3. COS'E'LA MUTILAZIONE GENITALE FEMMINILE

Indice | Introduzione | Cap. primo | Cap. secondo | Cap. terzo | Cap. quarto | Cap. quinto | Conclusioni | Bibliografia

3. COS’ E’ LA MUTILAZIONE GENITALE FEMMINILE “ Ogni definitiva e irreversibile rimozione di un´ organo sano e´ una mutilazione. L´ organo genitale femminile esterno e´ normalmente costituito dalla vulva che comprende le grandi labbra, le piccole labbra, dette anche ninfe, e il clitoride protetto dal suo prepuzio. La loro conformazione in soggetti di sesso femminile, e´ programmata geneticamente e viene riprodotta, in tutti gli embrioni e in tutte le razze, in modo identico. La vulva e´ una parte integrante della eredita´ genetica della natura umana. In situazione di normalita´, non vi e´ assolutamente nessuna ragione medica, morale o estetica, per sopprimere alcune o tutte le parti che compongono questi organi esterni. “ ( Zwang ) 3.1. Origine delle mutilazioni genitali femminili Le mutilazioni genitali femminili hanno un´ origine oscura relegata in un passato remoto che alcuni fanno risalire ai faraoni, mentre per altri si estenderebbe fino all´antica Roma, un´origine resa ancora piu´ oscura dal silenzio che le ha sempre circondate e che ha contribuito a farne un argomento tabu´ per la popolazione africana ma anche per proteggerle dalla curiosita´ indiscreta di noi occidentali.

Dietro questo silenzio ci sono molte cose: c´ e´ un mondo di donne chiuso su se stesso, un mondo di interni, sospeso tra l´ attesa e il timore di tagliare via una parte del corpo delle proprie bambine nel corso di cerimonie di cui per secoli le madri sono state le grandi registe, e c´ e´ un mondo esterno, un mondo di 54 uomini che si mantiene estraneo e distante, e che pero´ su questa disciplina dei corpi femminili ha fondato le proprie strategie di potere.

A dare coerenza ad entrambi questi due mondi cosi´ distanti tra loro c´ e´ una pratica che stringe in una morsa tutta la fascia dell´ Africa Subsahariana, e che costituisce l´ espressione simbolica di un complesso sistema economico e sociale di strategie matrimoniali diffuso in maniera capillare in tutta l´ area.

Ricostruire l´ origine delle mutilazioni non e´ cosa semplice, ma e´ certo che non sia stato l´ Islam ad introdurla in Africa.

Si tratta infatti di usanze indigene profondamente radicate nelle societa´ locali e preesistenti alla penetrazione dell´ Islam nell´ Africa subsahariana iniziata a partire dal 1050. L´ attribuzione che spesso viene fatta all´ Islam dell´ origine delle mutilazioni genitali femminili e´ probabilmente dovuta alla maggiore tolleranza dimostrata nei confronti di tale pratiche tradizionali, che sono state invece molto piu´ contrastate da parte cattolica.

Il ricercarne l´ origine e´ comunque un falso problema perche´ rimuove piu´ che aiutare a capire le ragioni della loro presenza e mette in secondo piano il fatto che tali riti sono un istituto tuttora molto attivo nel determinare la vita di relazione e di scambi su cui si basa l´ organizzazione sociale di gran parte delle societa´ africane. Il loro profondo radicamento e´ dovuto ad una complessa costellazione di fattori che pur variando da un´ etnia all´ altra presentano alcuni tratti comuni. Si tratta del ruolo fondamentale che tale tipo di pratiche tradizionali hanno nella costruzione dell´ identita´ di genere e nella formazione 55 dell´ appartenenza etnica, oltre che nella definizione dei rapporti tra i sessi e le generazioni.

3.2. Descrizione e procedura seguita Il termine mutilazione genitale femminile si riferisce alla rimozione in tutto o in parte dei genitali femminili. ( Abbreviazione: MGF ) Le mutilazioni genitali femminili comprendono tutte le procedure che interessano la parziale o totale rimozione dei genitali femminili esterni e/o le ingiurie agli organi femminili per motivi culturali o per ragioni che non sono terapeutiche.

La piu´ severa forma di tali mutilazioni e´ l´ infibulazione, conosciuta anche come circoncisione faraonica. Da statistiche si e´ rilevato che il 15% delle mutilazioni in Africa sono infibulazioni.

La procedura consiste nella rimozione del prepuzio; una parziale o totale escissione della clitoride e delle labbra; infine la chiusura e la riduzione dell´orifizio vaginale. Nel caso di infibulazioni la pratica e´ piu´ cruenta: con la clitoride vengono eliminate le piccole labbra e cruentata la superficie interna delle grandi labbra, le quali poi sono fatte cicatrizzare insieme mediante l´infissione di alcune spine o con punti di seta.

Il tipo di mutilazione praticata, l´ eta´ e il modo in cui essa viene fatta dipende da diversi fattori quali il gruppo etnico di appartenenza, l´ estrazione socio – economica, etc.

56 L´ eta´ varia da alcuni giorni dopo la nascita fino alla prima gravidanza; ma nella maggior parte dei casi la mutilazione avviene tra i 4 e gli 8 anni.

Nelle aree urbane la pratiche avviene in precoce eta´, mentre nelle aree rurali essa viene notevolmente ritardata affinche´ la ragazza che la subisce possa comprendere appieno il significato culturale e possa esprimere la sua maturita´.

L´ esperienza viene vissuta o in solitudine oppure in gruppo: gruppo familiare (sorelle, vicine) oppure gruppo sociale ( ragazze della medesima eta´) ove il rito viene considerato quale cerimonia iniziatica, ad es. in alcune regioni dell´ Africa orientale, centrale e occidentale.

La procedura avviene nell´ abitazione della ragazza, o di una parente; nelle migliori ipotesi in un centro medico. Nel caso si associ ad una iniziazione in un particolare luogo con valenza simbolica, viene scelto un determinato albero o un fiume.

L’ operatrice di solito e´ una persona sprovvista di conoscenze medicochirurgiche: cio´ rileva il pericolo e le scarse condizioni igeniche della pratica.

Solo talvolta si ha la presenza di un´ ostetrica o di un medico qualificato.

Le ragazze che si sottopongono alla pratica hanno diversi gradi di conoscenza riguardo a cio´ che accadra´. Il rito e´ visto quale festa ed e´ associato a festivita´ e regali. Naturalmente solo le donne possono assistere al rito.

Tale pratica e´ dal punto di vista umano brutale: nessun rimedio al dolore e´ offerto.

La ragazza viene immobilizzata e tenuta stretta da aiutanti.

57 Per la pratica escissoria vengono utilizzati pezzi di vetro rotti, lamette e altri strumenti taglienti.

Alla fine dell´ operazione spine o punti vengono utilizzati quale mezzo di sutura, mentre la parte inferiore del corpo viene immobilizzata e fasciata per circa 40 giorni, periodo di convalescenza, trascorso in un luogo determinato 3.2.1 Distribuzione geografica del fenomeno Una stima rileva che nel mondo circa 135 milioni di ragazze e donne hanno subito una mutilazione genitale e 2 miloni di ragazze ogni anno sono a rischio di mutilazione; approssimativamente 6000 al giorno.

La pratica e´ estesa in Africa e in molti stati del Medio-Oriente. Viene praticata anche in molte comunita´ immigranti , in parti dell´ Asia e del Pacifico, Nord e Sud America ed in Europa.

Negli Stati industrializzati il fenomeno si verifica tra gli immigrati che provengono da regioni che accettano tale pratica.

Ragazze e bambine che vivono negli Stati industrializzati sono operate illegalmente da dottori della stessa nazionalita´ oppure piu´ frequentemente sono mandate nel paese d´origine per essere mutilate.

Alcuni dati significativi ed alcune stime sono riportati nella cartina geografica ALL. A e nelle tabelle ALL. B e C.

58 3.2.2. Informazioni sommarie riguardo ai paesi africani dove la pratica e´ diffusa Benin: In Benin viene praticata l´ escissione; il fenomeno e´ maggiormente diffuso nel Nord del Paese. Non vi e´ nessuna legge specifica che proibisce espressamente la pratica (infibulazione). Dal 1982, il Comitato Interafricano ha portato avanti una campagna contro la pratica, collaborando con il Ministero degli Affari sociali e il Ministero della salute. Materiale educativo e´ stato distribuito a largo raggio.

Burkina Faso: Viene praticata largamente l´ escissione. Solo alcuni dei 50 gruppi etnici praticano l´ infibulazione. Una legislazione recente bandisce la mutilazione genitale femminile e il Governo combatte attivamente il fenomeno attraverso campagne di sensibilizzazione. Il Comitato Nazionale, fondato nel 1990, in collaborazione con il Comitato Interafricano ha il compito di sviluppare programmi educativi.

Camerun: Vengono praticate la clitoridectomia e l´ escissione. La mutilazione genitale femminile e´ praticata nel Nord e nel Sud Est dello stato. Non vi e´ nessuna legge che proibisce apertamente la pratica. Il Comitato Interafricano del Camerun e´ stato istituito nel 1992. Il Governo supporta attivita´ attraverso regolari inviti presso il Ministero degli affari sociali e il Ministero della pubblica sanita´.

Repubblica Centro Africana: vengono praticate la clitoridectomia e l´ escissione. L´ infibulazione e´ prevalente, approssimativamente, in 10 dei 48 gruppi etnici presenti nel paese. Dal 1966 esiste una legge che bandisce la 59 pratica e il Governo si e´ attivato con una serie di misure contro questo fenomeno.

Chad: Sono praticate l´ escissione e l´ infibulazione. La mutilazione dei genitali femminili e´ praticata in ogni area del paese, mentre l´ infibulazione vera e propria si estende nella parte Est, confinante con il Sudan. Non vi e´ una legge specifica che proibisca la pratica. Il Comitato Interafricano e´ presente con i suoi programmi educativi. Il ruolo del governo e´ minimale in materia.

Costa d´Avorio: Escissione. La pratica della mutilazione e´ profondamente radicata nei riti d´ iniziazione animisti. Il fenomeno e´ prevalente tra le donne musulmane. Si pratica particolarmente tra le popolazioni rurali del Nord, Nord Est e Ovest. Vi e´ stata solo una proposta di legge in materia, non ancora approvata. Le organizzazioni non governative quali il MIFED, e il IAC stanno portando avanti campagne di sensibilizzazione ed informazione, anche con il supporto del governo.

Congo: Escissione. La mutilazione viene praticata sulle giovani donne che vivono nella parte Nord equatoriale del paese. Nessuna legge specifica proibisce la pratica mutilatoria.

Gibuti: Escissione ed infibulazione. Una percentuale del 95% delle donne in ogni gruppo etnico sono infibulate. Dal 1994 e´ in vigore una legge nel codice penale che bandisce la pratica. Alcune organizzazione si sono movimentate in una campagna di sensibilizzazione, facendo riferimento alla salute della donna e ai pericoli in cui si incorre praticando la mutilazione. Gli apporti governativi sono minimali.

60 Egitto: Clitoridectomia, escissione e infibulazione. La mutilazione genitale femminile e´ praticata tra i musulmani e i copti cristiani; l´ infibulazione e´ prevalente nel Sud del paese. Un decreto presidenziale dei 1958, prevede il carcere a chi pratica questa tradizione. Nel Luglio del 1996, il Ministro della sanita´ ha proibito esplicitamente la pratica cosidetta medicalizzata, cioe´ praticata negli ospedali e nei centri sanitari. Nel 1997 il tribunale ha emesso una sentenza contraria al Ministro, affermando che la mutilazione genitale e´ una forma di chirurgia che i medici hanno il diritto “ legale “ di praticare, senza l´ interferenza dei corpi ministeriali. L´ ultima parola e´ stata data alla piu´ elevata autorita´ religiosa del paese, Sheik al – Azhar, il quale ha dichiarato di essere a sostegno dell´ abolizione della pratica.

Eritrea: Clitoridectomia, escissione ed infibulazione. La mutilazione genitale femminile e´ praticata dalla maggioranza dei gruppi etnici. Nessuna legge e´ ancora stata emanata in materia. Sono state fatte delle campagne educative e informative da parte del governo.

Etiopia: Cliterodectomia ed escissione, eccetto le aree a confine con il Sudan e la Somalia, dove viene praticata largamente l´ infibulazione da parte di circa 70 gruppi etnici, inclusi i cristiani, i musulmani e gli ebrei. L´ Etiopia ha un alto tasso di mortalita´ delle donne durante il parto, causato in parte dalle complicazioni dovute dalla mutilazione. Non vi´ e´ nessuna legge in materia sebbene la costituzione proibisca le pratiche che menomano l´ integrita´ fisica.

