- Avvocati e requisiti per rimanere nell'Albo
- Dimostrare l'esercizio effettivo della professione
- Stop controlli a campione fino all'emanazione del D.M.
Avvocati e requisiti per rimanere nell'Albo
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"È in fase di adozione da parte del Ministro un decreto che - a seguito dell'apertura di procedure di infrazione - modifica uno dei requisiti per l'accertamento dell'esercizio effettivo della professione, e in particolare quello di cui all'articolo 2, comma 2, lett. c)". Si tratta dell'indice che stabilisce che, per rimanere iscritti all'Albo degli avvocati sia necessario aver trattato almeno cinque affari per ciascun anno.
Lo ha anticipato il Consiglio Nazionale Forense nel parere n. 6 del 3 febbraio 2021, che si è pronunciato a seguito di una richiesta proveniente dal COA di Ferrara. Oggetto del dibattito ci sono i controlli relativi all'esercizio della professione affinché gli avvocati possano rimanere iscritti all'albo.
Come noto, è l'art. 21 della Legge Professionale Forense a stabilire stabilire che "la permanenza dell'iscrizione all'albo è subordinata all'esercizio della professione in modo effettivo, continuativo, abituale e prevalente, salve le eccezioni previste anche in riferimento ai primi anni di esercizio professionale".
La stessa norma prevede che i Consigli dell'ordine, con regolarità ogni tre anni, compiano le verifiche necessarie ed esegue la revisione degli albi, degli elenchi e dei registri, per verificare se permangano i requisiti per la iscrizione, e provvede di conseguenza. Della revisione e dei suoi risultati è data notizia al CNF. La mancanza della effettività, continuatività, abitualità e prevalenza dell'esercizio professionale comporta, se non sussistono giustificati motivi, la cancellazione dall'albo.
Dimostrare l'esercizio effettivo della professione
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In particolare, le modalità di accertamento dell'esercizio effettivo della professione, nonché le eccezioni consentite e le modalità per la reiscrizione, sono disciplinate da un regolamento adottato con decreto del Ministro della Giustizia.
Nel caso in esame, il Regolamento sull'esercizio continuativo è contenuto nel D.M. Giustizia n. 47/2016 che individua cinque requisiti "indicativi" della sussistenza dell'esercizio della professione in modo effettivo, continuativo, abituale e prevalente. Gli avvocati dovranno essere in possesso di tali requisiti in occasione della verifica triennale (che, a norma del D.M. non è però svolta per il periodo di cinque anni dalla prima iscrizione all'Albo).
Nel dettaglio, la professione forense è esercitata in modo effettivo, continuativo, abituale e prevalente quando l'avvocato:
- è titolare di una partita IVA attiva o fa parte di una società o associazione professionale che sia titolare di partita IVA attiva;
- ha l'uso di locali e di almeno un'utenza telefonica destinati allo svolgimento dell'attività professionale, anche in associazione professionale, società professionale o in associazione di studio con altri colleghi o anche presso altro avvocato ovvero in condivisione con altri avvocati;
- ha trattato almeno cinque affari per ciascun anno, anche se l'incarico professionale è stato conferito da altro professionista;
- è titolare di un indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) comunicato al Consiglio dell'Ordine;
- ha assolto l'obbligo di aggiornamento professionale secondo le modalità e le condizioni stabilite dal Consiglio nazionale forense;
- ha in corso una polizza assicurativa a copertura della responsabilità civile derivante dall'esercizio della professione.
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I requisiti, soggiunge inoltre il Decreto, dovranno ricorrere congiuntamente, ferme restando le esenzioni personali previste per legge. Ed è proprio di questi giorni la notizia che, in ottemperanza a quanto stabilito dal menzionato art. 21, il COA di Milano ha avviato i primi controlli. Inoltre, come anticipato dal CNF nel parere summenzionato, a seguito dell'apertura di procedure di infrazione, il requisito della trattazione di almeno cinque affari nel corso dell'anno solare potrebbe essere presto oggetto di modifica.
Stop controlli a campione fino all'emanazione del D.M.
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Sempre l'art. 2 del D.M. 47/2016, al comma 4, stabilisce che la documentazione comprovante l'esercizio continuativo della professione sia presentata attraverso una dichiarazione sostitutiva resa ai sensi degli artt. 46 e 47 del d.P.R. 445/2000.
Il successivo comma 5, inoltre, prevede che, a seguito dell'adozione di un Decreto del Ministero della Giustizia, siano stabilite modalità con cui ciascuno degli organi circondariali possa individuare, con sistemi automatici, dichiarazioni sostitutive da sottoporre annualmente a controlli a campione (ex art. 71 del d.P.R. 445/2000).
In realtà, a seguito dell'istanza del COA di Ferrara, il Consiglio Nazionale Forense ha chiarito, nel summenzionato parere n. 6/2021, che il decreto ministeriale previsto da tale norma riguarda "un adempimento collaterale rispetto alla verifica dell'esercizio effettivo della professione, vale a dire il controllo a campione della veridicità delle dichiarazioni sostitutive rese a giustificazione del possesso dei requisiti richiesti dal medesimo D.M. in relazione alla verifica dell'esercizio effettivo della professione". Pertanto, in assenza dell'emanazione del suddetto decreto, il CNF ritiene che "i COA non possano procedere alla verifica".
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