Data: 15/03/2011 10:30:00 - Autore: Roberto Cataldi
Nell'ambito della dialettica processuale le espressioni 'pungenti' tra avvocati avversari, non costituiscono reato. Parola di Cassazione. La decisione � della quinta sezione penale della Corte (Sentenza n. 10188/2011) secondo cui "non ogni espressione che crea disappunto �, per ci� solo, offensiva, n� offensiva � automaticamente una espressione forte o pungente." Per questo, e a maggior ragione, quando si discute nell'ambito di un processo � frequente che le parti "per screditare la tesi avversaria, utilizzano frasi e parole che, in diverso contesto, difficilmente sarebbero tollerate." Tutto questo secondo il nostro ordinamento deve considerarsi fisiologico posto che si � "in presenza di una contesa aperta e radicale tra soggetti aventi interessi contrastanti e che esprimono tesi contrapposte". Definire "ridicolo" l'argomentare del proprio avversario, spiega la Corte, "� certamente un modo di esprimersi sgradevole e, forse, deontologicamente riprovevole, ma, non per questo integrante gli estremi dei diritti ex artt. 594 o 595 cp".
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