Molte organizzazioni non governative si sono impegnate in Etiopia per l´ abolizione della pratica. L´ Associazione delle donne rivoluzionarie etiopi ha un 61 mandato specifico, da parte del regime di Mengistu, nell´ eradicare la pratica, che, secondo il regime e´ una negazione dei diritti delle donne. Il Comitato Interafricano e´ stato fondato nel 1985.

Gambia: Escissione, mentre l´ infibulazione viene praticata solo in una piccola percentuale della popolazione. Non c´ e´ nessuna legge specifica che proibisce la pratica. Vi sono il Comitato Interafricano e il Bafrow (Fondazione per la ricerca sulla salute della donna e sulla riproduzione). I media, come la radio e la televisione, non possono trasmettere programmi che siano contro la polica della mutilazione. Le varie organizzazioni si sono mobilitate contro questa politica dei media.

Ghana: Escissione. La mutilazione e´ praticata nell´estremo Nord ed Ovest del paese, dove circa il 75% delle giovani donne viene sottoposto a escissione. La pratica persiste, anche dopo l´ entrata in vigore di una legge che la bandisce apertamente. Dall´ entrata in vigore della legge nel 1994 solo 2 “ operatrici “ sono state incriminate. A tutti i livelli governativi si stanno portando avanti campagne contro la pratica. E´ stato istituito anche un Comitato Interafricano.

Guinea: Clitoridectomia, escissione ed infibulazione sono largamente praticate in Guinea, seza distinzione di gruppi etnici, religioni o regioni. La pratica e´ illegale secondo l´ art. 265 del Codice Penale. La Corte Suprema sta lavorando con il Comitato delle pratiche tradizionali che violano l´ integrita´ fisica, per proporre un´ emendamento nella Costituzione, che proibisca la pratica escissoria.

62 Guinea Bissau: Clitoridectomia e escissione. Non vi e´ una legislazione specifica. Nel 1995, attraverso l´ operato del Comitato Interafricano si e´ cercato di bandire la pratica. E´ stata emanata una legge che incrimina solo nel caso in cui la mutilazione porti alla morte il soggetto sottoposto alla pratica. Gli aiuti governativi si sostanziano nel condurre seminari educativi.

Kenya: Clitoridectomia e escissione, alcuni casi di infibulazione ai confini con la Somalia e nei campi profughi. Non vi e´ nessuna legge specifica. Gli ospedali governativi sono stati informati dal Ministero della sanita´, nel cessare la pratica.

Alcune organizzazioni non governative si sono attivate per abolire la pratica.

Liberia: Escissione. Tredici gruppi etnici praticano la mutilazione genitale femminile.

Alcuni esperti affermano che a causa della guerra civile le percentuali di donne escisse e´ diminuita del 10%, pero´ non vi sono stime ufficiali. Nessuna legge e´ stata emanata. Il Comitato Interafricano e´ stato istituito nel 1985. Conduce ricerche sul campo e porta avanti programmi preventivi.

Mali: Clitoridectomia, escissione e nel Sud del paese, l´ infibulazione. Nessuna legge e´ stata promulgata. Per l´ abolizione della pratica si sono attivate diverse organizzazioni non governative, l´ apparato governativo e i media.

Mauritania: Clitoridectomia ed escissione. Nessuna legge specifica proibisce la pratica. Organizzazioni non governative e sanitari educano ai problemi legati alla pratica.

63 Niger: Escissione. Nessuna legge e´ stata emanata. E´ stato istituito un Comitato Interafricano che in collaborazione con il governo organizza seminari educativi.

Nigeria: Clitoridectomia, escissione e nella parte a Nord Est del paese infibulazione. Le mutilazioni sono praticate tra tutti i diversi gruppi etnici e religiosi. Non vi e´ nessuna legge specifica. Campagne sono state promosse da ginecologi e corpo sanitario con il supporto del Comitato Interafricano, istituito nel 1984.

Senegal: Escissione. Nel 1988 il Comitato Interafricano ha condotto una ricerca sul campo, la quale ha rivelato che la pratica escissoria e´ maggiormente praticata tra i musulmani e che inoltre e´ maggiormente diffusa nella parte orientale dove riguarda anche la popolazione non musulmana. Programmi informativi ed educativi sono stati supportati da organizzazioni non governative francesi, le quali considerano la mutilazione in una prospettiva di genere e un atto di violenza nei confronti delle donne. Anche il Senegal e´ stato istituito un Comitato Interafricano.

Sierra Leone: Escissione. Tutti i gruppi etnici praticano la MGF ad eccezione dei Creoli che sono stanziati per la maggior parte nella capitale, Freetown.

Nessuna legge specifica proibisce la pratica. Questa viene praticata in un forte contesto ritualistico, con poteri magici che sono esercitati dalla societa´ segreta delle donne Bundo. La stima che queste donne hanno, piu´ la paura dei loro poteri magici impedisce il diffondersi di campagne contrarie alla pratica; il governo supporta attivamente la MGF e le altre pratiche tradizionali.

64 Vi e´ un Comitato Interafricano, istituito nel 1984, il quale collabora con le diverse organizzazioni non governative per l´abolizione del rito.

Somalia: Infibulazione. Virtualmente tutte le donne somale sono sottoposte alla mutilazione genitale femminile. Non vi e´ nessuna legge in materia. Nel 1977, un´ organizzazione governativa di donne somale, SWDO, e´ stata fondata con lo scopo di sradicare la pratica. Dal 1987, questa associazione lavora insieme ad un´ organizzazione italiana, Aidos, sviluppando campagne e progetti informativi allo scopo di abolire tale pratica. I progetti sono stati sospesi all´ inizio della guerra civile.

Sudan:L´ infibulazione e´ predominante, solo alcuni casi di escissione. La MGF e´ largamente praticata nel Nord del Sudan. Negli ultimi 50 anni si e´ cercato di abolire questa tradizione millenaria. Ma le donne continuano ad essere mutilate.

Il Sudan e´ stato il primo stato africano ad emanare una legge che proibiva la mutilazione genitale: il codice penale del 1946 proibiva l´ infibulazione, ma permetteva la sunna, non una forma cosi radicale della mutilazione genitale.

Una legge simile e´ stata emanata nel 1957, quando il Sudan ha ottenuto l´ indipendenza. Nel 1991, il governo ha affermato che e´ attivo per l´abolizione della pratica. Gruppi di organizzazioni non governative hanno e continuano a sviluppare programmi di sensibilizzazione per sradicare la pratica.

Tanzania: Escissione ed infibulazione. La MGF e´ praticata in cinque regioni della Tanzania. Non c´e´ una legislazione specifica in materia. Il governo e´ intervenuto sporadicamente per abolire la pratica, con una campagna rivolta in solo due regioni. Nel 1992 e´ stato istituito il Comitato Interafricano.

65 Togo: Escissione. La MGF e´ praticata nel Nord del Paese. Non vi e´ nessuna legislazione in materia. Gruppi che si interessano ai diritti umani e ai diritti delle donne cercano di educare la popolazione rurale agli effetti negativi e pericolosi della pratica. Tali gruppi sono aiutati dal Comitato Interafricano del Togo, che distribuisce materiale informativo.

3.2.3. Effetti psicologici e fisici della mutilazione genitale femminile La mutilazione genitale femminile, cosi´ come e´ praticata puo´ portare in casi estremi alla morte.

Dolori, shock, emorragie e danni agli organi circostanti la clitoride e le labbra.

Inoltre data la barbara “ chiusura” l´ urina puo´ essere trattenuta il che puo´ provocare serie infezioni. L´ uso degli stessi strumenti per piu´ ragazze senza sterilizzazione e la totale mancanza di condizioni igenico-sanitarie puo´ causare l´infezione da HIV.

Gli effetti psichici della mutilazione sono piu´ difficili da analizzare scientificamente rispetto a quelli fisici.

Si rilevano sentimenti di ansieta´, terrore, umiliazione e tradimento che possono avere effetti negativi a lungo termine. Alcuni esperti suggeriscono che lo shock e il trauma dell´ operazione contribuiscono a creare il comportamento di docilita´ e tranquillita’, considerato positivo nelle societa´ che praticano le mutilazioni genitali femminili ( MGF ).

Festeggiamenti, regali e particolari attenzioni mitigano l´ esperienza traumatizzante, ma il piu´ importante effetto psicologico che si crea nella donna che e´ sopravvissuta a tale pratica e´ il senso di appartenenza alla societa´ di 66 origine: la donna ha accettato pienamente le tradizioni della sua cultura e´ pronta ad accettare il suo ruolo di sposa.

E´ possibile che la donna che non si e´ sottoposta al rito possa soffrire di problemi psicologici quale risultato del rifiuto da parte del gruppo sociale.

Dove la mutilazione interessa una minoranza della comunita´ le donne vengono viste come particolarmente vulnerabili a problemi psichici perche´ si trovano in una posizione intermedia tra le norme sociali della loro comunita´ e quelle della cultura predominante.

3.2.4. Perche’ e’ praticata la mutilazione genitale femminile Costruzione dei corpi ed identita´ di genere Le mutilazioni genitali femminili sono uno di quei riti di passaggio che regolano i mutamenti di status o di eta´delle persone, scandendo le varie fasi del ciclo di vita, trasformandole in un percorso dotato di senso che ne soddisfa i bisogni di identita´ e di riconoscimento. In particolare sono una componente fondamentale dei riti di iniziazione, attraverso cui nelle societa´ tradizionali si diventa “donna“.

Donna non si nasce, nel senso che la connotazione biologica non riesce ad essere di per se´ un fattore sufficiente di individuazione.

I riti sono quegli “ atti di magia sociale “ che trasformano l´ appartenenza sessuale in “ un´essenza sociale “: la donna.

Naturalmente questo non accade solo in Africa. Con sfumature diverse ogni societa´ trasforma la sessualita´ biologica in una costruzione culturale 67 differenziando il maschile dal femminile per decidere della sua appartenenza di genere.

Nelle societa´ africane la creazione dell´ identita´ di genere non e´ solo un percorso metaforico ma e´ prima di tutto una manipolazione dei corpi. Le mutilazioni dei genitali femminili fanno qualcosa in piu´ dei riti, nel senso che incidono sui corpi la loro appartenenza di genere. Sono un “ marcatore sessuale “ che interviene a due livelli.

Da una parte le MGF provvedono ad asportare la parte “ maschile “ dell´ apparato genitale femminile, la clitoride che viene assimilata ad un piccolo pene, cancellando la bisessualita´ originaria fondata nella presenza di entrambi i sessi di rudimentali organi genitali dell´ altro sesso; cio´ avviene anche con la stessa valenza simbolica nella circoncisione maschile con l´ asportazione del prepuzio, considerato una forma residuale di femminilita´. Solo con l´ escissione delle sue parti maschili una ragazza puo´ diventare a pieno titolo una donna.

In tal modo, nonostante che la costruzione dell´ identita´ del genere sia soprattutto un processo simbolico, tale manipolazione fisica dei corpi rafforza l´impressione che l´identita´ femminile sia prodotta e mantenuta attraverso la circoncisione. Si ha cosi´ una sorta di naturalizzazione della procedura attraverso cui la cultura costruisce le appartenenze di sesso, con la conseguenza di rendere molto difficile ogni tentativo di mettervi fine, sia a livello individuale che collettivo.

Attraverso le mutilazioni si costituisce anche un determinato aspetto fisico delle donne: proporzione ed armonia tra le varie parti, le posture, il portamento, 68 dotandole di quegli automatismi che in ogni cultura in maniera diversa rappresentano “ la femminilita´”.

Ogni operazione si svolge secondo una sequenza fortemente ritualizzata che si ripete immutata da madre a figlia. Tutto accade in un luogo appartato e in un´ ora cerimoniale, con un´ operatrice che viene da fuori, ed e´ gestita nel segreto di una comunita´ femminile che ad operazione avvenuta si apre all´intera comunita´, per festeggiare e riconoscere pubblicamente alla bambina operata il nuovo status di donna.

C´ e´ infatti una forte pressione sociale da parte del gruppo dei pari, che si esercita sulle madri da parte dei familiari, parenti e vicini ma anche sulle bambine da parte delle loro coetanee, c´ e´ soprattutto lo spettro di una emarginazione senza possibilita´di riscatto per chi vi si sottrae.

