Data: 25/12/2010 10:00:00 - Autore: L.S.
La sesta sezione penale della Corte di Cassazione, con sentenza n. 44803 del 21 dicembre 2010, ha affermato che la condotta vessatoria e denigratoria, con atti moralmente violenti e psicologicamente minacciosi, del "capo" verso il lavoratore, integra il reato di violenza privata e non di maltrattamenti in famiglia o di mobbing. I giudici di merito avevano dichiarato colpevole del reato di cui all'art. 572 c.p., un capo-officina, per maltrattamenti continuati in pregiudizio di un meccanico, mentre i giudici di Cassazione osservano che, nel caso di specie, mancava lo stato di particolare soggezione morale e psicologica, richiesto dall'articolo 572 c.p. - che sanziona la violenza in ambito familiare - cos� come non � configurabile il reato ex art. 62 bis c.p. (c.d. Mobbing). In particolare, la Suprema Corte stabilisce che "sembra piuttosto correttamente configurabile [�] nella condotta dell'imputato il reato di violenza privata continuata aggravata ex art. 61 c.p., n. 2, potendo ricondursi ai puntuali episodi, contestati nell'imputazione, caratteri di una condotta moralmente violenta e psicologicamente minacciosa, idonei a costringere il lavoratore a tollerare uno stato di deprezzamento delle sue qualit� lavorative nel contesto di una condotta articolata in pi� atti consequenziali ad un medesimo disegno criminoso, con l'intuibile aggravante della commissione del fatto con abuso di relazioni di prestazioni d'opera".
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