|
Data: 22/03/2008 - Autore: Roberto Cataldi
Non è reato smontare il super ego di certi professionisti. E' quanto afferma la Corte di Cassazione ricordando che "la reputazione non si identifica con la considerazione che ciascuno ha di se' o con il mero amor proprio".
La Corte ha così bocciato il ricorso di un noto ginecologo, che si era sentito diffamato da un articolo pubblicato su un noto quotidiano e nel quale era stato definito come "pigro di penna avendo pubblicato lo stretto
necessario e mai su riviste scientifiche quotate".
Secondo la Corte (sentenza 10724/2008) una simile affermazione non costiuisce altro che l'esercizio del legittimo diritto di critica e non viola
nemmeno "il limite della continenza poiche' lo scritto rispecchia il metodo pungente e mordace dell'informazione giornalistica, che per colpire l'attenzione dei lettori non puo' adoperare il linguaggio incolore della Gazzetta Ufficiale".
In primo grado i giudici di merito si erano pronunciati in senso diametralmente opposto, tanto che il Tribunale di MIlano aveva condannato per diffamazione a mezzo stampa il
direttore e l'autore dell'articolo.
L'assoluzione è giunta prima in appello e poi confermata dalla Cassazione.
La V sezione penale nel respingere il ricorso del professionista ha ricordato che "la notizia offerta dal
quotidiano e' vera, dal momento che come chiarito dalla corte di
merito, la produzione scientifica del dottor [...] non e' copiosa e
che i suoi contributi pubblicati sull'autorevole 'The Lancet' sono due
e risalgono al 1990 e al 1992".
Nella motivazione la Corte sottolinea inoltre che "la reputazione non si identifica con la considerazione
(talvolta ombrosa) che ciascuno ha di se' con il mero amor proprio, ma
con il senso di dignita' personale in conformita' all'opinione del
gruppo sociale, secondo il particolare contesto storico e che il
diritto all'identita' personale non implica la pretesa di una costante
corrispondenza tra la narrazione di fatti riferiti ad una determinata
persona e l'idea che la stessa ha del proprio io, giacche' altrimenti
verrebbe preclusa la possibilita' di esercizio del legittimo diritto
di critica". Il reato di diffamazione, conclude la Corte si configura soltanto se viene lesa la reputazione.
|
|