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Data: 12/12/2008 09:18:00 - Autore: Roberto Cataldi Se un immigrato ha un lavoro regolare in Italia e fa entrare clandestinamente i suoi figli per non abbandonarli nel paese d'origine, non può essere condannato. parola di Cassazione. Secondo la Corte (Sentenza 44048/2008) un comportamento di questo tipo non è censurabile perchè dettato dal cd. "stato di necessita'" ossia da quella scriminante indicata dall'art. 54 del codice penale. La norma dispone che "Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo...". Gli Ermellini hanno così respinto il ricorso della Procura di Trieste contro l'assoluzione dal reato di favoreggiamento dell'ingresso clandestino nel nostro territorio accordata ad un immigrato che aveva fatto entrare in Italia sua figlia di 12 anni per non lasciarla da sola nel suo paese d'origine. L'uomo, un macedone di 39 anni, aveva ottenuto il ricongiungimento familiare solo per portare con se la moglie e un figlio. Non era riuscito però a far entrare la bambina e per questo ha deciso, costretto dalla necessità di non abbandonarla in Macedonia, di farla entrare clandestinamente. L'uomo finiva sotto processo per il reato di favoreggimanento dell'ingresso clandestino, ma i giudici di merito riconoscendo lo stato di necessità avevano emesso una sentenza di assoluzione. Inutile il ricorso dela Procura di Trieste per sostenere la mancanza dello "stato di necessita'". La procura aveva sostenuto che il padre avrebbe potuto abbandonare il lavoro in Italia e cogliere "le opportunita' dell'espansione dell'economia macedone" per non abbandonare la figlia. Piazza Cavour ha bociato la tesi della Procura bacchettando anche il pm che, secondo la Corte "affida la sua censura a considerazioni meramente congetturali afferenti improbabili o evanenscenti scelte alternative di [...nome omesso...] la cui valutazione, a fronte dell'argomentazione dell'impugnata sentenza, non puo' avere ingresso in questa sede". Va assolto dunque, per la Corte, il papà che si è adoperato in uno stato di necessità per evitare l'abbandono della sua bambina. |
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