Data: 07/11/2024 07:00:00 - Autore: Andrea Pedicone

La vicenda

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Una donna è stata licenziata per essere fisicamente entrata in azienda alle ore 9:27 di un dato giorno, mentre invece la timbratura del badge elettronico era stata effettuata alle 8:33 da un suo collega. Il provvedimento si è basato sull'inadempimento delle formalità aziendali prescritte ai dipendenti per la rilevazione delle presenze, concretizzatosi nell'utilizzo fraudolento del tesserino e degli orologi marcatempo, oltretutto tramite la collaborazione di un collega cui è stato affidato il badge aziendale personale affinché questi provvedesse alla timbratura, facendo così risultare la presenza della donna al lavoro. Tale comportamento è stato considerato dall'azienda come una profonda lesione dei doveri di correttezza, tale da impedire la prosecuzione del rapporto.

Il giudizio

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La lavoratrice ha impugnato il licenziamento, ma sia il Tribunale sia la Corte di Appello hanno ritenuto adeguato il massimo provvedimento. I giudici, infatti, hanno considerato provato l'elemento oggettivo dell'addebito, nonché la volontarietà ed intenzionalità della donna di attestare una falsa presenza. Analogamente, gli stessi hanno anche ritenuto integrata l'ipotesi di giusta causa e proporzionata la conseguente massima sanzione.

La Cassazione

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La donna ha quindi presentato ricorso dinanzi la Suprema Corte, ancora una volta sostenendo la sproporzione del provvedimento e l'errata interpretazione dei giudici territoriali. In questa sede è stato rilevato come un accurato esame di tutte le circostanze istruttorie avesse dimostrato l'esistenza di un accordo tra la ricorrente ed il suo collega, affinché questi facesse risultare la presenza della prima in azienda in un orario antecedente a quello di effettivo arrivo.

Trattasi, oltretutto, scrivono i giudici, di "un accertamento di merito, svolto con motivazione esente dai vizi di cui all'art. 360 co. 1 n. 5 cpc nuova formulazione, ratione temporis applicabile, per cui non vi è spazio per alcun suo sindacato in sede di legittimità" … "Con riguardo alle prove, mai può essere censurata la valutazione in sé degli elementi probatori secondo il prudente apprezzamento del giudice (Cass. 24155/2017; Cass. n. 1414/2015; Cass. n. 13960/2014)".

L'omesso esame di elementi istruttori non integra il vizio se i fatti storici, come nel caso in questione, sono stati comunque presi in considerazione (Cass. n. 19881/2014; Cass. n. 27415/2018), avendo la Corte territoriale ben motivato la verifica materiale della condotta fraudolenta e la sussistenza della sua volontarietà ed intenzionalità, caratterizzata dalla precisa finalità di incidere sul sistema dei controlli approntati dalla datrice di lavoro per la rilevazione delle presenze dei dipendenti.

La decisione

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Con l'ordinanza numero 28248 del 4 novembre 2024, la Corte di Cassazione ha quindi confermato il provvedimento impugnato, e condannato la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio ed al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso.

Andrea Pedicone

Consulente investigativo ed in materia di protezione dei dati personali

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