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Data: 14/10/2008 01:00:00 - Autore: Cristina Matricardi "Un termine (sei anni) – prosegue la Corte – è invece previsto dal R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, art. 8, comma 2 secondo cui 'i praticanti avvocati, dopo un anno dalla iscrizione nel registro di cui al comma 1, sono ammessi, per un periodo non superiore a sei anni, ad esercitare il patrocinio davanti ai tribunali del distretto nel quale è compreso l'ordine circondariale che ha la tenuta del registro suddetto, limitatamente ai procedimenti che, in base alle norme vigenti anteriormente alla data di efficacia del decreto legislativo di attuazione della L. 16 luglio 1997, n. 254, rientravano nella competenza del pretore […]'". La Corte ha quindi evidenziato che "dal disposto normativo emerge […], che all'interno dell'unico registro dei praticanti, cui è consentita l'iscrizione a tempo indeterminato, sussiste una specifica categoria costituita dai 'praticanti ammessi al patrocinio'; e mentre è indubbiamente vero che chi perde la qualifica di praticante perde autonomamente il patrocinio, non esistono argomenti per affermare il reciproco, cioè che la perdita del patrocinio (per decorrenza del sessennio) comporti la cancellazione anche dal registro dei praticanti". La Corte ha infine chiarito che "il laureato in giurisprudenza che abbia soddisfatto le condizioni per l'accesso all'esame di avvocato ben può avere interesse a proseguire nella pratica forense ed a svolgere tale pratica non in veste informale, bensì con una precisa qualifica ed in un rapporto di giuridica dipendenza da un professionista già abilitato". |
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