Il corpo naturale e´ impuro perche´ aperto e violabile, esposto ad una promiscuita´ che rischia di essere contaminante non solo per la singola donna ma per tutto il suo gruppo familiare, che e´ destinato al discredito e alla vergogna. In questo contesto le mutilazioni genitali femminili costituiscono l´unico mezzo per proteggere la donna da un desiderio maschile sempre in agguato, ma soprattutto per proteggere se stessa. A difendere quel corpo inerme provvede una costruzione culturale dei corpi, che li priva di ogni tumescenza ed eccesso, rendendoli lisci e innocenti dopo averne confiscato la naturalezza ed il piacere.

69 Nella mutilazione genitale femminile appaiono chiaramente due relazioni importanti: quella tra i sessi e quella tra le generazioni, in particolare tra madri e figlie, cui i riti d´iniziazione ne danno una visibilita´ estrema e drammatica.

Nella relazione tra i sessi appare una relazione assimetrica di dominio, fondata sulle strategie matrimoniali.

Mentre nella relazione tra madri e figlie convergono antagonismi e pulsioni distruttive che vengono condensate, espresse e neutralizzate nel breve arco di tempo della performance rituale per poi, una volta compiuto “ il passaggio “, dimenticare tutto, compresa la sofferenza.

A rito finito solo i corpi manterranno il ricordo nella forma di una cicatrice delegata a rappresentare il segno della propria appartenenza etnica.

La circoncisione e´ anche la porta d´accesso alla propria comunita´, che costituisce un punto di non ritorno, che separa chi e´ dentro da chi sta fuori.

“ Ferite simboliche “, attraverso cui ogni gruppo sociale impreme sui corpi un marchio di appartenenza: le mutilazioni dei genitali rappresentano un “ confine etnico “ che segna dall´ interno l´ appartenenza comunitaria.

E´ attraverso la mutilazione dei propri genitali che ogni donna si riconosce ed e´ riconosciuta come membro della propria comunita´. Non sottoporsi a tali pratiche significa condannarsi all´ emarginazione e quindi ad una perdita di quella risorsa simbolica che e´ il riconoscimento comunitario.

70 3.3. In tema di diritti umani La mutilazione genitale femminile e´ un tema che riguarda uomini e donne che credono nell´ uguaglianza, dignita´ di tutti gli esseri umani senza distinzione di razza, religione o identita´ etnica. Non deve essere visto quale problema di un gruppo o di una determinata cultura, sia essa africana, musulmana o cristiana.

La mutilazione viene praticata in molte culture. Rappresenta una tragedia umana e non deve essere vista quale motivo per porre in contrasto le diverse etnie, le diverse religioni o i due differenti sessi.

Nel seminario organizzato nel 1996 da Amnesty International – sez. Ghana, Hannah Koroma, che fa parte dell´ organizzazione quale rappresentante delle donne, ha raccontato la sua traumatica esperienza che vorrei qui riportare.

Premetto solo che cio´ e´ avvenuto quando lei aveva l´ eta´ di 10 anni.

“ Mi spogliarono e mi portarono in una stanza buia. Mi bendarono gli occhi. Fui forzata a distendermi sulla schiena, mentre quattro donne mi tenevano immobilizzata nella parte inferiore come nella parte superiore del mio corpo.

Hanno cercato di prevenire le mie urla, ponendomi uno straccio in bocca. Mi hanno depilato. Ho cercato di ribellarmi, ma non c´e´ stata possibilita´”.

Mi sono dovuta arrendere. Il dolore era terribile e insopportabile. Nella lotta mi hanno tagliato malamente ed ho perso molto sangue. Le donne che hanno preso parte alla mia mutilazione, erano quasi tutte sotto l´effetto dell´alcool.” Questa non e´ una testimonianza di torture subite in situazione di detenzione.

Chi ha mutilato Hannah, non faceva parte di una diversa etnia. Erano amiche della sua famiglia. Sua nonna ha compiuto questo rito cruento.

71 Ogni giorni, milioni di ragazze sono in pericolo di mutilazione. La mutilazione viene considerata come una tortura, che implica sofferenza e dolori. Chi sopravvive, ha seri problemi mentali e fisici per il resto della sua vita.

Questo genere di violenza e´ stato inflitto sistematicamente per secoli su donne e ragazze anche di tenera eta´. I governi delle societa´ dove e´ praticata la mutilizione genitale femminile hanno fatto poco o niente per prevenire o abolire tale pratica.

Mentre il proibire le torture ha trovato prevenzione nelle diverse convenzioni poco tempo dopo la Seconda Guerra Mondiale, la mutilazione genitale femminile quale violazione dei diritti umani ha solo recentemente trovato posto nell´ agenda di tali diritti.

Molti sono i fattori che hanno impedito il poter prevenire tale pratica. La mutilazione veniva incoraggiata dai parenti e membri della famiglia, che hanno sempre creduto che tale pratica avesse effetti benefici per la bambina in eta´ adulta. Le violenze nei confronti delle donne facevano parte della vita privata delle famiglie; non ci si poteva intromettere in “faccende” private. Inoltre la pratica era fortemente radicata nella cultura. Ogni intervento esterno in nome dei diritti umani, rischiava di essere visto quale imposizione di un´ imperialismo culturale.

Tuttavia, oggi, l´implicazione della MGF in tema di diritti umani, e´ riconosciuta chiaramente e inequivocabilmente a livello internazionale.

La Conferenza Mondiale sui diritti umani,che ha avuto luogo nel 1993 a Vienna, ha consacrato i Diritti Umani e fondamentali delle donne e ha cercato di imporre 72 alle Nazioni, quale obbligo, l´ eliminazione di ogni forma di violenza nei confronti di quest´ ultime.

La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani ha fissato degli standards, obbligando gli Stati Membri a rispettare e assicurare il rispetto dei diritti umani basilari, quali il diritto all´ integrita´ fisica e mentale, alla liberta´ da ogni discriminazione basata sul sesso e il diritto alla salute.

Purtroppo gli Stati membri hanno commesso degli errori e non hanno preso adeguate misure per sradicare tale pratica. Hanno sistematicamente violato tali obblighi.

Nei piu´ recenti standards internazionali, contenuti in diversi trattati, si trovano esplicite proibizioni alla pratica mutilatoria. Si e´ fatto un passo ulteriore per poter meglio proteggere le donne. Il tema ha iniziato ad interessare i diversi organismi internazionali dai primi anni 80, dapprima nella sezione. che si occupa dei diritti delle minoranze per poi essere riconosciuto ampiamente a livello internazionale nella Dichiarazione per l´ eliminazione di ogni violenza nei confronti delle donne e nella Dichiarazione di Pechino e conseguente Piattaforma di azione.

73 3.3.1. Quali implicazioni comporta inquadrare il fenomeno della mutilazione quale diritto umano Nella prospettiva dei diritti umani la mutilazione genitale femminile viene considerata quale pratica continua di violenza nei confronti delle donne, nei diversi stati e in forme diverse.

La mutilazione genitale femminile e´ solo una manifestazione della violazione dei diritti umani in base al genere che ha lo scopo di controllare l´autonomia e la sessualita´ della donna , elementi comuni in tutte le societa´. Il fenomeno non puo´essere analizzato isolatamente. Riconoscendo che la mutilazione genitale femminile e´ una delle tante forme di ingiustizia sociale che molte donne subiscono su scala mondiale, significa non accettare il preconcetto che vede l´intervento nei confronti delle mutilazioni quale attacco neoimperialista nei confronti di particolari culture. Nella prospettiva dei diritti umani si afferma che i diritti delle giovani donne e delle donne all´ integrita´ mentale e fisica, alla liberta´da ogni forma di discriminazione e al diritto ad elevati standard di salute sono universali. Pratiche e costumi non possono essere invocati a giustificazione di tali pratiche mutilatorie e di violazioni sistematiche delle Convenzioni sui diritti umani. Inoltre nella prospettiva dei diritti umani si richiede agli stati di rispettare i loro obblighi, stabiliti nel diritto internazionale, per prevenire e punire le violenze nei confronti delle donne.

Si obbliga inoltre la comunita´ internazionale ad assumere la sua parte di responsabilita´ per la protezione dei diritti umani delle donne. Il fatto che la mutilazione e´ una pratica che ha radici storiche, non deve prevenire la 74 comunita´ internazionale dall´affermare che viola diritti che sono riconosciuti internazionalmente.

“ E´ inaccettabile che la comunita´ internazionale rimanga passiva nel nome di una distorta visione del multiculturalismo. I comportamenti umani e i valori culturali, sebbene possono apparire dal punto di vista di altri distruttivi e insensibili, hanno un significato e assolvono una funzione per chi li pratica.

La cultura non e´ statica, e´ un flusso continuo che si adatta e si riforma.

Le persone possono cambiare il loro comportamento quando capiscono l´ indignita´ e l´ orrore di tali pratiche, e possono realizzare e comprendere che il rinunciare a tali pratiche non significa rinunciare ai loro valori culturali.” 3.4. La mutilazione genitale femminile e gli standard internazionali La posizione subordinata storicamente occupata dalle donne nella famiglia, nella comunita´ e nella societa´ ha permesso che gli abusi come la mutilazione genitale femminile potessero essere il piu´ delle volte ignorati; una marginalizzazione che ha trovato riflesso nelle preoccupazioni dei movimenti per i diritti umani, internazionalmente riconosciuti.

La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, pietra miliare nel sistema dei Diritti Umani, afferma che tutti gli esseri umani nascono liberi e uguali nella dignita´ e nei diritti. Cio´ protegge il diritto alla sicurezza della persona e il diritto di non essere soggetti a trattamenti crudeli e degradanti, diritti che rilevano direttamente nelle pratiche mutilatorie. La tradizionale interpretazione di questi diritti ha generalmente omesso di includere forme di violenze nei confronti delle 75 donne quali le violenze domestiche e la mutilazione genitale femminile. Questo poiche´ si e´ sempre creduto che gli stati non sono responsabili per gli abusi dei diritti umani commessi nell´ambiente domestico e nella comunita´.

Nuovi recenti strumenti internazionali hanno posto l´ attenzione sul tema delle mutilazioni, affermando che le mutilazioni insieme con altre orribili pratiche culturali e tradizionali sono un´ affronto alla dignita´, uguaglianza e integrita´ della donna, nonche´ un affronto diretto ai diritti umani.

3.5. Mutilazione e discriminazione nei confronti delle donne “ L´ escissione mostra che si tenta di conferire uno status inferiore alle donne , conferendo loro un marchio che le sminuisce e che ricorda loro costantemente che sono solo donne, in posizione inferiore rispetto agli uomini, e che non hanno nessun diritto sul loro corpo. Come la circoncisione maschile e´ vista quale misura d´ igiene, nella mutilazione genitale femminile possiamo solo ritrovare una misura di inferiorizzazione” ( Thomas Sankara- Burkina Faso ) La mutilazione genitale femminile ha radici nella discriminazione nei confronti delle donne.

E´ uno strumento di socializzazione delle giovani donne in ruoli predeterminati nella famiglia e nella comunita´. E´ intimamente connessa con la posizione di ineguaglianza della donna nelle strutture politiche, sociali ed economiche delle societa´ dove e´ praticata.

La Convenzione per l´ eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne, entrata in vigore nell´ 1981, fissa in dettaglio le misure 76 che devono essere prese per eliminare le diverse forme di discriminazione. L´ art. 5 richiede agli stati di cooperare per l´ eliminazione di ogni pregiudizio o pratica che sono basate sull´ idea dell´ inferiorita´ o della superiorita´ di uno dei due sessi.

La violenza basata sul genere e´ riconosciuta quale forma di discriminazione che inibisce seriamente la capacita´ delle donne di godere pienamente dei diritti e delle liberta´ in una posizione di uguaglianza nei confronti degli uomini.

La Commissione per l´ eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne, e i diversi corpi di monitoraggio istituiti dalle diverse convenzioni, hanno emesso diverse raccomandazioni generali sul tema delle mutilazioni genitali femminili. La raccomandazione 14 del 1990 chiama gli stati membri a prendere appropriate ed effettive misure per sradicare tale pratica, e nell´ introdurre inoltre appropriate strategie educative e sanitarie per sensibilizzare le persone sul tema delle mutilazioni.

La Raccomandazione 19 crea una connessione tra le pratiche tradizionali che subordinano la donna e le pratiche di violenza, quali la mutilazione genitale femminile, le violenze domestiche statuendo che tali pregiudizi e pratiche possono giustificare la violenza basata sul genere quale forma di protezione e controllo delle donne. La Raccomandazione inoltre riconosce che le violenze nei confronti delle donne non solo le priva dei loro diritti civili e politici, ma anche dei loro diritti sociali ed economici: la conseguenza di tali forme di violenze e´ il mantenimento del loro ruolo subordinato e il livello scarso della loro partecipazione nella societa´.

