Data: 19/12/2008 09:26:00 - Autore: Roberto Cataldi
Anche se non sono state riprese persone, le foto all'interno delle case degli inquisiti costituiscono una interferenza illecita nella vita privata. E' quanto stabilisce la quinta sezione penale della Corte di Cassazione (Sentenza n. 46509/2008) evidenziando che si può andare incontro ad una condanna anche se si riprendono immagini di un domicilio privato privo di persone, “in cui abitualmente si svolge o si sia svolta la vita di una o più persone". La vicenda presa in esame dalla corte riguarda un ufficiale di polizia giudiziaria incaricato di arrestare un uomo accusato di abusi sessuali su minori. L'ufficiale aveva ottenuto il via libera del suo superiore a consentire a fotografi e giornalisti di riprendere l'interno della scuola in cui lavorava l'indagato e, dall'esterno, la casa in cui viveva. Di fatto però non si era limitato ad accompagnare i cronisti presso l'abitazione dell'inquisito ma gli consentì di introdursi all'interno premettendo loro di scattare fotografie di luoghi e cose che vi erano contenute. A seguito di denuncia si perveniva alla condanna per abuso di ufficio e interferenza illecita nella vita privata. Assolti, invece i giornalisti e i fotografi che avevano agiti ignari del divieto di entrare nell'abitazione dell'indagato. La Suprema Corte chiamata a pronunciarsi sulla questione ha detto il suo chiaro no alla consuetudine di immortalare le abitazioni di chi e' sottoposto ad indagine e nella sentenza ha sottolineato che "in tema di interferenza illecita nella vita privata e' essenziale precisare che l'oggetto materiale del reato si concreta in notizie o immagini attinenti alla vita privata di terze persone". Integra dunque il reato previsto dall'art. 615 Bis c.p. "non soltanto l'illecita captazione di vicende che si svolgono in una abitazione privata, ma anche la cornice in cui si svolge l'esistenza della persona, in quello spazio di esclusiva disponibilità in cui e' garantita un'area di intimità e di riservatezza della stessa". Assume quindi rilievo penale – conclude la Corte - “anche la sola ripresa di fotografie di un domicilio privato, pur privo di persone, in cui abitualmente si svolge o si sia svolta la vita di una o più persone". Del resto, nel caso in esame, gli scatti ritraevano non soltanto l'abitazione ma anche oggetti delle persone che vi dimoravano, come un articolo di vestiario della convivente.
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