La sentenza dichiarativa di fallimento
Secondo il disposto dell'art. 16 del r.d. n. 267/1942, nuova formulazione, la sentenza dichiarativa di fallimento (termine che in virtù della legge delega al Governo sarà convertito in “liquidazione giudiziale�), pronunciata in camera di consiglio, adempie ad una serie di funzioni, tra cui, l'individuazione, da parte del tribunale del giudice delegato per la procedura e del curatore.
Essa viene pronunciata quando il Tribunale ritiene che il ricorso sia fondato. La sentenza è un atto complesso perché è composta da una parte passibile di passare in giudicato e una di natura ordinatoria, tesa a disciplinare lo svolgimento della fase di liquidazione.
Oltre ad imporre al fallito il deposito di determinati documenti (bilanci, scritture contabili e fiscali, elenco dei creditori), qualora non via abbia già provveduto a norma dell'art. 14, la sentenza provvede a stabilire il luogo, il giorno e l'ora dell'adunanza in cui si procederà all'esame dello stato passivo, entro il termine perentorio di 120 giorni dal deposito (180 in caso di particolare complessità della procedura) e ad assegnare ai creditori e ai terzi, che vantano diritti reali o personali sulle cose in possesso del fallito, il termine perentorio di 30 giorni per la presentazione in cancelleria delle domande di insinuazione.
Sentenza dichiarativa di fallimento: effetti, pubblicità e notifica
L'ultimo comma dell'art. 16 L.F. stabilisce inoltre che la sentenza produce i suoi effetti dalla data della pubblicazione (ai sensi dell'art. 133, 1° comma, c.p.c.), sottolineando che nei riguardi dei terzi si producono, invece, dalla data di iscrizione della sentenza nel registro delle imprese (ai sensi del 2° comma del successivo art. 17), accessibile e consultabile anche telematicamente dai soggetti terzi. Il legislatore evidenzia la sua sensibilità nei confronti dei terzi di buona fede che nel sistema previgente, ignorando l'avvenuta dichiarazione di fallimento, potevano compiere atti negoziali nei confronti del fallito, sanzionati con l'inefficacia.
Considerato che gli effetti del fallimento si ripercuotono nei confronti di vari soggetti, la sentenza che lo dichiara viene notificata al debitore entro il giorno successivo al deposito in cancelleria, ed è comunicata per estratto (contenente il nome del debitore, del curatore, il dispositivo e la data di deposito) al pubblico ministero, al curatore e al richiedente il fallimento.
In base al secondo comma dell'art. 17 L.F., inoltre, la sentenza è annotata presso l'ufficio del registro delle imprese ove l'imprenditore ha la sede legale e, se questa differisce dalla sede effettiva, anche presso quello corrispondente al luogo ove la procedura è stata aperta.
Reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento
Ai sensi dell'art. 18 L.F. avverso la sentenza di fallimento può essere proposto reclamo (dal debitore e da qualunque interessato) direttamente alla Corte d'Appello nel termine perentorio di 30 giorni, decorrente, per il debitore, dalla data della notifica della sentenza, per gli altri interessati dalla data di iscrizione nel registro delle imprese. In ogni caso, l'appello va proposto entro un anno dalla pubblicazione ai sensi dell'art. 327, 1° comma, c.p.c.
Nei 5 giorni successivi al deposito dell'appello, il presidente provvede con decreto a fissare l'udienza di comparizione (entro 60 giorni dal deposito stesso), disponendo la notifica, a cura del reclamante, sia del ricorso che del decreto, al curatore e alle altre parti entro 10 giorni dalla comunicazione del decreto, le quali dovranno costituirsi almeno 10 giorni prima dell'udienza. Tra la data della notificazione e quella dell'udienza deve intercorrere un termine non inferiore a 30 giorni.
In udienza il collegio, sentite le parti e assunti tutti i mezzi di prova, provvede con sentenza, potendo disporre l'accoglimento del reclamo e la revoca del fallimento, facendo salvi gli effetti degli atti legalmente compiuti dagli organi della procedura, ovvero il rigetto del reclamo con notifica al reclamante, il quale potrà proporre ricorso per cassazione entro 30 giorni dalla stessa, terminata l'istruttoria prefallimentare.
La recente riforma di diritto fallimentare contenuta nel disegno di legge 2681 approvato in Senato l'11/10/2017 contempla, tra i principi generali a cui il Governo dovrà attenersi, quello di “adottare un unico modello processuale per l'accertamento dello stato di crisi o di insolvenza del debitore, in conformità all'articolo 15 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e con caratteristiche di particolare celerità , anche in fase di reclamo, prevedendo la legittimazione ad agire dei soggetti con funzioni di controllo e di vigilanza sull'impresa, ammettendo l'iniziativa del pubblico ministero in ogni caso in cui egli abbia notizia dell'esistenza di uno stato di insolvenza, specificando la disciplina delle misure cautelari, con attribuzione della relativa competenza anche alla corte di appello, e armonizzando il regime delle impugnazioni, con particolare riguardo all'efficacia delle pronunce rese avverso i provvedimenti di apertura della procedura di liquidazione giudiziale ovvero di omologazione del concordato�.
Provvedimenti alternativi alla sentenza dichiarativa di fallimento
Il Tribunale può emettere altri provvedimenti rispetto alla sentenza dichiarativa di fallimento:
- decreto di rigetto motivato: viene emanato se il Tribunale ritiene che non sussistano i presupposti per dichiarare il fallimento dell'imprenditore. Questo provvedimento non è suscettibile di passare in giudicato, consente quindi la riproponibilità della domanda ed è reclamabile davanti la Corte d'Appello;
- decreto di archiviazione della domanda: è emesso quando il creditore ritira il ricorso per la dichiarazione di fallimento (desistenza) perché ha ottenuto il soddisfacimento parziale o totale del suo credito o perché è stato persuaso a non insistere nella procedura. Il Tribunale non può dichiarare il fallimento d'ufficio, tuttavia, ai sensi dell'art. 7 comma 2 L.F., può fare una segnalazione al Pubblico Ministero, affinché provveda ad avanzare l'istanza.
Occorre ricordare che la sentenza di liquidazione giudiziale andrà a sostituire quella di fallimento e che la procedura giudiziaria dovrà essere considerata come la soluzione ultima a cui ricorrere per risolvere le crisi d'impresa. Di conseguenza i provvedimenti di natura giurisdizionale saranno, secondo le intenzioni del legislatore, sostituiti da rimedi frutto di procedure stragiudiziali di composizione della crisi.
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