77 Le regole sancite nella Convenzione sulle discriminazioni sono rafforzate e completate dalla Dichiarazione per l´ eliminazione delle violenze nei confronti delle donne, adottata dall´ Assemblea Generale nel 1993. Tratta della vita pubblica e privata e delle violenze subite dalle donne; include nei suoi temi le mutilazioni genitali femminili e altre pratiche tradizionali. L´ art. 4 prevede che gli stati non devono invocare nessuna pratica, ne´ costume o religione per giustificare degli inadempimenti nei loro obblighi, che si specificano nell´ abolizione di ogni tipo di violenza nei confronti delle donne.

La Dichiarazione di Pechino e la Piattaforma d´ azione, risultanti dalla 4° Conferenza Mondiale delle donne del 1995, contengono una chiara condanna delle mutilazioni, quale forma di violenza nei confronti delle donne e riaffermano la responsabilita´ degli Stati nel combattere e sradicare tali violenze.

3.6. Mutilazione e i diritti dei fanciulli La Convenzione per i diritti dei fanciulli e´ stato il primo strumento internazionale che si e´ occupato direttamente delle pratiche tradizionali che sono viste quale violazione dei diritti umani.

Un´ adulto, sia uomo che donna, e´ completamente libero di sottomettersi ad un rituale o di seguire o meno una tradizione, ma una bambina, che non ha ancora formato il suo giudizio critico, non puo´dare il suo consenso, ma semplicemente subisce un danno irreversibile impostole dagli adulti. Le reazioni delle bambine, panico e shock provocato dal dolore estremo, il 78 bisogno che vi siano almeno sei adulti per tenere ferma una bambina di 8 anni, indicano che tale pratica e´ paragonabile alla tortura.

Precisazioni riguardo al tema si ritrovano anche nella Dichiarazione per l´ eliminazione di ogni forma di intolleranza o di discriminazione basata sulle credenze religiose statuendo che le pratiche religiose in cui un bambino cresce non devono menomare la sua integrita´ fisica o psichica.

La mutilazione genitale femminile tocca anche il tema del diritto alla salute: la pratica mutilatoria provoca conseguenze irreversibili dal punto di vista fisico e psichico. Ogni individuo ha diritto a godere dei massimi standards di salute fisica e mentale.

Le mutilazioni continuano ad essere praticate poiche´ manca un´ accesso informativo delle donne sulla loro salute sessuale e riproduttiva. Nel 1994 , in occasione della Conferenza Mondiale sullo sviluppo e sulle popolazioni, e´ stata ribadita la connessione tra la salute ed i diritti umani.

La mutilazione genitale cosi´ come illustrata ha una interdipendenza ed indivisibilita´ dal tema dei diritti umani. La violazione del diritto all´ integrita´ fisica e mentale delle bambine e delle donne non puo´ essere vista isolata dalla privazione dei diritti civili, politici e sociali delle donne. Per questo gli stati si devono attivare per l´ eliminazione di tali pratiche: si deve riconoscere che le violenze nei confronti delle donne sono connesse al problema della discriminazione non solo in base al sesso, ma in ogni sua forma.

79 3.7. Mutilazione genitale femminile e asilo In molte giurisdizioni, le donne sono state riconosciute quali rifugiate nel rispetto della Convenzione del 1951, relativa allo status dei rifugiati, perche´ sono state considerate a rischio di mutilazione nel caso in cui facessero ritorno nelle loro terre d´ origine. E´ importante notare che comunque sono solo un´ esiguo numero di casi.

Nel 1993, il Canada ha concesso lo status di rifugiata ad una donna somala, Hassan Farah, la quale e´ fuggita con la figlia di dieci anni, Hodan, perche´ non voleva che la figlia fosse sottoposta alla mutilazione. L´ ufficio di immigrazione ha accolto la domanda, poiche´ ha creduto che se fossero ritornate in Somalia, il diritto di Hodan alla sicurezza personale sarebbe stato infranto.

Nel 1996 Fauziya Kasinga, che e´ scappata dal Togo per non essere sottoposta alla mutilazione, ha acquistato lo status di rifugiata negli Stati Uniti.

Ha passato un anno in condizioni orribili in un carcere americano.

All´ inizio un giudice dell´ immigrazione ha rigettato la sua domanda, non credendo a cio´ che la ragazza affermava, poiche´ risultava qualcosa di impensabile.

Fortunatamente in fase d´ appello la sentenza e´ stata modificata e Fauziya ha visto accolta la sua domanda d´ asilo.

Nel 1997 a due famiglie provenienti dal Togo e´ stato garantito asilo in Svezia, ma non secondo i parametri della Convenzione del 1951: hanno un permesso di soggiorno per motivi umanitari.

80 Stati quali l´ Australia riconoscono che talvolta la mutilazione genitale femminile costituisce una forma di persecuzione.

La commissione per i rifugiati ha espresso la sua posizione nei confronti della mutilazione genitale femminile: ” La mutilazione genitale femminile causa danni alla salute fisica e psichica; viola i diritti umani, e puo´ essere vista quale persecuzione. La tolleranza di tali atti da parte delle autorita´ e la mancanza di provvedere alla protezione devono essere visti quali atti di acquiescenza alla violenza.” Una donna deve essere considerata rifugiata se lei oppure le sue figlie temono di essere sottoposte a mutilazione senza il loro consenso, oppure hanno paura di essere perseguitate poiche´ si rifiutano di sottoporsi alla mutilazione.

Nella Convenzione sullo stato dei rifugiati viene definito rifugiato qualcuno che ha fondate paure di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalita´, appartenenza ad un particolare gruppo sociale o politico, e´ fuori dallo stato di nazionalita´ ed e´ incapace di avvalersi della protezione di tale stato. Sotto questa definizione, le donne che appartengono a determinati gruppi sociali o etnici, che sono a rischio di mutilazione genitale femminile, possono essere collocate nella categoria di “un particolare gruppo sociale”. E´ irrilevante il numero dei membri di tale gruppo.

Il piu´ delle volte in cui le donne africane richiedono asilo, lo richiedono basandosi su altri presupposti. Ed e´ per questo che si vedono rifiutare la loro domanda di asilo. Non e´ semplice per loro, anzi e´ vietato parlare della loro paura di essere mutilate. Inoltre per loro la regola della circoncisione e´ una 81 regola della normalita´. Solo le donne che hanno preso coscienza della gravita´ e delle conseguenze di tale pratica cercano con la fuga di ribellarsi al sistema imposto dalla loro cultura. Non hanno la liberta´ delle donne occidentali di poter esprimere la loro sessualita´. In situazioni di paura non riescono ad esprimere cio´ che veramente le ha portate ha fuggire dal loro stato di origine in uno stato in cui possono richiedere asilo politico.

Per comprendere appieno il problema delle mutilazioni e´ necessario fare un´ analisi in loco, prendendo in considerazione la cultura e il sistema sociale per capire appieno le ragioni che inducono determinate etnie a utilizzare determinate pratiche e tradizioni.

3.8. Analisi del fenomeno con riferimento socio-culturale al luogo di origine e alla terra di immigrazione – riferimento specifico all’ Occidente (America ed Europa) e all’ Italia Per meglio capire il fenomeno della mutilazione genitale facendo riferimento al luogo di origine e al substrato culturale ho deciso di allegare alcuni articoli riguardanti diversi stati africani dove la pratica e’ diffusa, per avere un’ idea di come il tema venga affrontato dalle donne direttamente partecipi di tale fenomeno. Riporto situazioni di stati in cui le donne hanno preso coscienza dei pericoli della pratica, mentre vi sono alcuni stati in cui la presenza di gruppi etnici di donne, che hanno un forte peso nella comunita´, combattono attivamente per il mantenimento della pratica.

82 In Occidente, il fenomeno viene analizzato in rapporto all´integrazione dei gruppi di immigrate nella societa´ di accoglienza e di come i vari stati si attivano per bandire dalle nostre societa´ tale pratica crudele.

Donne e bambini sono soggetti ad abuso e discriminazioni, la mutilazione genitale femminile rimane un problema in Somalia.

Una chiave dei problemi riguardanti i diritti umani rimane la mancanza dei diritti politici e l´ assenza di un´ autorita´ centrale, i legami con antiche culture e punizioni, quali le mutilazioni e le lapidazioni, terribili condizioni nello stato di detenzione, discriminazioni sociali nei confronti delle donne, il maltrattamento di donne e bambini, inclusa la mutilazione genitale femminile.

Sebbene le donne si muovono dietro le scene ed hanno un ruolo nelle varie fazioni, il gruppo delle donne rimane comunque al di fuori del processo politico.

Nessuna donna occupa una posizione di spicco nella vita pubblica.

La discriminazione nei confronti delle donne e gli abusi nei confronti dei bambini continuano ad essere un serio problema.

Le donne sono soggette ad un livello sproporzionato di violenze nelle guerre civili.

Le donne sono sistemeticamente subordinate alla cultura patriarcale.

La mutilazione genitale femminile, che e´ largamente condannata dalla comunita´ internazionale, quale pratica che danneggia la salute mentale e fisica, in Somalia e´ una pratica universale. Il 98% della popolazione femminile e´ stato sottoposto a tale rito iniziatico.

83 Dal 1991 la pratica e´ considerata illegale, da quando il governo Siad Barre e´ decaduto; rimane tecnicamente illegale, ma nuove leggi contro la pratica non sono ancora state emanate.

Mentre le agenzie dell´Onu e altre Organizzazioni non governative stanno facendo grandi sforzi per educare ai problemi della mutilazione femminile, ancora nessuna statistica e´ disponibile per dimostrare il loro successo.

3.8.1 Somalia: le donne lottano per i loro diritti Mentre la Somalia lotta per sopravvivere e per guadagnarsi l´ indipendenza, le donne lottano per un´ altra causa: i loro diritti. La Somalia significa donne oppresse. Donne e uomini non hanno gli stessi diritti. Si dice che il posto migliore per le donne e´ la casa e che la religione musulmana lo conferma e lo impone.

In questa societa´ che e´ per lo piu´ nomade le donne hanno il compito di costruire le case, di occuparsi del bestiame ad eccezione dei cammelli, che per il loro prestigio non permettono una cura femminile.

Se si divorzia, la donna deve restituire i figli, gli animali e qualsiasi altra cosa;.se rimane vedova deve sposare un fratello del marito.

La posizione delle donne negli ultimi anni e´ cambiata poiche´ date le guerre le donne sono rimaste sole e hanno dovuto provvedere ai bisogni familiari: cio´ ha permesso loro di acquistare una certa indipendenza dal punto di vista economico e sociale. Alla fine dei conflitti lo stato ha richiesto alle donne di rioccupare la loro posizione subordinata. Ma la maggior parte delle donne ha 84 dovuto continuare a lavorare poiche´, rimaste vedove, devono poter assolvere alle esigenze della famiglia.

Il problema di fondo e´ che le donne somale si considerano ineguali rispetto agli uomini.

Connessa alla posizione inferiore delle donne, culturalmente accettata, c´ e´ la pratica universale della circoncisione. Prima della puberta´ tutte le ragazze vengono infibulate. Questo rito puo´ essere fatale per la salute fisica e psichica.

La circoncisione e´ sacra, e vieni considerata impura se non ti sottoponi ad essa. Per le donne e´ un tabu´. Fa parte della cultura e nessuno puo´ cambiarla. Le donne somale hanno il piu´ grande spirito libero nel mondo, ma dal punto di vista culturale e tradizionale sono le maggiormente oppresse.

Sunna e fondamentalismo islamico In Somalia, con il vuoto di potere creato dalla guerra, la scena e´ ormai sempre piu´ occupata dall´ ingombrante presenza del fondamentalismo islamico che sta prendendo il posto del vecchio clero tradizionale e sta ristrutturando comportamenti e percorsi di vita secondo modelli improntati a una rigida osservanza dottrinaria. Attualmente il clero fondamentalista cerca infatti di inculcare nella cultura tribale che l´ infibulazione non rientra in nessuna prescrizione religiosa – il corano non ne parla – ma appartiene al tessuto culturale preesistente all´arrivo dell´ Islam , appartiene ad “ una cattiva cultura “ e come tale va proibita.

Introdottosi, dopo che la guerra aveva lacerato il tessuto tradizionale, il fondamentalismo si e´ radicato facilmente nella vita delle persone. La sua 85 efficacia e´ dovuta a una strategia di penetrazione dal basso che ha scelto di parlare al cuore e alla fede della gente facendo leva su appartenenze consolidate. Spesso sembra che l´ osservanza religiosa abbia la meglio sulla fedelta´ alla tradizione.

