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Data: 12/06/2010 10:00:00 - Autore: Luisa Foti Con la sentenza n. 16450 del 8 giugno 2010, il Tar Lazio ha stabilito che è illegittimo il requisito di un bando di gara che dispone, per partecipare alla gara di un appalto pubblico, un certo elevato volume di affari. La sentenza è l'esito del ricorso proposto da un'azienda che era stata esclusa per la procedura di affidamento di un appalto del servizio di pulizia. Il bando di gara prevedeva per la partecipazione un giro di affari di oltre 8 milioni di euro. Il Tar, nella motivazione ha spiegato che pur rientrando nella discrezionalità tecnica della stazione appaltante, “la facoltà di scelta e di fissazione dei parametri e criteri da prendere in considerazione ai fini della valutazione della capacità economica, tecnica e finanziaria dei concorrenti” questa discrezionalità rimane sottratta al sindacato giurisdizionale “salvo che il suo esercizio esorbiti dalle regole di logicità, coerenza, adeguatezza e manifesta irrazionalità, ravvisabile allorché la distribuzione non sia equilibrata od alteri la funzione tipica dei diversi elementi di valutazione rispetto all'oggetto ed ai fini dell'appalto”. Il tribunale ha infatti aggiunto che “un'irragionevole e sproporzionata indicazione dei requisiti di ammissione alla gara è in grado, mutuando principi di derivazione comunitaria, di provocare un ingiustificato restringimento della concorrenza tra le imprese del settore, vanificando uno degli obiettivi delle regole poste a presidio delle procedure ad evidenza pubblica”. Nel caso si specie, il requisito censurato dal Tar è quello in base al quale l'impresa partecipante deve possedere la massima fascia di classificazione prevista dal D. M. n. 274/1997 (e cioè un volume d'affari che sia superiore a € 8. 263. 310,00), criterio risultato irragionevole e sproporzionato in relazione alla natura ed al valore dell'appalto. |
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