Sebbene la durata del matrimonio e il contributo apportato da un coniuge alla formazione del patrimonio dell'altro coniuge siano parametri che vengono presi in considerazione ai fini della quantificazione dell'assegno divorzile, e non valgono ad escludere la corresponsione dell'assegno di mantenimento nella separazione, la Corte di Cassazione, con l'ordinanza in epigrafe indicata, espone in maniera chiara e puntuale sotto quale aspetto la durata del matrimonio può essere presa in considerazione anche ai fini del riconoscimento e della quantificazione dell'assegno di mantenimento nella separazione personale dei coniugi.
Il caso
La Suprema Corte di Cassazione è stata investita della questione sopra descritta a seguito di:
- Giudizio di separazione giudiziale all'esito del quale il marito resistente è stato gravato dell'onere di corrispondere alla moglie un assegno di mantenimento mensile di euro 3.000,00 con conseguente condanna dello stesso al pagamento delle spese di lite;
- Giudizio di appello proposto dal marito, culminato con una sentenza di rigetto e la conferma della corresponsione dell'assegno di mantenimento di euro 3.000,00 mensili in favore della parte appellata.
Più precisamente, la Corte territoriale ha escluso, anch'essa, l'addebito della separazione a carico della moglie ed ha confermato la previsione dell'assegno di mantenimento in favore della medesima, atteso il rilevante squilibrio economico tra le parti, oltre agli altri ampi proventi reddituali ed il vasto patrimonio immobiliare del marito, a fronte dei modesti introiti della moglie provenienti dalla attività di fotografa.
La controversia
Il marito soccombente propone ricorso per Cassazione attraverso quattro motivi, dichiarati inammissibili eccetto il terzo che è stato ritenuto fondato e, pertanto, accolto.
Con tale motivo di ricorso, il marito ritiene che la sentenza impugnata sia affetta da nullità per omesso esame di un duplice fatto storico decisivo per il giudizio, ovvero la breve durata del matrimonio e la giovane età del richiedente, ai fini della spettanza e concreta determinazione del quantum dell'assegno di mantenimento ex art. 156 c.p.c..
Accogliendo soltanto detto motivo di ricorso, la Corte di Cassazione compie il seguente iter logico-giuridico.
La Suprema Corte di Cassazione non ha ritenuto condivisibile la motivazione della Corte di Appello e, con riferimento al mantenimento del coniuge, prende le mosse dalla pronuncia resa dalla Cassazione Civile a SS.UU. n. 32914/2022 secondo cui "La separazione personale tra i coniugi non estingue il dovere reciproco di assistenza materiale, espressione del dovere, più ampio, di solidarietà coniugale, ma il venir meno della convivenza comporta significati mutamenti: a) il coniuge cui non è stata addebitata la separazione ha il diritto di ricevere dall'altro un assegno di mantenimento, qualora non abbia mezzi economici adeguati a mantenere il tenore di vita matrimoniale, valutate la situazione economica complessiva e la capacità concreta lavorativa del richiedente, nonché le condizioni economiche dell'obbligato…; b) il coniuge separato cui è addebitata la separazione perde, invece, il diritto al mantenimento e può pretendere solo la corresponsione di un assegno alimentare se versa in stato di bisogno".
Quindi, il dovere reciproco di assistenza materiale, a seguito di separazione personale dei coniugi, sussiste tenendo conto dei presupposti appena enunciati.
Chiarito in presenza di quali circostanze si ha diritto alla corresponsione dell'assegno di mantenimento, occorre a questo punto esaminare cosa statuisce la Suprema Corte in relazione alla breve durata del matrimonio, sempre ai fini del riconoscimento di detto beneficio economico.
Il rilievo della durata del matrimonio viene circoscritto in relazione alla quantificazione dell'assegno e, infatti, ha affermato che "La durata del matrimonio ed il contributo apportato da un coniuge alla formazione del patrimonio dell'altro coniuge, ovvero di quello comune, integrano parametri utilizzabili in occasione della quantificazione dell'assegno divorzile, e non possono valere al fine di escludere la spettanza dell'assegno di mantenimento in caso di separazione personale, essendo tuttavia siffatti elementi valutabili in quest'ultima sede, ai sensi dell'art. 156, secondo comma, cod. civ., allo scopo di stabilire l'importo di detto assegno" (Cass. Civ. n. 20638/2004).
E infatti, con la pronuncia n. 25618/2007 è stato ribadito che la durata del matrimonio e il contributo apportato da un coniuge alla formazione del patrimonio dell'altro coniuge sono elementi valutabili al fine di stabilire l'importo dell'assegno di mantenimento.
Tali principi sono stati ribaditi con la decisione n. 1622/2017 che ha chiarito che laddove sussistono gli elementi costitutivi del diritto all'assegno di mantenimento (non addebitabilità della separazione, non titolarità di adeguati redditi propri, ossia redditi che non consentano di mantenere un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio e sussistenza di una disparità economica tra le parti), alla breve durata del matrimonio non può essere riconosciuta efficacia preclusiva del diritto all'assegno di mantenimento.
La Corte di Cassazione, però, entra ancor di più nello specifico della questione e, fermo restando quanto sopra richiamato ed argomentato, approfondisce la problematica prendendo in considerazione la sussistenza di matrimoni di durata molto breve e statuendo che "…nell'ipotesi di durata particolarmente breve del matrimonio, in cui non si è ancora realizzata, al momento della separazione, alcuna comunione materiale e spirituale tra i coniugi, attesa la insussistenza di condivisione di vita e, dunque, la mancata instaurazione di un vero rapporto affettivo qualificabile come "affectio coniugalis", non può essere riconosciuto il diritto al mantenimento" (Cass. Civ. n. 402/2018) e che "Se è vero che la breve durata del matrimonio non esclude di per sé il diritto all'assegno, tuttavia la mancata instaurazione di una comunione materiale e spirituale fra i coniugi può costituire una causa di esclusione" (Cass. Civ. n. 16737/2018).
La decisione
Riassumendo, quindi, sebbene la durata breve del matrimonio non fa venir meno il diritto di percepire l'assegno di mantenimento, la mancata comunione materiale e spirituale dei coniugi al momento della separazione può costituire una causa di esclusione.
In virtù delle argomentazioni che precedono, quindi, la Suprema Corte di Cassazione non ritiene condivisibile la motivazione della Corte Territoriale sul presupposto che la decisione impugnata non ha preso in considerazione la circostanza della durata estremamente contenuta del matrimonio, né sotto il profilo della spettanza dell'assegno, né sotto il profilo della sua quantificazione.
La Corte di Cassazione, pertanto, accoglie il terzo motivo del ricorso, cassa il provvedimento impugnato e rinvia la causa alla Corte di Appello di Trieste in diversa composizione, affinché proceda al riesame dei fatti e degli elementi già acquisiti, alla luce dei principi indicati.
Autrice Avv. Marianna Famà
Responsabile Territoriale AMI Paola