3.8.2. I rituali di circoncisione creano conflitti culturali per le donne somale In Africa e´ considerato un rito di passaggio. Negli USA e negli stati civilizzati e´ considerato un´ abuso ed e´ illegale.

Hawa aveva sei mesi quando e´ stata mutilata. Quando e´ cresciuta ha realizzato che la sua mutilazione non rispettava gli standard e all´ eta´ di 7 anni ha deciso di sottoporsi ad una nuova mutilazione.

Ricorda solo il dolore e il trauma: ha capito troppo tardi cosa significava essere mutilata.

Ora vive negli Stati Uniti e combatte per eliminare questa pratica centenaria.

Hawa si e´ trovata nel mezzo di un conflitto culturale. E non e´ la sola.

Dalle statistiche risulta che circa 160mila ragazze e donne immigrate negli USA sono state sottoposte alla mutilazione o sono a rischio di mutilazione.

Ogni giorno donne come Hawa si ritovano nel mezzo di un conflitto culturale.

La tradizione somala richiede la mutilazione genitale, credendo che assicuri la verginita´ femminile, che promuova la fedelta´ coniugale. Per queste donne e per le loro figlie, la mutilazione e´ legata alla loro immagine, e al loro futuro quale mogli.

86 Ma la loro nuova cultura americana considera la pratica quale un abuso ed e´ illegale.

Alcune donne hanno fatto richiesta d´ asilo perche´ hanno paura di essere mutilate se fanno ritorno nel loro stato d´origine. Nella cultura africana il rito fa parte dell´ infanzia e dopo che si e´ sottoposte alla pratica diventa un´ argomento tabu´, di cui non se ne fa piu´ parola . Inoltre si crede erroneamente che e´ la religione ad imporre questo rito iniziatico. La tradizione e la cultura sono cosi´ legate che se sei contraria alla tradizione sei contro anche alla religione.

Non e´ cosi´ facile abbattere tali credenze e preconcetti.

Hawa e´ musulmana praticante, ma ha deciso di ribellarsi alla pratica mutilatoria perche´ la trova un´ affronto alla dignita´ umana e soprattutto nei confronti delle bambine che non hanno ancora la possibilita´ di esprimere i loro desideri e i loro sentimenti e si affidano ciecamente al buon senso delle loro madri.

Lo scontro culturale si manifesta in campo medico dove il personale si trova in una situazione conflittuale: devono sviluppare tecniche culturalmente sensibili per salvare vite umane e per non contrastare le tradizioni e la cultura.

Le donne africane sanno di essere differenti dalle donne americane, ma non hanno idea di come sia un corpo umano femminile inalterato. Dal punto di vista femminile la mutilazione e´ vista quale una procedura orribile, disumana, ma facendo cosi´ si vittimizza solamente, poiche´ le donne africane non si vedono e non si sentono mutilate.

87 Le bambine africane aspettano con ansia questo momento. E´ un rito di passaggio nel mondo adulto e delle donne ed e´ visto quale attributo di bellezza. Quando le donne africane si trovano a contatto con la cultura occidentale si sentono orribili ed emarginate perche´ circoncise.

Il concepire leggi che considerano la pratica illegale e che la puniscono con la detenzione, non ferma dal punto di vista culturale la pratica. Se illegale nel paese di immigrazione, c´ e´ sempre il paese d´ origine dove far ritorno e dove la mutilazione e´ la regola.

Le donne africane immigrate sono in una posizione vulnerabile e fragile.

La pratica esiste da circa diecimila anni. In Africa le donne non hanno scelta. Si trovano a dover rifiutare una pratica che fa parte della loro cultura e delle loro tradizioni.

La mutilazione genitale femminile viene spesso descritta quale un antico rito musulmano, quando di fatto e´ una pratica che e´ predatata e si pensa risale ad epoca pregiudaica. Non vi e´ menzione della pratica nel Corano, e vi e´ solo un passaggio che testimonia che donne in Medina si sono sottoposte a circoncisione, ma il profeta ha detto che cio´ non deve essere fatto in maniera radicale. Ma gli estremisti hanno interpretato tale passaggio credendo che la mutilazione sia obbligatoria. Da statistiche si rileva che circa 100 milioni di donne sono state circoncise. E´ praticata in molti Stati africani, in alcune regioni asiatiche e in alcuni stati del Medio Oriente.

88 3.8.3. La mutilazione genitale femminile in Egitto:una singolare visione con una pluralita’ di dimensioni L´ argomento della mutilazione genitale femminile ha trovato spazio nella societa´ egiziana, dove e´ largamente praticata.

Nell´ Ottobre del 1994 e´ stata creata una coalizione di organizzazioni e di individui che condividono le stesse idee e che sono attivi nel campo dei diritti umani, dello sviluppo, della salute e dell´educazione.

Il Ministero della Sanita´ ha emesso un decreto, che condanna la mutilazione genitale femminile, praticata negli ospedali e strutture sanitarie pubbliche. Un gruppo conservativo si e´ opposto a tale decreto, affermando che e´ al di fuori dei poteri legali conferiti al ministero, di emanare determinati decreti. Il decreto e´ stato impugnato, ma presso la piu´ alta corte amministrativa ha trovato la sua completa validita´, poiche´ il Ministero ha operato senza abuso di potere e non vi e´ nessun testo islamico che e´ esplicitamente orientato a favore della mutilazione genitale femminile.

L´ impatto di tale vicenda e ´ stato positivo dal punto di vista sociale, ma non si pensa che cio´ possa cambiare radicalmente i comportamenti umani, che sono radicati nelle tradizioni e nella societa´.

Chi vuole sottoporre a mutilazione la propria figlia non si preoccupera´ delle leggi in vigore e potra´ sempre farlo in clandestinita´.

Nel 1997 il tema della mutilazione e´ stato discusso sotto piu´ punti di vista: dal punto di vista religioso, medico, sociale, legale.

89 Non e´ facile usare argomenti dal punto di vista religioso, perche´ e´ il campo dove si trovano le maggiori fonti di ambiguita´. In Egitto, in nome della religione, la pratica mutilatoria ha trovato una sorta di santita´ e misticismo, che e´ difficile da condividere ed accettare.

Il punto di vista medico sembra essere migliore per portare avanti un discorso che milita a favore dell´abolizione della pratica. Vengono apportate documentazioni mediche e scientifiche che non sono cosi´ critiche nei confronti delle tradizioni e della cultura. Pero´ ci si scontra con la realta´ che vede medici professionali praticare la mutilazione.

In Egitto la situazione non e´ pronta per i cambiamenti: non si vuole abolire la pratica, la si vuole medicalizzare in maniera da renderla perfetta nelle condizioni igenico-sanitarie.

Le organizzazioni non governative, quali Equality Now, hanno deciso di analizzare e prendere misure contro la mutilazione usando l´ approccio della ineguaglianza e della discriminazione nei confronti delle donne; hanno cercato di sensibilizzare le donne a proposito del tema della mutilazione attraverso la pubblicazione di guide che analizzano i danni fisici e psicologici legati alla pratica dell´ infibulazione. Attraverso la rete degli organismi non organizzativi e dei loro informatori si sta facendo una campagna a largo raggio in Egitto, in circa 26 provincie. Inoltre per poter meglio informare la popolazione si e´ cercato di sensibilizzare i media che sono il mezzo di comunicazione piu´ semplice ove c´e´ un’ elevato tasso di analfabetismo. Il progetto non ha trovato 90 risultati poiche´ i sostenitori della pratica hanno i loro media e la battaglia e´ stata portata avanti in posizione non paritaria.

3.8.4. Sierra Leone: La societa´iniziatica segreta delle donne del gruppo etnico Bundo La societa´ iniziatica segreta delle donne del gruppo etnico Bundo in Sierra Leone ha il compito specifico di formare le bambine, nel corso di un periodo di tirocinio che varia da uno a due anni, a diventare delle donne. Esse apprendono tutto cio´ che e´ necessario nella loro vita futura di spose e madri. Alla fine di tale periodo, in occasione di una grande festa vengono circoncise ed entrano a far parte a pieno titolo nella comunita´. Durante il periodo di insegnamento, le bambine vivono isolate dalla societa´: non hanno nessun contatto esterno.

Il capo di questa societa´ e´ una donna di alto rango, anziana e rispettata dall´ intera comunita´, uomini compresi. Ha conoscenze mediche, compie i riti di iniziazione, ma cio´ che la rende privilegiata e´ che possiede dei poteri mistici con i quali puo´ evocare gli spiriti ancestrali.

Il potere di questa associazione, non riconosciuta dal punto di vista legale, si spinge fino a delle vere e proprie lotte per il mantenimento della pratica circoncisoria. Le donne appartenenti a questo gruppo, circa il 90% della popolazione femminile del Sierra Leone, non vogliono che le autorita´ governative siano influenzate dalle diverse campagne messe in atto per l´abolizione della pratica escissoria.

91 Credono che le campagne per l´ abolizione della pratica abbiano lo scopo di eliminare tale societa´ iniziatica che per loro e´ il cuore della tradizione.

3.8.5. Adottare la circoncisione femminile nel Sud del Chad: L´esperienza del villaggio di Myabe´ La pratica della circoncisione femminile e´ una tradizione che ha origini lontanissime e si discute del suo intrinseco valore culturale. Esiste un caso in Africa che non e´ supportato dal fatto che sia una tradizione millenaria. Nel villaggio di Myabe´, nel sud del Chad si e´ iniziato a praticare la circoncisione femminile ( clitoridectomia ) circa 20 anni fa. Il rito non e´ imposto dalla famiglia o dagli anziani del villaggio. L´ impeto nell´ adozione della pratica proviene dalle adolescenti, le quali organizzano da sole la cerimonia, si preoccupano di trovare un´ operatrice. Per loro la pratica e´ uno stile moderno, un seguire la moda. Non lo fanno per ragioni religiose o sociali. E´ interessante ascoltare cio´ che hanno da raccontare.

Zaki: “ Ora imitano il modernismo. La circoncisione e´ modernismo. Arriva da qualche altra parte. Non so da dove viene. Dicono che provenga da Sara Madjingaye ma non lo so. “ Zaki probabilmente e´ la donna piu´ anziana del villaggio. Ha vissuto l´ esperienza coloniale, la quale ha proibito alle donne di sottoporsi a riti d´ iniziazione quali il piercing alle labbra. Queste donne si sono sottomesse per paura dell´ uomo bianco, ma non hanno domandato il perche´ dell´ abolizione della pratica.

92 Pensa che le adolescenti si sottopongono alla circoncisione per bisogno di imitazione. A lei non disturba che tali riti vengano praticati: non vede che ci sia un pericolo. Se non fosse qualcosa di positivo nessuno avrebbe questo istinto di copiare.

Nabia: “ Ho imitato le mie amiche. Ho visto la danza di Fatime´ e ho pensato fosse bella. Noi chiamiamo chi non si sottopone al rituale “Sato”. Se ti chiamano Sato, ti sottoponi sicuramente al rito “.

C´ e´ un forte senso d´ appartenenza al gruppo, l´ idea di partecipare a delle cerimonie e a delle danze. Credono che sottoponendosi al rito, diventino piu´ attraenti e seducenti agli occhi maschili. Bisogna seguire l´ istinto di imitazione.

Nessuna di loro parla del rito in se´ stesso. Sono felici dei riti che seguono, dei nuovi vestiti che ricevono, felici di poter condividere con le loro coetanee le stesse esperienze.

Munikir: “ Il rito non ha uno scopo, e´ solo per piacere. Tu vai, vieni circoncisa, ti regalano vestiti e soldi. Ero felice. “ Munikir ha visto le sue coetanee e amiche che si erano sottoposte al rito e ha chiesto a suo padre se poteva anche lei parteciparvi. Il padre non ha accettato con facilita´, ma poi le ha fatto dei regali a rito concluso.

Per lei era un rito d´ iniziazione nel mondo degli adulti. Il rito aveva qualcosa di magico. Era felice perche´ nessuno l´ aveva cosi´ accudita e coccolata.

Kadja: “Puoi partecipare al rito. Nessuno nel villaggio te lo impone o te lo proibisce. Era mio desiderio essere circoncisa” 93 Prima di andare alla cerimonia, Kadja aveva solo una vaga idea di che cosa l´ aspettasse. Sapeva che le avrebbero tagliato via qualcosa chiamato clitoride. L´ operatrice le ha spiegato poi cos´ era e ha chiesto che rimanesse un segreto, che non si doveva neanche dirlo alle proprie sorelle. Per Kadja se le donne sono curiose di sapere cosa succede durante il rito, devono provare esse stesse. Lei crede che bisogna sottoporsi alla pratica volontariamente, nessuno ha il diritto di importi questo rito. Per questo non bisogna parlarne.

