense (nella sentenza n. 171/2024 pubblicata sul sito del Codice deontologico), esprimendosi sul ricorso di un'avvocatessa sanzionata dal CDD di Milano con la sospensione dalla professione per due mesi per non aver adempiuto l'obbligo formativo.

"L'obbligo di formazione continua dell'avvocato non può essere surrogato dallo svolgimento di generica attività autoformativa né attenuato dagli impegni professionali svolti dall'avvocato stesso" afferma il Consiglio, richiamando la pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione (Cassazione a SSUU n. 9547/2021) ma anche la giurisprudenza domestica, "univoca nel ritenere che l'intensa attività lavorativa non scrimina l'inadempimento al dovere di formazione e aggiornamento professionale (CNF, sentenza del 1° dicembre 2017, n. 204)".

Nel caso di specie, le circostanze giustificative dedotte dalla ricorrente non possono essere prese in considerazione. Tuttavia, sostiene il CNF, al fine della dosimetria della sanzione da applicare, non si ravvisa – diversamente da quanto deciso dal CDD – la sussistenza di circostante, tali da giustificare l'aggravamento della sanzione disciplinare adottata in relazione alla condotta contestata. Per cui, ritenendo "fondata e meritevole di accoglimento la richiesta della ricorrente di affievolimento della sanzione da comminare", il Consiglio ritiene congrua la sanzione edittale dell'avvertimento.

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