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Data: 20/01/2011 16:53:00 - Autore: Luisa Foti Con sentenza n.1417 depositata il 19 gennaio 2011, la Corte di Cassazione è tornata ad affrontare il tema dei maltrattamenti in famiglia. In una recente sentenza resa il 22 novembre scorso (la n. 41142/2010) gli Ermellini avevano affermato che per l'integrazione del reato è sufficiente l'esistenza di un "clima generalmente instaurato all'interno di una comunità in conseguenza di atti di sopraffazione indistintamente e variamente commessi a carico delle persone sottoposte al potere dei soggetti attivi, i quali ne siano tutti consapevoli, a prescindere dall'entità numerica degli atti vessatori e dalla loro riferibilità ad uno qualsiasi dei soggetti passivi". Ora la sesta sezione penale, ha stabilito che per l'integrazione del reato di maltrattamenti in famiglia in un clima familiare già "teso", non bastano maltrattamenti sporadici, consistenti in insulti contro la moglie da parte del marito. La Cassazione, (precisando la necessità di un dolo “unitario” per sussumere il fatto concreto nella fattispecie prevista dall'art. 572 c.p.), ha aggiunto che “la condotta integratrice di tale illecito è costituita non solo da quei fatti che ledono o pongono in pericolo beni che l'ordinamento giuridico già autonomamente protegge (percosse, lesioni, ingiuria, violenza privata), ma anche da tutti quei fatti lesivi del patrimonio morale e dell'integrità psichica del soggetto passivo, che, seppure singolarmente considerati non costituiscono reato, siano tali da rendere abitualmente dolorosa la relazione con l'agente. E' necessaria cioè una molteplicità di fatti vessatori violenti per la configurabilità del delitto dì maltrattamenti, che è tipico reato abituale. Questo, pertanto, sussiste se l'uomo non si limita a porre in essere sporadici episodi di violenza, di minaccia o di offesa, come espressione reattiva - magari - ad un particolare e contingente clima di vessazioni fisiche e morali, in modo che i singoli atti siano unti tanto da un legame di abitualità (elemento oggettivo), quanto da un'intenzione criminosa che si ponga come elemento unificatore dei singoli atti vessatori (elemento soggettivo, inteso come dolo unitario)”. |
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