Nanda, capo del villaggio: “ Le adolescenti non ascoltano. Vanno in altri villaggi e tornano. Per me e´ ignoranza, non bellezza. Mi arrabbio. Le persone anziane mi ascoltano, mentre i giovani no. Cio´ mi ferisce.” Nanda e´ il capo del villaggio di Mayabe´, considerato la suprema autorita´ religiosa e spirituale. Nanda e´ contrario alla pratica, perche´ non discende dai loro antenati e non e´ mai stata praticata prima. E´ riuscito a mantenere la pratica lontana dal suo villaggio. Viene praticata nei villaggi vicini, dove le adolescenti si recano volontariamente per sottoporsi al rito. Nessuna operatrice vive o pratica nel villaggio. Nanda crede che questo rito disturbi i riti naturali della natura, ad esempio il fatto che non piove e´ dovuto alla pratica della circoncisione.

Genitori: La maggior parte dei genitori e´ confusa dal comportamento delle adolescenti. La circoncisione femminile e´ un rito della nuova generazione. Non vi e´ nessun caso in cui una madre che e´ circoncisa induca la figlia a circoncidersi, e solo una madre circoncisa, ha due figlie che hanno l´ eta´ per essere circoncise. Non hanno neanche idea di cosa succeda durante il rito 94 poiche´ non hanno accesso al luogo dell´ iniziazione. I genitori sono per la maggior parte contrari al rito, ma dai loro discorsi trapela comunque un possibile cambiamento di rotta.

“ Ho sette bambini di cui tre bambine e non lascio che qualcuno mi asporti la clitoride e mi lasci sanguinare. Due delle mie figlie sono circoncise e lo hanno fatto senza il mio consenso. Non so come siano, perche´ essendo non circoncisa non le posso vedere.” “ Ho sette bambine, solo una e´ circoncisa. Non ho parlato con loro, mia figlia ha deciso da sola di sottoporsi al rito. L´ operatrice era responsabile della salute di mia figlia. Ma alla fine sono stata obbligata ad accettare il desiderio di mia figlia.” “ Le ragazze non sanno cosa fanno quando si avviano alla circoncisione.

Vedono solo le danze e i regali e vogliono partecipare a questa festa.” “ Se il capo del villaggio autorizza il rito, portero´ le mie figlie, in caso contrario rispettero´ il volere del nostro capo.” L´ esperienza della circoncisione femminile in Myabe´ devia dalle descrizioni e analisi che circolano nella letteratura: suggerisce che la pratica non e´ cosi monolitica come gli standards narrativi propongono.

Forse la divergenza piu´ forte e´ il fatto di come sia recente l´ instaurazione della pratica, che si e´ sviluppata circa 20 anni fa. Altri punti di contrasto sono ugualmente riscontrabili. La circoncisione non fa parte di un rito di passaggio per le adolescenti, non e´ un prerequisito del matrimonio o della gravidanza, non viene imposta alle giovani generazioni. La maggior parte dei familiari 95 oppone resistenza all´ introduzione della pratica, proibendo alle loro figlie di parteciparvi e manifestando sentimenti quali la rabbia, disgusto, confusione e alla fine solo rassegnazione.

Le adolescenti sono le innovatrice e le sperimentatrici. L´ adozione della pratica da´ sfondo a innumerevoli domande. Non sappiamo se considerano la pratica, quale rito di passaggio o se serve a rafforzare l´ appartenenza al gruppo.

L´ esperienza di Mayabe´, mostra che al momento attuale, la pratica non ha significato simbolico. Sebbene le adolescenti esortino all´ introduzione del rito nel loro villaggio, mostrano comunque un livello di persuasione non molto alto, sono disorganizzate, la natura della volonta´ e´ legata al comportamento delle loro coetanee. Si sottopongono al rito, che per loro e´ una moda, un modo di essere ribelli.

Il caso di Mayabe´ mostra che bisogna ampliare il nostro modo di concepire la circoncisione femminile e sviluppare nuovi progetti per capire e agire.

3.8.6. Proposte legislative nei paesi Africani E´ nel Sudan del nord, Somalia, Djibuti, che si e´ riscontrata la piu´ alta percentuale di donne che sono state sottoposte ad infibulazione. In questi paesi quasi tutte le donne hanno subito l´ infibulazione ed e´ proprio in questi Paesi che sono stati fatti i principali sforzi per eliminare tale pratica, anche se c´ e´ ancora molto da fare. Qui si accenna alle proposte di natura legislativa vera e propria, mentre in un capitolo successivo prendero´ in analisi lo sviluppo di riti alternativi di iniziazione che hanno una base piu´ legata al rispetto della cultura 96 e delle tradizioni, nonche´ a progetti occidentali di educazione e di sensibilizzazione nei confronti del fenomeno delle mutilazioni genitali femminili.

Lo strumento legislativo, in Africa, non ha lo stesso peso e non vincola la popolazione come in Occidente. Molti sono i fattori che incidono, quali l´ analfabetismo, l´ alta densita´ della popolazione rurale, il rispetto cieco nelle tradizioni. La maggior parte della popolazione ignora l´ esistenza delle leggi, inoltre manca un sistema centralizzato di controllo del rispetto delle leggi. La legge, non e´ lo strumento adeguato per avere degli effettivi riscontri al riguardo della pratica circoncisoria femminile.

Oltre allo strumento legislativo vero e proprio bisogna accennare al lavoro che ha intrapreso il Comitato Interafricano, sotto mandato delle Nazioni Unite.

Scopo del lavoro di tale Comitato e´ l´ individuazione delle ragioni vere della pratica e la lotta sul campo per l´ eliminazione della mutilazione genitale femminile. Sono stati istituiti diversi comitati in 26 Paesi dell´ Africa.

Le finalita´ di tali comitati si sviluppano in programmi di informazione ed educazione progressiva; in produzione di materiale informativo ed educativo; In campagne di sensibilizzazione e in programmi di formazione degli informatori.

Sudan Il Sudan e´ il paese che ha la piu´ lunga storia nel tentare di eliminare la circoncisione femminile; tuttavia al giorno d´ oggi piu´ dell´ 80% delle donne continuano a subire l´infibulazione. Il paese e´ l´ unico dell´Africa che abbia un passato legislativo contro tale pratica; inoltre essendo un paese con cultura 97 mista africana ed araba, esso puo´ influenzare sia il Medio Oriente arabo sia l´ Africa a sud del Sahara.

I primi tentativi di analizzare e di combattere le mutilazioni sono stati fatti ad opera degli inglesi colonizzatori, attraverso l´ istituzione di un Comitato medico nel 1943, il quale alla fine di una ricerca sul campo pubblico´ un libretto in arabo ed inglese, il quale asseriva che l´ infibulazione era dannosa e che doveva essere abolita. La campagna informativa non diede gli effetti sperati, quindi si provo´ a ricorrere allo strumento legislativo. (1946) I genitori si affrettarono a far infibulare le loro figlie prima che la legislazione entrasse in vigore. Cio´ mostra quanto sia importante per gli africani il rispetto delle tradizioni, non essendo abituati ad essere soggetti alla legge e al suo rispetto.

L´ educazione sessuale per tutti i due sessi ha fatto significativi passi avanti in Sudan, ma rapporti e statistiche dimostrano che per quel che concerne l´ infibulazione vi sono stati solo dei piccoli cambiamenti.

Dal 1988 esiste il Comitato sudanese per l´ eradicazione delle pratiche tradizionali della mutilazione femminile che tenta un´ informazione di massa.

Somalia Nel 1977, quando si costitui´ l´ Organizzazione Democratica delle Donne Somale (SWDO), un´ operatrice sanitaria specializzata (Edna Adan Ismail) infranse il taboo e parlo´, con il beneplacito del governo, dell´ infibulazione.

Aveva paura che le donne presenti nella sala potessero essere indignate ed 98 offese. Al contrario, esse si alzarono in piedi ed applaudirono. Venne chiesta a gran voce l´ abolizione dell´ infibulazione.

Piu´ tardi, tale organizzazione divenne l´ agente esecutivo della Commissione per l´ abolizione della pratica, nominata dal governo somalo.

In Somalia e in altri paesi africani, l´ operazione viene effettuata negli ospedali, sotto anestesia, per eliminare il pericolo di danni ed infezioni che si presentano nelle operazioni tradizionali. In realta´ il sistema ufficiale ha sempre incoraggiato le “ sunne poco dannose “ che principalmente consistono in un piccola puntura del clitoride che lascia fluire poche gocce di sangue. Cio´ significa conquistarsi la possibilita´ di estirpare la ben piu´ drastica operazione dell´ infibulazione. In Somalia l´ operazione e´ stata attualmente bandita da tutti gli ospedali statali e la campagna di educazione sanitaria e´ mirata a dimostrare che non vi sono razionali ragioni nella mutilazione, che non e´ benefica per la salute, non rende piu´ puliti, non rende piu´ islamici e che non garantisce affatto la verginita´.

Edna Adar Ismail e´ sicura del fatto che la mutilazione genitale femminile debba essere trattata come un problema sanitario. Non si puo´ rivolgersi alle donne somale, invocando argomenti quali la liberazione sessuale, per portare avanti una campagna di abolizione della pratica. Bisogna aver rispetto ed essere sensibili alla cultura somala, nella quale per le donne non e´ cosi´ facile parlare della loro sessualita´.

Durante il seminario dell´OMS a Khartoum nel 1979, sono state elencate le misure necessarie a combattere le mutilazioni in Somalia. Le varie proposte si 99 centravano su progetti, campagne di sensibilizzazione che dovevano raggiungere il piu´ grande numero possibile di persone in tutto il paese.

Sono stati finanziati anche progetti di addestramento per educatori, allo scopo di educare i diversi assistenti sanitari.

Dopo i conflitti del 1991, passi in avanti si stanno verificando nel territorio somalo. Nella parte a sud del paese con capitale Mogadiscio, gli integralisti islamici hanno vietato l´ infibulazione e ogni altra forma di mutilazione sessuale.

In altre parti del paese, sono stati elaborati progetti e seminari per eliminare le mutilazioni sessuali dalla Somalia e prevenire con l´ educazione delle future madri eventuali complicazioni sanitarie e sociali in conseguenza delle circoncisioni. Tali progetti stanno avendo successo poiche´ sono promossi da donne.

Per ora non si ha nessun dato certo di quante bambine sono state salvate complessivamente in Somalia, ma un fatto e´ certo: la mentalita´ stessa che era di supporto alle mutilazioni appartiene agli anziani e non ai giovani; con il cambio di guardia generazionale si nutrono molte speranze per il futuro delle bambine.

Egitto Nell´ Ottobre del 1982 fu iniziato un programma da sviluppare in tre anni per rendere effettive le risoluzioni approvate nel seminario del 1979, finanziato dal Comitato d´ emergenza per la Popolazione e dall´ Associazione per la Pianificazione familiare del Cairo, che prevedeva produzione di materiale informativo a uso specifico di medici, assistenti sociali e gruppi di lavoro. Uno 100 studio aveva dimostrato che circa l´80% delle donne intervistate erano state circoncise. La principale ragione fornita fu che le vecchie usanze e tradizioni venivano accettate senza discussione dalle nuove generazioni. Sulla base di effettive esperienze, inizio´ un programma informativo. Venne formato un comitato nazionale al fine di combattere la pratica della circoncisione femminile.

Dal 1985, esso ha intrapreso una campagna di educazione pubblica rivolta, in specifico, ai reparti ospedalieri di maternita´ e pediatria e ai centri di pianificazione familiare. Si e´ iniziata una campagna educativa per gruppi sociali campione. Per ottenere la massima espansione sono stati usati i mezzi di comunicazione di massa. Principale scopo di tale progetto e´ quello di presentare una proposta di legge che proibisca in maniera esplicita la mutilazione genitale femminile. Il comitato nazionale ritiene che solo la proibizione per legge avra´ effetto determinante e portera´ ad una riduzione del fenomeno.

Nel dicembre del 1997, grazie alla decisione di un tribunale egiziano, la mutilazione genitale e´ diventata illegale. Ma la maggior parte degli egiziani che operano per promuovere un reale cambiamento ammette che questa iniziativa del Tribunale, anche se utile ed importante, non rappresenta una soluzione definitiva, anche perche´ le credenze locali sono cosi´ forti e radicate che ci vorranno alcuni anni per valutare l´ effetto di questa decisione.

Futuri programmi si dovranno rivolgere anche ad un pubblico maschile per sortire gli effettti desiderati, perche´ senza cambiare o almeno mettere in discussione la mentalita´ maschile, non si risolvera´ il problema.

