Data: 22/12/2007 - Autore: www.laprevidenza.it
“L'esistenza del danno parentale, quale che sia il profilo dedotto, non è qualificabile come danno - evento, risarcibile in re ipsa, ma è riconducibile alla categoria del danno – conseguenza, e come tale il suo riconoscimento è soggetto alle regole ordinarie dell'onere probatorio. Pertanto, il parente che intende indicare, al fine di vederla risarcita, la dimensione esistenziale – e non patrimoniale – di tale danno, deve allegare e provare le diverse situazioni di danno, in modo da evitare qualsiasi possibile duplicazione”.

La Suprema Corte, previa un'ampia ricostruzione della situazione giurisprudenziale e normativa in materia di danno esistenziale in Italia e in Germania, afferma che l'esistenza del danno parentale, quale che sia il profilo dedotto (il danno diretto di ordine psichico, il patema d'animo proprio del danno morale, il danno esistenziale ancorato a posizioni soggettive costituzionalmente protette) non è qualificabile come danno-evento, risarcibile in re ipsa, ma è riconducibile alla categoria del danno-conseguenza, e come tale il suo riconoscimento è soggetto alle regole ordinarie sull'onere probatorio. Ciò posto, il parente che intende indicare, al fine di vederla risarcita, la dimensione esistenziale – e non patrimoniale – di tale danno, deve allegare e provare le diverse situazioni di danno, in modo da evitare qualsiasi possibile duplicazione (nella specie, trattavasi di un illecito sanitario dal quale era conseguita la morte di una giovanissima paziente ricoverata e non debitamente curata). In riferimento al danno esistenziale, pur condividendo una lettura costituzionalmente orientata dell'art. 2059 c.c., la Corte non ritiene di potersi distaccare, sulla base del dato normativo attualmente esistente, da un rigoroso principio di tipicità delle fattispecie da tutelare, segnalando che spetta al legislatore intervenire, con una modifica legislativa dell'art. 2059 c.c., che includa in esso espressamente le fattispecie tipiche emergenti.
(Avv. Tiziana Cantarella) Cass. Civ., sez. III, 8 ottobre 2007, n. 20987 - Tiziana Cantarella
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