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Data: 30/12/2007 - Autore: www.laprevidenza.it In tempi in cui uno degli obbiettivi primari delle aziende è quello della riduzione dell'incidenza del costo del lavoro, non è infrequente trovarsi di fronte ad iniziative finalizzate al recupero o alla soppressione delle concessioni (o delle acquisizioni informali da parte dei lavoratori) di miglior favore rispetto alla disciplina, legale o contrattuale (da contratto collettivo nazionale e aziendale), concretizzantisi nella tentata abolizione di determinati premi periodici di produttività , nella revoca di gratificazioni una tantum quali ad es. il decennale (o quinquennale) per la fondazione dell'azienda o per il raggiungimento di una certa anzianità di servizio, di polizze aziendali sanitarie, di polizze assicurative per invalidità o morte da infortuni (professionali ed extra) e da malattie, di riduzioni d'orario, di riconoscimento di festività aggiuntive, di incentivazioni all'esodo anticipato o al prepensionamento o di similari trattamenti addizionali, praticati per la generalità dei lavoratori (o categorie o gruppi di essi), ovvero di benefici di agibilità sindacale accordati alle Rsa in numero e modalità eccedenti quelle legali o contrattuali. Per dare una risposta al quesito se siano o meno legittimi i tentativi di revoca unilaterale o se i trattamenti più favorevoli possano essere dismessi solo a seguito di contrattazioni aziendali che espressamente ne prevedano la caducazione (ovvero implicitamente per incompatibilità con la nuova disciplina collettiva aziendale) o ancora per valutare se i trattamenti di miglior favore siano invece impermeabili (cioè insensibili) anche nei confronti della contrattazione collettiva (nazionale o aziendale) e quindi si mantengano sine die - o in perpetuo (come si usa dire) - é necessario delineare i vari orientamenti dottrinali e giurisprudenziali che si sono succeduti nel tempo in tema di usi aziendali.... (Prof. Mario Meucci) Articolo del Prof. Mario Meucci |
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