101 Non e´ d´ aiuto neanche l´ analfabetismo femminile, che riguarda il 60% delle egiziane.

3.8.7. Il corpo delle altre: donne africane in Italia L´ immigrazione ci ha messo a contatto con abitudini non sempre facili da accettare e ancora meno da capire. Tra i tanti usi e costumi esotici arrivati nel nostro paese assieme agli immigrati quello che ha scatenato le reazioni piu´ allarmanti sono state le mutilazioni dei genitali femminili. Un argomento di cui la maggioranza degli italiani poco o niente sapeva fino a quando non se le sono improvvisamente ritrovate in casa.

Non sempre chi ne parla sembra infatti a conoscenza delle dimensioni che ha assunto il fenomeno in Italia: vengono diffuse cifre gonfiate sulle bambine a rischio nel nostro paese, raramente si utilizza il tono giusto, a prevalere e´ spesso una sindrome da intervento umanitario o peggio la tendenza a ridurle ad un fenomeno esotico con il rischio di farne un facile bersaglio dell´ intolleranza razzista sempre pronta a tradurre ogni alterita´ in emarginazione.

Fino ad oggi, non si e´ riusciti a darne un quadro esaustivo, che ne evidenziasse la complessita´. Le mutilazioni genitali femminili ci pongono di fronte ad una situazione estrema, ad un conflitto normativo fondato sulla difficolta´ di riuscire a rispettare contemporaneamente i diritti umani di una persona e la sua appartenenza ad una cultura che prevede tra i suoi codici la possibilita´ di attentare all´ integrita´ fisica dei suoi membri.

La presenza in Italia di donne che sono state sottoposte a una qualche forma di mutilazione dei propri genitali, si configura di fatto come una nuova questione 102 sociale che richiede l´ adozione di disposizioni specifiche sul piano di politiche pubbliche dirette a fronteggiare tale fenomeno. Il fenomeno si profila non solo dal punto di vista sanitario, ma anche da quello culturale. La questione risulta piu´ complessa sul piano dei diritti di cittadinanza, dove ad essere in gioco e´ il precario equilibrio tra la tutela della persona e rispetto delle differenze culturali.

Il problema e´ come riuscire a conciliare due diversi imperativi in una situazione che vede di fatto la norma consuetudinaria del paese di origine essere piu´ vincolante delle norme e delle leggi del paese di accoglienza.

Acculturazione e trasmigrazione Cio´ che segue sono le riflessioni a caldo di una ricerca che e´ stata condotta su due differenti comunita´ di immigrate, somale e nigeriane, localizzate in due diversi contesti di accoglienza a Torino e a Roma. Lo scopo della ricerca era quello di analizzare le maniere in cui l´ interazione con la societa´ di accoglienza, possano modificare l´ attaccamento delle donne africane ad una usanza che da tempo immemorabile regola la loro vita.

Puo´ accadere che il contatto con altri corpi, altre idee e altre abitudini porti ad interrogarsi sulle ragioni e sulle utilita´ delle proprie. Alcune donne, attraverso il processo integrativo, si consapevolizzano delle gravi conseguenze delle mutilazioni e cominciano ad opporsi ad esse, risparmiando alle generazioni future sofferenze e shock.

Ma non sempre succede cosi´, non sempre il cambiamento coincide con i modelli della societa´ ospitante. Molto spesso sortisce esiti opposti, e l´ incontro con una realta´ cosi´ diversa invece di stimolare un processo di trasformazione 103 puo´ risospingere all´ interno della propria cultura, vissuta come un rifugio per sottrarsi alla contaminazione e al contatto con modelli e valori estranei e come tali pericolosi.

Questo aspetto ostile e difensivo e´ emerso soprattutto nelle donne somale a Torino. Si crea un rapporto conflittuale con il contesto di accoglienza, in cui le mutilazioni genitali femminili svolgono un ruolo molto importante, perche´ trasformano il corpo di ogni donna in un confine etnico, che scoraggia da entrambe le parti ogni possibile forma di integrazione e che anzi rafforza il senso di appartenenza e l´ attaccamento alla propria etnia e alla propria nazione.

Al momento attuale i fenomeni immigratori sono in fase di cambiamento: non vi e´ un taglio netto con il paese d´ origine, ma contatti regolari attraverso una complessa rete di comunicazioni, di relazioni commerciali, burocratiche, rituali e di traffici di varia natura.

Non si parla piu´ di immigrazione, ma di trasmigrazione. L´ immigrante non e´ piu´ una persona che fa ormai solo parte della societa´ in cui si e´ venuto a stabilire ma mantiene una rete di relazioni sociali che assicurano un collegamento regolare tra il luogo di approdo e luogo di partenza.

Le donne, che hanno partecipato alla ricerca, hanno rilevato la capacita´ di essere “ qui e li´ contemporaneamente “, che permette loro di partecipare alle decisioni e alla vita della propria comunita´. In una materia cosi´ delicata come quella delle FGM, “ e´ sempre in Africa che si decide “. Non solo per la pressione dei familiari che richiedono insistentemente se le bambine siano state 104 circoncise e, se non lo sono ancora, fanno in modo che cio´ avvenga al piu´ presto magari con un viaggio in Africa. Queste madri, hanno paura che in un futuro, ritornando in Africa, le proprie figlie possano essere emarginate dalla comunita´, che ha un peso notevole nello sviluppo degli individui.

Vi e´ un legame privilegiato e prioritario con la propria comunita´ di partenza in Africa che interviene a guidare, dosare, e orientare i rapporti tra le immigrate e la comunita´ di accoglienza. Il fatto che poi questi non siano sempre facili ma siano piuttosto segnati da tensioni di vario tipo e da una sostanziale difficolta´ d´ intendersi su alcune questioni di principio finisce per rafforzare i rapporti con la comunita´ di origine. Si instaura un rapporto a tre – immigrate, comunita´ di partenza, societa´ di accoglienza – che e´ esposto a tensioni, intrecci, sovrapposizioni che non sono sempre facili da decifrare.

Il decidere delle donne se rimanere ancorate alle tradizioni o optare per il cambiamento dipende dal tipo di progetto migratorio per cui optera´ ognuna di loro, se temporaneo o definitivo. In questa seconda ipotesi il peso decisivo lo avranno i processi di acculturazione e a decidere sara´ il tipo di contatto che si verra´ a stabilire tra immigrate e societa´ di accoglienza. Per quanto si e´ potuto constatare, se il rapporto e´ conflittuale e l´integrazione nel nuovo contesto difficile, allora a prevalere sono le norme della propria comunita´ etnica, se invece vi e´ un rapporto di accettazione e di inserimento nella comunita´di accoglienza, allora le mutilazioni genitali possono essere viste quale ostacolo ad un´ effettiva integrazione.

105 Immigrate somale a Torino e a Roma Quasi tutte le donne somale che hanno partecipato a questa ricerca, sono persone in fuga da una situazione di fame e di terrore, donne costrette a scegliere la via dell´ emigrazione o perche´ appartenenti ad un clan a rischio o per sopperire ai bisogni della famiglia rimasta in Somalia, dove la vita quotidiana e´ ancora molto precaria. Hanno eta´ diverse, la maggior parte ha tra i 30 e i 40 anni. Per lo piu´ sono donne sole, poche sono accompagnate dalle loro famiglie. Provengono tutte da aree urbane, soprattutto da Mogadiscio o da Merca, hanno un alto livello di scolarizzazione ma sono quasi tutte collaboratrici domestiche o prestano assistenza presso gli anziani.

Conducono tutte una doppia vita, una vita che si divide tra il lavoro segregato in interni domestici abitati da signore borghesi o da anziani disabili ed il fine settimana trascorso insieme ad altre quattro o cinque amiche. Tanto a Roma che a Torino tutte le somale da noi contattate si riuniscono in un luogo affittato in comune ogni fine settimana, per potersi sentire come in una comunita´, per parlare la stessa lingua, per poter festeggiare ricorrenze comuni e scambiarsi informazioni su quello che succede in Somalia.

Prevale un certo stile di vita comunitaria. L´ impressione che si ha e´ quella di una comunita´ chiusa in se stessa; questo loro modo di vita le rende abbastanza impermeabili ad un contatto con la societa´ di accoglienza che vada oltre l´ attivita´ lavorativa.

A Torino si e´ avuta l´ impressione che queste donne abbiano un rapporto teso con la citta´, che, se offre molto in termini di strutture di accoglienza, appare 106 meno aperta e disponibile nei confronti delle persone immigrate di quanto non sia a Roma, meno organizzata ma piu´ accogliente. Le tensioni che segnano il rapporto tra immigrate e citta´ di Torino non dipende solo dal riserbo dei suoi abitanti, ma anche dalla fisionomia piu´ strutturata della comunita´ somala. C´ e´ un forte senso della propria appartenenza comunitaria. In genere i pochi contatti con la societa´ di accoglienza invece di incentivarne i rapporti, sembrano piuttosto portare gran parte di loro ad evitare i modelli di comportamento che vengono giudicati negativamente. Hanno la consapevolezza della diversita´ dei loro corpi e la tendenza a presevarli dal nostro sguardo e a sottrarli al nostro giudizio.

Per loro e´ offensivo che si parli dei loro corpi. Ma quello che le disturba ancora di piu´ sono gli stereotipi che circolano sull´ infibulazione, in particolare la nostra presunzione di volerle liberare da un costume che crediamo che venga loro imposto con la forza e con l´ inganno. Raccontano delle loro esperienza vissute, ma non vi e´ nessuna traccia di cio´ che noi crediamo sia loro imposto. C´ e´ solo la forza di alcune costrizioni sociali che esercitano una pressione a cui e´ impossibile sottrarsi. Sono infatti le madri a farlo, convinte di agire per il bene delle figlie e sono le figlie a volersi sottoporsi alla pratica per non sentirsi escluse dal gruppo di appartenenza. La posta in gioco e´ alta: si tratta di essere accettate e riconosciute come membri della comunita´.

107 L´ immigrazione nigeriana La situazione delle nigeriane in Italia e´ molto diversa dall´ esperienza somala.

Forse per alcuni aspetti e´ piu´ difficile, ma non appare cosi´ drammatica. Non c´ e´ un tessuto comunitario cosi´ strutturato, che sia in grado di proteggere e tutelare la propria appartenenza etnica. Gli itinerari delle nigeriane appaiono piu´ individuali e casuali, l´ approdo in Italia segue spesso i percorsi tortuosi della clandestinita´. Anche se di fatto i circuiti dell´ immigrazione fanno sempre capo a qualche parente o conoscente stabilitosi da tempo in Italia, le donne nigeriane non possono fare riferimento ad una struttura organizzata come quella somala.

Questa assenza di punti di rifrimento comunitaria ha una spiegazione con riferimento al paese di partenza: a differenza della Somalia, la Nigeria non ha un tessuto culturale, linguistico e religioso omogeneo, dal momento che e´ uno stato federale formato da 36 stati, ciascuno dotato di considerevole autonomia.

Inoltre e´ popolata da 250 gruppi etnici che hanno tradizioni, religioni e lingue diverse.

Hanno minori vincoli culturali che le rendono piu´ aperte e disponibili nei confronti del paese di accoglienza.

Bisogna precisare che quasi la maggioranza di esse si prostituisce. Hanno delle esperienze completamente diverse dalle somale. Hanno un rapporto diverso con il loro corpo, non solo perche´ vestono all´ occidentale ma anche perche´ sono utenti regolari del sistema sanitario, utilizzano le strutture pubbliche, e fanno regolari esami di routine.

108 Le nigeriane, che si sono sottoposte alla ricerca, provengono nella maggioranza dei casi da aree urbane, sono persone di eta´ diverse, molte sono sposate, hanno quasi tutte un buon livello d´ istruzione.

Non tutte quelle che sono state intervistate, sono state circoncise.

In Nigeria la percentuale delle donne circoncise e´ sotto il 50%, sia perche´ solo determinate etnie praticano la mutilazione, sia perche´ negli anni ´70 sono state promosse delle campagne contro la pratica da parte della chiesa cattolica e dal Ministero della Sanita´.

Nell´ insieme e´ emerso che tutte queste donne non appaiono molto interessate al tema; hanno comunque deciso che non opereranno le proprie figlie poiche´ per loro si tratta di un´ usanza che “provoca solo delle sofferenze inutili“.

Emerge l´ assenza di un vissuto traumatico , mentre le MGF non sembrano costituire un grosso problema dal punto di vista sanitario e di relazione.

