La natura contrattuale del rapporto
In dottrina si è lungamente discusso circa quale debba considerarsi l'effettiva fonte del rapporto di lavoro. La domanda che ci si è posti, più precisamente, è se questo abbia o meno origine contrattuale.
Del resto, mentre la nozione di lavoro subordinato è desumibile dall'articolo 2094 del codice civile, tale testo tralascia completamente di definire il "contratto di lavoro" e inserisce le disposizioni inerenti la materia in analisi non nel libro quarto, dedicato alle norme relative ai contratti (sia di carattere generale che specifiche per i vari tipi contrattuali), bensì in un libro ad hoc: il libro quinto, intitolato "del lavoro".
Queste e altre considerazioni hanno portato parte della dottrina a ritenere che il rapporto di lavoro non abbia necessariamente natura contrattuale, pur se oggi a doversi ritenere assolutamente prevalente è la teoria contrattualistica.
Vediamo, in breve, le argomentazioni a sostegno delle due posizioni.
Teoria acontrattualistica
La teoria acontrattualistica, formulata dalla dottrina tedesca e definita anche teoria comunitaria, ritiene che la fonte del rapporto di lavoro vada identificata non nel contratto ma nell'effettivo inserimento del lavoratore dell'impresa.
La svalutazione della causa di scambio, oltre che in forza di quanto sopra detto, troverebbe infatti la sua origine sia nella compressione dell'autonomia contrattuale derivante dalla natura inderogabile di gran parte della disciplina del rapporto di lavoro, sia dalla rilevanza della prestazione di fatto dell'attività lavorativa.
Teoria contrattualistica
L'opinione prevalente, tuttavia, è di avviso opposto e oggi deve ritenersi assolutamente consolidata la teoria contrattualistica, in forza della quale il rapporto di lavoro trova sempre la sua fonte in un contratto tra il lavoratore e il datore di lavoro.
Infatti, anche se le parti non sono del tutto libere di determinare il contenuto delle clausole di tale contratto, poiché numerosi sono i vincoli e i limiti che la legge pone rispetto ad esso normalmente al fine di tutelare il lavoratore in quanto soggetto debole, ciò non toglie che la costituzione del rapporto di lavoro deriva da una scelta autonoma delle parti.
Le esigenze di tutela, insomma, non possono essere considerate idonee a sostituire l'autonomia individuale nella sua funzione ineliminabile di rappresentare l'unico fatto costitutivo dell'obbligazione di lavorare.
Del resto, anche la rilevanza data dall'articolo 2126 del codice civile alla prestazione di lavoro di fatto non può essere considerata dai più idonea a mettere in discussione l'origine contrattuale del rapporto di lavoro: essa, infatti, presuppone comunque la sussistenza di un contratto, sia pure di un contratto invalido.
A tutto ciò deve aggiungersi anche un dato di natura letterale: ci si riferisce, in particolare, al fatto che la disciplina in materia di licenziamenti afferma espressamente che il datore di lavoro ha la facoltà di esercitare il recesso quando sia stato posto in essere "un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del lavoratore".
Aggiornamento: Agosto 2016
« Il lavoro subordinato e le differenze rispetto al lavoro autonomo |
Il contratto di lavoro » |