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Data: 03/01/2008 - Autore: Roberto Cataldi Quando si sceglie di andare in vacanza è necessario che si realizzi la "finalità turistica" per la quale si è deciso di partire. Se infatti questa finalità non si realizza viene meno l'"interesse creditorio" e la vacanza può essere rimborsata. E' quanto stabilisce la Corte di Cassazione (Terza sezione civile, sentenza 26958) precisando che "il venir meno dell'interesse creditorio puo' essere legittimamente determinato anche dalla sopravvenuta impossibilita' di utilizzazione della prestazione, qualora essa si presenti come non imputabile al creditore". Naturlamente, spiega la Corte, l'impossibilità deve essere tale "da vanificare o rendere irrealizzabile la 'finalita' turistica'". Questo principio inoltre non si applica alle "finalita' ulteriori per le quali il turista si induce a stipulare il contratto, quali il desiderio di allontanarsi dalla famiglia o dalla cerchia degli amici; l'esigenza di un distacco dall'ambiente di lavoro; la necessita' di riprendersi da un periodo di stress; la ricerca di avventure post-matrimoniali". La Corte è intervenuta sull'argomento occupandosi del ricorso di un albergatore di Teramo a cui una donna di Napoli aveva chiesto il rimborso di un soggiorno di cui non aveva potuto usufruire per la morte improvvisa del marito (con cui sarebbe appunto andata in vacanza) avvenuta un giorno prima della partenza. La Suprema Corte ha ritenuto che in casi del genere la vacanza deve essere rimborsata ed ha ricordato che anche nei casi in cui "la prestazione in astratto sia ancora eseguibile", deve "ritenersi che il venir meno della possibilita' che essa realizzi lo scopo dalle parti perseguito con la stipulazione del contratto (nel caso lo 'scopo di vacanza' in cui si sostanzia la 'finalita' turistica'), implica il venir meno dell'interesse creditorio, quale vicenda che attiene esclusivamente alla sfera giuridico-economico di quest'ultimo". |
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