Nel contesto dell´immigrazione questa situazione trova conferma in una maggiore apertura e disponibilita´ nelle opportunita´ di vita sociale offerte dal contatto con la societa´ di accoglienza. La maggior parte dei loro comportamenti rivela un´ apertura ai modelli occidentali, una disponibilita´ a processi di acculturazione che per alcune puo´ diventare l´occasione per riformulare i propri progetti di vita fino alla scelta dell´ Italia come proprio paese.

109 Mutilazioni sessuali: basta! In Italia qualcosa si sta muovendo. Molto lentamente ma nella giusta direzione.

Non si guarda solo allibiti e scioccati al fenomeno delle mutilazioni, ma si cerca di elaborare delle strategie e dei programmi per abolire la pratica, almeno in terra di immigrazione. La Commissione interistituzionale sta approntando delle linee guida per i medici, esperimenti di formazione a livello universitario, iniziative di sensibilizzazione e prevenzione a livello sanitario e scolastico, centri medici specializzati. Il rischio di mutilazione inoltre andrebbe inserito tra i motivi per concedere l´ asilo politico. La posizione della Commissione e´ molto chiara: le culture e le persone non vanno condannate, le pratiche nocive si´. Non tolleremo che le bambine siano sottoposte alle MGF, ne´ in Italia, ne´ fuori.

Qui riporto alcune interviste fatte a delle donne africane in Italia, che hanno deciso di rivelare aspetti intimi e per cosi´dire proibiti delle loro tradizioni.

L. I, somala, 35 anni, in Italia da 10 “ Devo ringraziare mia madre per essersi opposta dal primo giorno alla mia infibulazione. Non ha mai dimenticato quel momento terribile e ha giurato a se´ stessa che avrebbe salvato le sue figlie. Mio padre era d´ accordo e questo ha reso tutto piu´ facile. Nella nostra cultura gli uomini lasciano fare alle donne, ma solo se seguono le loro direttive. E poi bisogna rendere conto alla comunita´. L´ Imam, davvero illuminato a quei tempi, disse a mia madre che non era un precetto religioso. Lei non aspettava altro. Con mio padre ha escogitato un piano: alle vicine ha detto che i parenti del Nord ci tenevano molto che io fossi sottoposta al rito con le mie cugine e ai parenti ha detto che non potevano 110 deludere il vicinato. Di ritorno da un viaggio con mio padre, abbiamo raccontato che ero stata infibulata. Ero felice: avevo evitato quella cosa tremenda e condividevo un segreto da adulti. Quando le mie amiche hanno chiesto di vedere, ho aperto pochissimo le gambe e con le dita mi sono tirata le labbra, in modo che sembrasse tutto chiuso. Ero solo preoccupata di non riuscire a sposarmi, ma mia madre rispondeva che un marito lo si puo´ sempre comprare.

Oggi la benedico per il suo coraggio. Salvare le bambine e´ diventata la mia ragione di vita. Ma le altre donne non devono sapere che non sono mutilata: non si confiderebbero piu´ con me, mi tratterebbero come trattano le donne occidentali che tentano di aiutarle. “ J. A, Egiziana, 40 anni, in Italia da 15 “ Sono stata escissa a 9 anni, e non ricordo un gran dolore. Ricordo invece una festa bellissima. Tutta la famiglia ti sta attorno. E, dopo, tutti ti coccolano, la mamma ti cucina i tuoi piatti preferiti. Mia madre non avuto il coraggio di tenermi ferma, ma al momento del taglio ha fatto zagarid, quel suono con la lingua che si fa nei riti di passaggio: l´ escissione e poi il fidanzamento, il matrimonio e il parto del primo maschio. Clitoride e piccole labbra vengono mostrati alla madre e ai familiari, poi cosparsi di sale e legati con una benda al braccio della bambina. La prima volta che esce, lei stessa getta il pacchettino nel fiume o in mare. Da quel momento sei una donna vera e devi comportarti come tale. So che il Corano non dice nulla dell´ escissione, ma quando mia sorella mi ha chiesto un consiglio per sua figlia le ho risposto che io gliela avrei fatta fare.

111 Perche´ chi vive in un Paese occidentale e´ piu´ tentata dai rapporti prematrimoniali, quindi e´ meglio diminuire la sensibilita´ delle ragazze. “ 3.8.8. La circoncisione femminile arriva in America Dato il numero di immigrazioni, il problema della mutilazione e´ diventato un problema anche in America.

Mimi Ramsey e´ una puericultrice americana, attiva nel movimento che si preoccupa di abolire la mutilazione genitale femminile, che non e´ facile tema di discussione.

Nessuno o pochi vogliono vedere o sentire parlare di una pratica cosi´ brutale, la documentazione non e´ cosi´ facile da reperire e c´ e´ una forte resistenza ad infrangere le tradizioni, quando poi queste riguardano un´ altra cultura.

Il problema non riguarda esclusivamente le donne, colpisce le bambine e deve essere visto quale abuso all´ integrita´ fisica e psichica. E´ una forma di razzismo ed egoismo non proteggere queste ragazze da pratiche cosi´ brutali.

Gli americani che sono coscienti di tali pratiche, non sono ancora cosi´ sensibili al problema, poiche´ lo vedono lontano dalla loro societa´. Ma la realta´ e´ ben diversa.

Maggiore e´ il numero di immigranti africani, maggiore e´ la possibilita´ di una trasmigrazioni di pratiche e costumi, che continuano ad essere praticate nello stato di immigrazione.

Ed e´ cosi´ che gli stati civilizzati sono venuti a conoscenza e hanno preso contatto con il fenomeno.

112 Molte madri immigrate che decidono di sottoporre le loro figlie a tale pratica hanno ben poche conoscenze della anatomia del loro corpo; inoltre sono state educate in base a tradizioni che vedono una donna non circoncisa quale impura, non adatta alla vita matrimoniale e non accettata dal gruppo sociale di appartenenza.

Queste madri immigrano e preservano in terra di immigrazione tali tradizioni, che nel mondo occidentale sono viste quale tortura e abuso.

Le loro figlie saranno sottoposte alla pratica o nella terra d´ origine oppure in America da un´ operatrice fatta venire apposta dalla terra di origine.

Gli Stati Uniti non hanno dato un´ immediata e diretta attenzione al problema, mentre altri Stati quali la Gran Bretagna hanno creato ab origine movimenti contro la mutilazione che operano attivamente nelle agenzie dei servizi sociali.

Ora l´ attenzione negli USA e´ cresciuta, ma non si hanno ancora delle legislazioni specifiche in materia. Tuttavia dal punto di vista umano, cresce sempre piu´ il numero delle persone che combattono per fermare la mutilazione genitale in America. Chiedono allo Stato una documentazione esaustiva sull´ estensione della pratica e di utilizzare i servizi sociali e legali per bloccare tale pratica.

Recenti eventi hanno aiutato a fortificare tali movimenti e sensibilizzare le persone su tale tema.

Attraverso i media e attraverso le testimonianze di donne che si sono decise a ribellarsi a questa tradizione, il fenomeno ha trovato attenzione nella scena mondiale.

113 Per le famiglie immigrate, la pratica ha non solo una valenza tradizionale; nel mondo civilizzato, dove il sesso e´ mitizzato nei programmi televisivi, ha anche una valenza protettiva per le madri che vedono le loro figlie, se non circoncise, non protette nei confronti della societa´.

Si stima che circa 7000 donne e giovani donne immigrate ogni anno negli Stati Uniti vengono circoncise. La maggior parte di esse vive in California, New York e Washington. Non si sa in modo preciso il numero di donne circoncise nello stato di origine, poiche´ la pratica non trova discussione o pubblicita´.

Non si puo´ ancora combattere la pratica dal punto di vista legale perche´ manca la legislazione specifica, per cui alle Corti a cui vengono posti casi del genere sono in posizione incerta se punire o meno, poiche´ manca il supporto legale.

Non e´ facile andare contro culture e tradizioni che sono cosi´ radicate in tali gruppi e che hanno uno scopo protettivo e che danno la possibilita´ alle donne di partecipare alla vita sociale e culturale del gruppo.

114 3.8.9. Europa: visione globale del fenomeno delle mutilazioni. Proposte legislative In Europa si e´ venuti a conoscenza del fenomeno delle mutilazioni in forma diretta a causa dell´ immigrazione di gruppi etnici che praticano tale rito.

Si e´cercato di arginare il fenomeno dall´ interno: una legislazione appropriata non e´ stata ancora elaborata, ma il fenomeno e´ punibile dal punto di vista penale. Agli operatori sanitari e´ vietato praticare medicalmente la circoncisione femminile o la cosidetta reinfibulazione. Essi sono i primi a venire a contatto con tale pratica e sono i primi che ne sono venuti a conoscenza.

Il Regno Unito ha promulgato la legge che punisce le MGF nel 1985; essa e´ completata dal Children Act del 1989 che prevede un´ inchiesta in caso di sospetto di violazione. La legge punisce anche tutti coloro che aiutino, incitino, consiglino o forniscano i mezzi ad un terzo per praticare la mutilazione sul corpo di un´ altra persona.

Nel 1999, a Parigi e´ stata emessa una sentenza di condanna nei confronti di una operatrice, che illegalmente ha circonciso piu´ di 48 bambine in suolo francese.

Una ragazza di 18 anni, che all´ eta´ di otto era stata circoncisa dalla stessa operatrice ha deciso di rompere il silenzio. Si e´ rivolta alla polizia, che attraverso indagini investigative ha confermato lo svolgersi della pratica circoncisoria da parte dell´ operatrice ( Mama Greou ). La stessa si difende, affermando che e´ una pratica tradizionale e non credeva di ledere i diritti di nessuno.

115 In Francia, non esiste alcuna legge che punisca specificatamente le mutilazioni genitali femminili. I giudici possono applicare l´ art. 312 del codice penale, che prevede una pena variabile tra i 10 e i 20 anni per le violenze compiute sui bambini. Quando l´ autore della violenza e´ un genitore, la pena puo´ arrivare fino all´ ergastolo.

Generalmente, medici o professionisti che praticano le mutilazioni, anche se su richiesta dei genitori, sono puniti piu´ severamente dei genitori stessi, perche´ per questi si impone l´ attenuante del rispetto di pratiche e leggi tradizionali.

Una legge che proibisce la mutilazione femminile, indipendentemente dal fatto che la donna che deve subirla sia consenziente o meno, entro´ in vigore in Svezia nel 1982, comminando una pena di due anni a chi continuasse a praticarla. In Norvegia, nel 1985, tutti gli ospedali furono messi in allerta riguardo a tale pratica. Il Belgio si e´ associato nella messa al bando di tale pratica. Molti Stati degli USA hanno incluso nel proprio codice penale la condanna alla mutilazione genitale femminile.

In Italia, la pratica e´ stata introdotta solo negli ultimi anni a seguito delle ondate migratorie provenienti dai Paesi africani.

Da una ricerca del 1996, emerge che almeno 28mila immigrate hanno subito una mutilazione e almeno 5mila bambine, in quanto appartenenti a gruppi etnici che praticano questo rituale, potrebbero correre il rischio di esservi sottoposte.

La stessa ricerca riporta la dichiarazione di 147 medici italiani che hanno denunciato di aver prestato le loro cure a donne e bambine gravemente mutilate dall´ infibulazione.

116 Nel 1997 il Ministero dell´ Interno, ha svolto delle indagini prendendo in esame solo le immigrate provenienti dai Paesi “ a rischio “ e con regolare permesso di soggiorno. Ne e´ risultato che delle 39.319 donne provenienti da questi Paesi, solo 467 sono le bambine a rischio. Come si puo´ notare, la cifra e´ relativamente esigua rispetto al totale complessivo.

Purtroppo non c´ e´ ancora una ricerca chiara ed attendibile capace di identificare dove si trovano queste bimbe, se corrono veramente il pericolo e se iniziare una campagna d´ informazione che tocchi prima di tutti i soggetti coinvolti, ma anche i maestri, gli assistenti sociali e la comunita´ locale di residenza in senso piu´ ampio.

Anche in Italia, non c´ e´ una legislazione specifica, ma le mutilazioni vengono assimilate ai reati di lesioni personali con circostanze aggravanti. In particolare la MGF puo´ essere considerata grave e si applica la reclusione da 3 a 7 anni, se dal fatto deriva una malattia che metta in pericolo la vita della persona offesa, o produca l´ indebolimento permanente di un senso o di un organo; e´ gravissima e si applica la reclusione da 6 a 12 anni, se la lesione causa la perdita dell´ uso di un organo o della capacita´ di procreare. Inoltre se il reato e´commesso su un minore, il tribunale per i minorenni e´ chiamato ad intervenire per valutare se sottrarlo alla custodia dei genitori.

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