Data: 16/10/2007 - Autore: Silvia Vagnoni
"Ineriscono alla sfera della famiglia, costituzionalmente protetta, i pregiudizi alla realizzazione personale derivanti dalla perdita del prossimo congiunto, in conseguenza di un fatto illecito altrui. La distruzione del nucleo familiare, la impossibilit� dei superstiti di esplicare la propria personalit� nei rapporti con il congiunto, la relazione affettiva nel rapporto paterno con la giovanissima figlia, la perdita delle attivit� sociali e culturali costituiscono delle privazioni e modifiche delle abitudini della vita, in senso negativo che rientrano nelle dimensioni costitutive del danno da perdita parentale. Il parente che intende indicare la dimensione esistenziale e non patrimoniale di tale danno, unitamente alle perdite di ordine morale soggettivo, e alle perdite psicofisiche della propria salute, deve allegare e provare le diverse situazioni di danno, in modo da evitare qualsiasi possibile duplicazione". � questo il principio ricavabile dalla lettura di una recente pronuncia (Sent. n. 20987/2007) con cui la Corte di Cassazione, intervenendo su una delicata vicenda di malasanit� coinvolgente una bambina di sette anni deceduta a causa di cure mediche errate, ha respinto il ricorso proposto dal padre nella parte in cui sosteneva che il danno esistenziale da lui subito - conseguenza irreparabile della perdita della figlia - era in re ipsa e, come tale, non richiedeva n� prova in concreto n� accertamento medico-legale.
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