Data: 28/01/2009 08:30:00 - Autore: www.miolegale.it
La disciplina dell'impresa familiare - condensata nell'unico articolo (230-bis) del Codice Civile ad essa dedicato - prevede al quinto comma della norma il diritto di prelazione sull'azienda in capo ai compartecipanti ovvero in favore dei familiari che prestano in modo continuativo la propria attività di lavoro nell'impresa di famiglia. Il diritto di prelazione, che opera sia in caso di divisione ereditaria che di trasferimento di azienda, è garantito nella sua concreta attuazione attraverso il rinvio, nei limiti in cui siano compatibili, alle disposizioni in materia di prelazione ereditaria contenute nell'art. 732 del Codice. Ne deriva che, così come il coerede che voglia alienare ad un estraneo la sua quota o parte di essa deve notificare la proposta di alienazione, indicandone il prezzo, agli altri coeredi, allo stesso modo deve operare il titolare dell'impresa familiare nei confronti dei suoi compartecipanti. Il secondo ordine di tutele previsto per i coeredi dalla norma dell'art. 732 c.c. è rappresentato, in caso di mancata notifica della proposta di alienazione della quota ereditaria, dalla possibilità di avanzare richiesta di riscatto nei confronti dell'acquirente ed ogni suo successivo avente causa, finché perduri lo stato di comunione ereditaria. Il richiamo da parte dell'art. 230-bis alla disciplina di cui all'art. 732 c.c. “nei limiti in cui è compatibile” è stato interpretato in maniera più o meno estesa, escludendo - secondo l'approccio più rigoroso - l'applicabilità della disciplina del riscatto nel caso di cessione dell'azienda familiare, con la conseguenza che la mancata notificazione dell'intenzione di cedere la stessa comporterebbe per l'alienante, come unica conseguenza, l'esposizione ad un'azione risarcitoria. La Corte nella sentenza in esame ritiene tuttavia di doversi dare applicazione piena alla norma dell'art. 732 c.c., ivi inclusa la possibilità dell'esercizio del diritto di riscatto, superando le pur valide argomentazioni a supporto della tesi opposta. Quanto alla determinazione del termine finale entro cui poter esercitare il riscatto, pur non potendo essere per evidenti motivi, nel caso di cessione dell'azienda, quello di cui all'art. 732 (ovvero finché perdura la comunione ereditaria) lo stesso va individuato nel «momento in cui cessano i diritti di partecipazione connessi col rapporto di collaborazione con l'impresa ceduta, coincidente con la liquidazione della quota del partecipe». Ben più solido è il secondo argomento negativo della possibilità di riscatto, che verrebbe negata a fronte delle insopprimibili esigenze di certezza e sicurezza nella circolazione dei beni, tanto più a fronte di una situazione di fatto (quella dell'impresa familiare) teoricamente del tutto ignota al terzo acquirente per la mancanza di un sistema di pubblicità legale, non assumendo il fenomeno associativo alcuna rilevanza esterna.....leggi tutto....
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