|
Data: 27/01/2011 09:00:00 - Autore: Luisa Foti Integra il reato di molestie il comportamento del soggetto che arreca disturbo o molesta una donna con telefonate a sfondo erotico, anche se le telefonate stesse sono poche. La prima Sezione penale della Corte di cassazione ha infatti precisato che nonostante le telefonate effettuate dal molestatore non siano state numerose, il reato di cui all'art. 660 del codice penale si perfeziona lo stesso in quanto è sufficiente il dolo generico dell'agente, inteso come coscienza e volontà di arrecare molestie o disturbo alla persona offesa. Secondo la ricostruzione della vicenda, dopo la condanna al pagamento di 160 euro a titolo di ammenda in primo grado, l'uomo proponeva appello ma trattandosi di sentenza non appellabile ma solo ricorribile ai sensi dell'art. 593 c.p.p. co. 3 (“Sono inappellabili le sentenze di condanna per le quali è stata applicata la sola pena dell'ammenda”), la Corte d'Appello di Salerno trasmetteva gli atti al Palazzaccio (ex art.568 c.p.p., co. 5, c.p.p.) per il giudizio di legittimità. In questa sede, la difesa, sosteneva tra i tanti motivi, la mancanza dell'elemento soggettivo del reato e il fatto che le chiamate in uscita dal cellulare dell'imputato non fossero “numerose”, come precisava la sentenza di condanna, in quanto solo alcune di esse erano state provate. Investita della questione, la prima sezione penale di Piazza Cavour con la sentenza n. 1838 depositata il 21 gennaio 2011, nel respingere il ricorso dell'imputato-molestatore telefonico in quanto ritenuto infondato, ha spiegato in poche righe che il reato previsto dall'art. 660 del codice penale, “può ben essere integrato da poche telefonate disturbatrici ma concentrate nel tempo, specialmente laddove esse rivelino un contenuto particolarmente odioso, come di certo quelle attribuite all'imputato”. La Corte ha poi concluso precisando che, per potersi configurare l'illecito è inoltre sufficiente “il dolo generico, che risiede nella volontà e nella consapevolezza di arrecare disturbo alla parte offesa: la petulanza e il biasimevole motivo delle telefonate disturbatrici costituiscono elementi che confluiscono in quelli oggettivi della fattispecie, restando irrilevanti gli eventuali motivi personali (cfr. Cass. pen. Sez. 1°, n. 7051 in data 30.04.1998)”. |
|