Data: 01/03/2007 - Autore: Maximilian Maria Russo
A due mesi dall'entrata in vigore della legge di attuazione del pacchetto welfare, la n. 247 del 2007, continua ad essere al centro del dibattito la modifica al d.lgs. 368/2001 che ha limitato a 36 mesi la durata massima del rapporto di lavoro in caso di successione di contratti a tempo determinato, con esclusione dei contratti dei dirigenti (per i quali rimane il limite massimo quinquennale) e di quelli relativi alle attivit� stagionali e ad altre attivit� ancora da individuarsi. C'� chi ha parlato di una vera e propria rivoluzione. Di certo non si pu� negare che siamo di fronte a una cambiamento importante. In primis, perch� la legge 247/07 ha voluto ribadire con fermezza il principio secondo cui il contratto a tempo indeterminato rappresenta la regola e quello a tempo determinato, invece, l'eccezione (art. 1 d.lgs. 368/01, cos� come modificato dalla legge 247/07). In secondo luogo, perch� la nuova legge ha introdotto una disciplina decisamente pi� rest rittiva, al fine di limitare l'utilizzo dei contratti a termine da parte dei datori di lavoro. Soffermiamoci su questo secondo aspetto. In base all'art. 5 del d.lgs. 368/2001 che disciplina i contratti a tempo determinato, nell'ipotesi di successione di pi� contratti, tra la fine del vecchio contratto e l'inizio del nuovo � necessario rispettare un intervallo di tempo fissato in 10 giorni per i contratti di durata inferiore a 6 mesi e in 20 giorni per quelli che superano i 6 mesi. Se il periodo minimo di interruzione non viene rispettato, il lavoratore si considera assunto a tempo indeterminato. La nuova legge, lasciando invariata tale disposizione, ha previsto che � nel caso in cui si susseguano pi� contratti a termine � il rapporto di lavoro non pu� durare complessivamente pi� di 36 mesi comprensivi di proroghe e rinnovi, �indipendentemente� dai periodi di interruzione che intercorrono tra un contratto e l'altro (art. 5 d.lgs. 368/01, comma 4 bis introdotto dalla legge 247 /07). Alla luce della nuova normativa � che si applica a tutti i contratti stipulati dal 1 gennaio 2008, data di entrata in vigore della legge � il superamento di siffatto limite comporta l'instaurazione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Non � mancato chi ha riflettuto sul significato ambivalente che potrebbe essere attribuito all'avverbio �indipendentemente� contenuto nel testo di legge. Tuttavia, se tale avverbio fosse diretto ad escludere � anzich� comprendere � i periodi di interruzione tra un contratto e l'altro, la nuova normativa si svuoterebbe di significato e perderebbe la sua evidente finalit� limitativa. Nessun dubbio, dunque: i contratti di lavoro a tempo determinato non possono superare complessivamente i 36 mesi, compresi sia eventuali periodi di proroga sia eventuali intervalli di tempo tra un contratto e l'altro. A una condizione, per�. E cio�, che si tratti di contratti per lo svolgimento di �mansioni equivalenti�. Diversamente, la nuova discip lina non trova applicazione e la durata del rapporto di lavoro pu� legittimamente superare i 36 mesi. Tale aspetto, espressamente previsto dal legislatore, � passato in secondo piano di fronte alla pi� eclatante novit� relativa al limite massimo di durata. Eppure non � da sottovalutare, dal momento che � almeno a prima vista � potrebbe apparire come un espediente per eludere le nuove norme di legge. Secondo la giurisprudenza, il concetto di �equivalenza' delle mansioni deve essere valutato in concreto, tenendo conto non solo della posizione oggettiva del lavoratore all'interno del contesto organizzativo e produttivo dell'impresa, ma anche del profilo soggettivo e del bagaglio professionale del lavoratore stesso. Infatti, sussiste equivalenza quando le mansioni, ancorch� diverse, si trovino in linea con le capacit� professionali e le attitudini acquisite dal lavoratore nel corso della propria esperienza lavorativa. In altre parole, il concetto di �equivalenza' delle mansioni non necessariamente coincide con quello di �identit�': mansioni equivalenti possono essere anche mansioni tra loro differenti (per tutte, Cass., Sez. Lav., n. 10091/2006). Posto quanto sopra, al datore di lavoro non baster�, dunque, adibire il lavoratore a mansioni diverse per non doversi attenere ai nuovi limiti di durata del rapporto di lavoro a tempo determinato. Tuttavia, al di l� dal significato e dalla portata della nozione di �equivalenza', la nuova normativa prevede la possibilit� di superare il limite temporale di 36 mesi mediante la sottoscrizione � davanti alla Direzione Provinciale del Lavoro e alla presenza di un rappresentante sindacale � di un nuovo contratto a termine, la cui durata massima � stabilita dalle organizzazioni sindacali di datori e lavoratori. Tale deroga � per� concessa al datore di lavoro una sola volta, come se il legislatore volesse rimarcare � se mai ce ne fosse bisogno � la ratio della nuova legge: incentivare l'occupazione nell'attuale Mercato del lavoro e rilanciare la competitivit� delle imprese.

Avv. Maximilian Maria Russo
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