Data: 10/11/2024 06:00:00 - Autore: Matteo Santini


Qualsiasi sentenza o provvedimento che porta condanna al pagamento di una somma di denaro o all'adempimento di altra obbligazione o al risarcimento dei danni da liquidarsi successivamente è titolo per iscrivere ipoteca sui beni del debitore.

Rappresenta titolo per l'ipoteca anche una condanna di fare e di dare purché, come l'obbligo di corresponsione dell'assegno di mantenimento sancito nel giudizio di divorzio, separazione e affidamento dei figli. La riforma Cartabia ha introdotto il nuovo art. 156, comma 5 c. p.c., il quale sancisce che: "i provvedimenti, anche se temporanei, in materia di contributo economico in favore della prole o delle parti sono immediatamente esecutivi e costituiscono titolo per l'iscrizione dell'ipoteca giudiziale. Il giudice può imporre al soggetto obbligato di prestare idonea garanzia personale o reale, se esiste il pericolo che possa sottrarsi all'adempimento degli obblighi di contributo economico".

Nella vicenda portata all'attenzione della S.C., la Corte di Appello di Milano con provvedimento del 2020, aveva svincolato completamente la garanzia dal presupposto del pericolo di inadempimento: "in materia la Corte deve premettere che, in via generale, l'ipoteca giudiziale ex art. 2818 c. c., quale diritto reale di garanzia, è un istituto posto a presidio del diritto del creditore ad essere pienamente soddisfatto, tutelando in via preventiva da un eventuale inadempimento posto in essere dal debitore, e con la peculiarità di conferire autonomia al creditore stesso nel procedere all'iscrizione della garanzia ogniqualvolta sia stata emesso in suo favore un provvedimento giudiziale con effetto di condanna al pagamento o altra obbligazione . L'ipoteca giudiziale ex art. 156, comma 5, c. c. e art. 8, comma 2, della L. 89870, risulta essere un adeguato strumento di garanzia preventiva attivabile unicamente e immediatamente all'emissione di un provvedimento giudiziale di cui all'art. 2818 c. c. senza la necessità di ulteriori requisiti. Ritiene il Collegio " che l'estensione analogica del presupposto del periculum anche all'ipotesi di riconoscimento dell'assegno divorzile di cui all'art. 8 della L. 8981970 non risulta essere fondata, in considerazione sia del tenore letterale delle norme dell'art. 156 c .c. e dell'art. 8 della L. 89870 idoneo ad evidenziare una volontaria e consapevole omissione del legislatore sia della delicata funzione svolta dall'assegno divorzile dianzi descritta e relativa al soddisfacimento di un credito sui generis."

Per la Corte quindi, la cancellazione dell'ipoteca non avveniva automaticamente in caso di inesistenza del periculum.

Il presunto debitore, qualora fosse oggetto di iniqua valutazione del credito e della cautela, poteva agire per ottenere la riduzione dell'ipoteca iscritta ex artt. 2872 ss. cc. Pertanto la riduzione, se accertata dall'autorità giudiziaria, consentiva di riequilibrare le posizioni e, qualora fosse stata accertata una sproporzione tra il credito e il valore del bene ipotecato, si poteva anche arrivare alla cancellazione completa dell'iscrizione ipotecaria.

Lo scrivente ritiene che l'articolo 156 c.c. non richieda per la sua emanazione la valutazione di un periculum in mora e questo perché al momento dell'emissione della sentenza di condanna al pagamento di una determinata somma l'inadempimento non è previsto né prevedibile.

Tale tesi non risulta però condivisa dalla Cassazione (cfr. Corte di Cass. Sez. I, 16/01/2023 n. 1076) che circa la cancellazione di ipoteca iscritta sui beni del coniuge, sottolinea la necessità della sussistenza dell'inadempimento o del "pericolo di inadempimento" per l'iscrizione e il mantenimento della garanzia ipotecaria.

La Corte di Cassazione, ritenendo non condivisibile l' orientamento precedentemente descritto, afferma che il corretto e puntuale adempimento degli obblighi di mantenimento derivanti dalla sentenza di separazione o divorzio determinerebbe il venir meno del presupposto per la garanzia ipotecaria e, dunque, ne conseguirebbe il diritto dell'interessato ad ottenere dal giudice l'emanazione di un ordine di cancellazione.

A tal proposito, gli Ermellini affermano come sia necessario staccarsi dalla lettura meramente testuale della norma, ricercando invece un autonomo significato normativo, attraverso una lettura in chiave sistematica; la disposizione infatti, deve essere letta nel quadro delle complessive tutele apprestate per garantire il credito del coniuge: le garanzie reali, personali, nonché i versamenti diretti da parte del datore di lavoro sono tutti strumenti idonei a garanzia dei crediti alimentari solo se ricorre l'effettivo e/o il pericolo di inadempimento. Pertanto, l'iscrizione ipotecaria non può ritenersi svincolata da tali presupposti, in quanto, si finirebbe per regolamentarla in maniera differente rispetto alle altre forme di garanzia.

Alla luce di tale ricostruzione la Corte di Cassazione, ha enunciato il principio di diritto per cui: "in tema di iscrizione ipotecaria, il giudice avanti al quale è proposta una istanza di cancellazione dell'ipoteca, disposta ai sensi dell'art. 156, 5 comma, c. c., è tenuto a verificare la sussistenza o meno del pericolo di inadempimento dell'obbligato e a disporre, in mancanza, l'emanazione del corrispondente ordine di cancellazione, ai sensi dell'art. 2884 del codice civile".


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